Titolo: All Is Lost - Tutto è perduto
Titolo originale: Robocop
U.S.A. 2013. Regia di: J.C. Chandor Genere: Azione Durata: 105'
Interpreti: Joel Kinnaman, Gary Oldman, Samuel L. Jackson, Abbie
Cornish, Michael Keaton, Jay Baruchel, Jackie Earle Haley, Jennifer
Ehle, Michael Kenneth Williams, Marianne Jean-Baptiste, WBBrown II
Sito web ufficiale: www.allislostfilm.com
Sito web italiano: www.allislost-ilfilm.it
Nelle sale dal: 06/02/2014
Voto: 8
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Intenso
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Con “All is Lost – Tutto è Perduto” il cinema americano riscopre il silenzio – e quanto esso valga - lasciando parlare la gestualità, le espressioni corporee e facciali, e riuscendo a tenere lo spettatore concentrato fino all’ultimo, su ciò che fa l’unico personaggio in scena.
Dopo il doppio impegno registico e interpretativo di “Leoni per agnelli” nel 2007, devono passare cinque anni prima di rivedere Robert Redford davanti ad una cinepresa.
È il 2012 quando esce “La regola del sospetto”, con “All is Lost” prosegue la scia tracciata.
Lo si vedrà, infatti, in “Captain America – Il soldato d’inverno”, in uscita a marzo 2014.
In “All is Lost” Redford padroneggia lo spazio, i silenzi, i minuti come solo un attore navigato sa fare.
Durante un viaggio solitario l’imbarcazione sulla quale si trova un uomo sperona un container abbandonato nell’oceano indiano, procurando una falla non da poco. L’uomo – di cui non si conosce il nome – riesce a sigillare il buco alla meno peggio, ma l’oceano sembra non volergli dare tregua. L’arrivo di una tempesta aggrava le condizioni dello yacht.
Sarà una lotta estenuante che lo vedrà dare fondo a tutte le sue astuzie marinare.
Il film possiede un ritmo cadenzato e un avvicendarsi di colpi di scena, a volte, sorprendenti, ma possibili. Ci si sente emotivamente coinvolti per quanto accade al protagonista, scoprendosi dei testimoni pieni di apprensione per la sua sorte.
Il regista e sceneggiatore J.C. Chandor non risparmia nulla al suo personaggio, sembra che le forze della natura e la fortuna si siano rivoltate contro quest’uomo, il quale nonostante tutto mantiene il sangue freddo e non si arrende.
Il protagonista utilizza il kit di sopravvivenza di cui lo yacht è dotato, in ogni suo accessorio.
Chandor evidenzia cosa di questo kit sia adeguato in una emergenza reale, lasciando affiorare il pensiero che in situazioni estreme ci voglia qualcosa di più.
In verità per sopravvivere l’uomo mette a frutto le sue conoscenze e la sua inventiva, non potendosi affidare completamente all’equipaggiamento della barca.
“È un action movie esistenziale di un uomo perso in mare, in lotta contro gli elementi e contro se stesso” afferma il produttore Neal Dadson. È raro che la macchina da presa si soffermi a lungo su un personaggio, lasciandolo pensare, riflettere, ragionare sul da farsi, come fa in questo film. In effetti in gran parte dei film americani e non solo si parla e tanto, si agisce e spesso di fretta, si entra in azione accompagnati da rumori di sottofondo continui.
In “All is Lost” la macchina da presa indugia su un uomo che forse per l’ultima volta si rade la barba. Indugia sul suo volto, sulla sua progressiva stanchezza, poi sulle azioni sempre molto ponderate, che conferiscono un’intensità costante.
Redford esegue in prima persona molti degli stunt più impegnativi - quando la barca entra in collisione con il container, l’arrampicata sull’albero maestro e diversi altri - merito del suo fisico preparato e del suo amore per l’acqua e per il nuoto.
“Questo personaggio continua ad andare oltre il punto in cui alcuni si arrenderebbero” spiega Redford e continua “Lui semplicemente non si arrende perché non c’è altro da fare. Qualcuno non farebbe così, ma lui si”.
È un film che mostra come in qualsiasi situazione difficile un essere umano possa trovarsi non smette mai di darsi per vinto, di voler vivere.
“All is Lost” è di forte impatto emotivo e fa amare la vita. L’intento dell’autore è che il pubblico si rispecchi nel protagonista, vuole che lui diventi “la personificazione delle loro speranze, dei loro interessi, dei loro sogni, delle loro preoccupazioni, delle loro paure (…), spero lui possa diventare una specie di specchio”.
Le riprese sono state effettuate in diverse parti dell’Oceano Pacifico, nei Caraibi e a largo di Ensenada, in Messico. Alle Bahamas una troupe di cameraman si è immersa a più di 20 metri per catturare le immagini di un banco di pesci e dozzine di squali presenti in una particolare sequenza.
Per le scene più pericolose, come la collisione col container o l’affondamento dello yacht, la produzione ha utilizzato il complesso dei Baja Studios, Messico, quello costruito da James Cameron per le riprese di “Titanic”.
Inoltre Chandor ha voluto due direttori della fotografia: Frank G. DeMarco e il fotografo subacqueo Peter Zuccarini, che hanno filmato con obiettivi grandangolari, utilizzando molta luce naturale.
La musica sembra provenga dall’oceano per brevi, ma intensi attimi. È un film avvincente, avventuroso, riflessivo e vigoroso.
Da vedere.
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