Fantastic Mr. Fox
Titolo originale: Fantastic Mr. Fox
USA: 2009 Regia di: Wes Anderson Genere: Animazione Durata: 120'
Interpreti: (Voci) Bill Murray, Owen Wilson, Meryl Streep, George Clooney, Willem Dafoe, Jason Schwartzman, Anjelica Huston, Jarvis Cocker, Michael Gambon, Adrien Brody, Helen McCrory, Brian Cox, Roman Coppola, Garth Jennings, Wallace Wolodarsky, Mario Batali, Eric Chase Anderson, James Hamilton, Wes Anderson
Sito web: www.fantasticmrfoxmovie.com
Nelle sale dal: 09/04/2010
Voto: 5,5
Trailer
Recensione di: Denis Zordan
L'aggettivo ideale: Piacione
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il Pressbook del film
Non è certo nato per fare il tranquillo giornalista, il signor Fox: ma alla nascita del primogenito Ash decide di chiudere con la vita di rubagalline e di mettere la testa a posto.
Il vecchio istinto non muore però in lui e dopo lunghi anni pantofolai, Fox decide di rimettersi ad eseguire colpi con destrezza. Così facendo si scontra con tre benestanti agricoltori, Boggis, Bunce e Bean, che per mettere fine alle sue imprese organizzano una caccia alla volpe senza esclusione di colpi.
Riuscirà il nostro furbo signor Fox a salvarsi e a mettere al sicuro i suoi cari?
Dopo l’ubriacatura autorialista di The Life Aquatic with Steve Zissou (Le Avventure Acquatiche di Steve Zissou, 2004), film pedante e artefatto cui molta critica aveva tributato elogi sperticati e un po’ sospetti, a gelare gli entusiasmi intorno a Wes Anderson aveva contribuito The Darjeeling Limited (Il Treno per il Darjeeling, 2007) che, scritto senza l’apporto del sodale Noah Baumbach, aveva incrinato l’identità artistica del regista. Anderson pareva avere smarrito d’un colpo i tratti più accentuati del suo microcosmo narrativo, a cominciare dalla precisione e dall’acume con cui aveva sin lì riflettuto sul tema della famiglia e sulle sue contraddizioni. Non saprei dire se Fantastic Mr. Fox (di nuovo scritto con Baumbach) sarà sufficiente a rimettere in armi gli assertori dell’importanza di Anderson dal punto di vista della politique des auteurs, ma direi che il materiale a disposizione per le analisi ponderose non manca.
In primo luogo, Anderson incontra qui il mondo di Roald Dahl, scrittore di culto nei paesi anglosassoni noto da noi più che altro per le riduzioni cinematografiche dai suoi lavori (Willy Wonka e la Fabbrica di Cioccolato con Gene Wilder, Charlie and the Chocolate Factory di Tim Burton, James and the Giant Peach di Henry Selick), e utilizza in maniera personale la tecnica della stop-motion. Quanto basta per una serie di riferimenti incrociati, letterari e cinematografici, tanto più che il suddetto Selick è uscito quest’anno con il notevole Coraline, che affronta con coerenza i problemi sottesi da un testo capitale della narrativa per l’infanzia quale Alice in Wonderland e il suo mondo alla rovescia.
Li vedo già andare a nozze, i supporter critici di Anderson.
A guardare bene, però, il suo nuovo lungometraggio si avvale di un autorialismo indotto e di riporto: dietro Mr. Fox c’è la voce di George Clooney, la signora Fox parla con la bocca di Meryl Streep, mentre il figlioletto Ash è il solito Jason Schwartzman ed Eric Anderson il cugino Kristofferson. Come dire la riproduzione di un’ideale famiglia american-andersoniana, a ribadire la pretesa del regista di farsi prendere sul serio dal punto di vista della Cultura (e della critica), con ciò perdendo in buona parte quella malinconica imprevedibilità e quell’intelligenza naif che ne decretarono il successo con Rushmore (id., 1998) e, soprattutto, con The Royal Tenenbaums (I Tenenbaum, 2001).
I tratti distintivi delle sue regie ci sono tutti, ma come snocciolati meccanicamente, in un invito allo spettatore attento a riconoscerli e applaudirli, secondo una logica che tradisce il compiacimento artistico (si veda in proposito anche la mania di catalogazione delle specie secondo il nome latino da parte di Mr. Fox).
Non solo, ma Fantastic Mr. Fox appare anche, più di altri lavori di Anderson, adatto ad una lettura politica, con quella fuga sotterranea delle volpi e dei loro amici animali (primo tra tutti l’opossum, protagonista di elementari situazioni comiche) di fronte all’incalzare delle ragioni del profitto, rappresentate dai tre ricchi e perfidi possidenti.
Un segnale di ricchezza semantica che tuttavia rivela ulteriormente quanto il film sia stato scritto pensando ad accontentare tutti i palati, specialmente i più esigenti.
È un peccato questa smania di piacere e far convinti tutti (che forse, in un soprassalto di lucidità, viene confessata tramite il medesimo signor Fox, quando questi si rimprovera di non saper tenere un profilo più basso), perché a tratti l’insensatezza improvvisa, tipica di Anderson, viene a galla (nell’improbabile gioco simil-baseball, per esempio) e dà luogo ad una narrazione più libera, lontana dai tic dell’autore a tutti i costi.
Un autore che probabilmente non è mai stato veramente tale, se non quando non ha cercato apertamente di diventarlo, e che potrebbe dare ancora molto riprendendo ad approfondire i suoi temi favoriti: a partire proprio da quella famiglia che qui, se si fosse guardato con più attenzione ai rapporti tra i vari esponenti del mondo animale, poteva trovare una nuova, interessante declinazione.
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