5 Days of War
Titolo originale: 5 Days of War
USA: 2010. Regia di: Renny Harlin Genere: Azione Durata: 120'
Interpreti: Rupert Friend, Val Kilmer, Andy Garcia, Dean Cain, Emmanuelle Chriqui, Heather Graham, Mikko Nousiainer, Richard Coyle, Antje Traue, Rade Serbedzija, Mikheil Gomiashvil, Johnathon Schaech, Anna Walton, Luke Albright, Jameson Satellite, Van Technician, Levan Baidashvili, Kid at wedding
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Nelle sale dal: Inedito in dvd
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Giornalistico
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Nell'agosto del 2008,mentre il mondo stava incollato davanti alla TV ad assistere ai giochi olimpici di Beijing,in Georgia si stava consumando una nuova tragedia,il cui peso politico non riuscì a distoglire l'attenzione di un pianeta distratto dalle XXIX Olimpiadi.
Dopo il crollo del blocco sovietico e il riconoscimento della Georgia come Stato indipendente,i carriarmati russi invadono ancora il Paese,adducendo il pretesto di assistere due repubbliche secessioniste georgiane,l'Ossezia e la Abkhazia,nella loro intenzione di riunirsi alla repubblica russa.
Il presidente georgiano Mikheil Saakashvili,intenzionato ad avvicinare il Paese all'Occidente,implorò la Federazione russa,i separatisti ed il suo stesso popolo a riavviare i processi di pace,con il ritorno al tavolo dei negoziati e,rivoltosi alle potenze occidentali,all'USA e all' EU,rimase inascoltato e ignorato.
Il regista finlandese Renny Harlin ("Die Hard 2","Cliffhanger","12 Rounds"),sempre dichiaratosi attento alla situazione sofferta del Caucaso e ai complessi meccanismi che regolano i rapporti fra la Georgia e il controllo sovietico,raccoglie l'episodio e lo legge con l'occhio critico di chi vuole narrare un brano di storia afflitta dal morbo della violenza,sfuggito a quel tempo all'attenzione di un mondo svogliato,con l'intenzione di scuoterne, a posteriori,l'apatia e l'indifferenza.
Similmente a "Green Zone" di Paul Greengrass,"The Hurt Locker" di Kathryn Bigelow e "Redacted",di De Palma,in "5 Days of War" il regista mescola elementi di realtà a componenti fictionali,in un lavoro che sfiora soltanto gli ingranaggi governativi e lo scenario politico di quell'evento bellico doloroso quanto ignorato,raccontandolo con un'immediatezza ed un realismo scenico da cui emerge con chiarezza la scomoda intenzione del regista.
Dietro il racconto di due inviati di guerra in Georgia, Harlin verga con forti accenti polemici un'accusa all'ingerenza e alla sopraffazione,marcando pesantemente sull'importanza di un evento che,passato inosservato,ha il diritto di emergere davanti all'indifferenza e il dovere di risvegliare le attenzioni.
Dopo essere stato salvato in un'imboscata nel corso di un servizio in Iraq,il corrispondente di guerra americano Thomas Anders (Rupert Friend),viene inviato d'urgenza in Georgia,accompagnato dal collega cameraman Sebastian Ganz,(Richard Coyle),alla vigilia dell'invasione russa nel territorio della repubblica del 2008.
Attraversando il territorio del sud dell'Ossezia,i due assistono ad un raid aereo su un villaggio e documentano le stragi,le devastazioni e le esecuzioni dell'esercito sovietico.
Assistiti dall'insegnante Tatia (Emmanuelle Chriqui),Anders e Sebastian riprendono gli orrori dell'invasione,registrando ed archiviando i filmati in una memory card che dovrà essere mostrata al mondo intero come prova degli scempi cui i due hanno assistito.Catturati dal colonnello Demidov (Rade Serbedjiza),la loro priorità è quella di sopravvivere per poter testimoniare la brutalità dell'invasione.
Il linguaggio è quello del cinema di denuncia,la narrazione è essenziale e documentaristica,svuotata da ogni manierismo o retorica,il realismo è elevatissimo,l'accusa è densa e vibrante,ma l'obiettivo non è politico bensì sociale,una tensione all'ascolto dei fermenti che agitano la condizione di equilibri in crisi dei Paesi caucasici e le scosse di violento assestamento cui sono troppo spesso soggetti ("...ci potrebbero essere genocidi nei cinque continenti e alla gente non gliene frega niente!").
Dal breve incipit politico - il discorso in apertura del Presidente Saakashvili (Andy Garcia) che chiede un rinnovo dei negoziati - la prospettiva del regista scivola sui giornalisti e sul loro impegno alla testimonianza.
Harlin non approfondisce i meccanismi che regolano i rapporti fra l'Unione Sovietica e la Georgia e le complesse circostanze che hanno portato alle azioni di guerra,ma dipana il racconto umano dei protagonisti,sviscerandolo nel loro zelo verso la verità,che deve essere portata alla luce e resa disponibile nonostante l'indifferenza di un fronte politico estero distratto e disinvolto ("...La prima vittima della guerra civile è la verità" - Hiram Johnson,Senatore degli Stati Uniti,1918).
Con un ritmo serratissimo ed una dinamica coinvolgente,Harlin imposta una narrazione fitta di segnali ad alto livello provocatorio,con forti richiami a titoli del catalogo delle pellicole geopolitiche del cinema di denuncia ("Salvador","Urla del silenzio","Missing"...).
In sequenze di ampio respiro e tagliente impatto emotivo,il regista fissa nella memoria scene di ignominiosa ferocia,alternandole a riprese sulla vita quotidiana,ad aspetti del folklore di un popolo che rimane vittima del sopruso e del silenzio.
Il racconto sembra comporsi su tre livelli:l'inchiesta mediatica dei reporter e la loro testimonianza da portare alla luce,un popolo sacrificato e invaso,ripreso nella sua realtà sociale e politica e nella dignità di Stato libero e soffocato,l'esercito russo,ritratto come una piatta marmaglia di bruti senza significazione caratteriale.
L'ottimo cast consente l'accesso alla conoscenza interiore dei protagonisti,in un viaggio spettacolare ed emotivo la cui ferocia non priva i personaggi di spessore ed empatia.
Le poche immagini riservate al Saakashvili di Andy Garcia,confermano le sue doti di attore disponibile ad ogni valida interpretazione,nonostante una mimica qui limitata ma coerente con la circostanza della sua parte.
"5 Days of War" è un film genuino e ambizioso,che il regista imbastisce in una trama organica e serrata,fitta di elementi antimilitaristi e pregni di quella risonanza polemica che fa del cinema di denuncia un mezzo d'espressione e un veicolo d'informazione scomodo ma benvenuto e necessario sul palcoscenico di una spettacolarizzazione oggi troppo spesso superflua e banale.
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