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Titolo: Fury
Titolo originale: Fury
USA 2014 Regia di: David Ayer Genere: Azione Durata: 134'
Interpreti: Brad Pitt, Scott Eastwood, Logan Lerman, Shia LaBeouf, Jon Bernthal, Michael Peña, Jonathan Bailey, Jim Parrack, Eugenia Kuzmina, Brad William Henke, Branko Tomovic, Anamaria Marinca, Christina Ulfsparre
Sito web ufficiale: www.furymovie.tumblr.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 02/06/2015
Voto: 7
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: It’s called war
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Il cinema dei Due Conflitti Mondiali,ha da sempre saputo sfogliare con cura le cronache nefaste di due epoche adiacenti devastate da due guerre dilatate all’intero pianeta.
Dalle trincee dell’Ovest di Lewis Milestone,allo sbarco della triade Annakin-Marton-Wicki,fino al soldato Ryan di Spielberg,le pagine di quella Storia sono scorse sugli schermi di ogni epoca,con il comune denominatore di uomini sul palcoscenico della guerra.
E in “Fury”,il regista David Ayer (“Fast & Furious”,”Training Day”,”End of Watch”),parla della Seconda Grande Guerra usando un linguaggio diverso da quello tradizionale impiegato per raccontare il D-Day,l’offensiva delle Ardenne,lo sbarco ad Anzio o le altre innumerevoli battaglie delle truppe americane.
Ayer ambienta il suo lavoro nei giorni che vedono spegnersi l’impero nazista,”l’elefante morente” ai suoi ultimi sussulti,e narra la storia di un pugno di uomini che ne vissero i momenti.
Aprile 1945.
Mentre gli alleati sferrano l’attacco decisivo in Europa,il sergente dell’esercito americano Don “Wardaddy” Collier (Brad Pitt),guida un’unità di cinque soldati in una missione dietro le linee nemiche a bordo di un carro armato Sherman che porta il nome di Fury.
La missione è estrema e condotta all’interno del territorio tedesco,nel cuore della Germania nazista ormai al collasso.
In inferiorità numerica,esausti,a corto di armi e munizioni e con una giovane recluta aggiunta al plotone,Wardaddy e i suoi uomini scarseggiano di ogni necessità,tranne nel coraggio e nel senso di unità e devozione.
Ma dovranno portare a termine la missione.
Ayer riversa la carnalità espressa nei suoi drammi urbani di “End of Watch” e “Training Day” nel cinema forte e salato di “Fury”,storia di una manciata di uomini tanto diversi fra loro,quanto caparbiamente uniti negli spasmi finali di una guerra che li amalgama in una fraternità indissolubile fatta di ubbidienza,paura e onore.
La correlazione fra i protagonisti,l’amicizia e il sentimento di reciprocità,pur nella totale assenza di alcun senso di buonismo,sono il marchio del cinema di Ayer,e in “Fury” il regista ne conferma il valore assoluto e primario.
La tagliente sequenza che apre il film,una scena di combattimento – il lavoro si apre e si chiude nella rappresentazione di uno scontro – è una carrellata di inquadrature sia sceniche che empatiche,che introduco il wild bunch,presentandone in una ferrea brevità le caratteristiche.
Sono identità accomunate ed addomesticate ad un unico protagonista,freddo e metallico come la parola che lo battezza in “Fury” e l’elemento per cui è stato generato,la guerra che ne dirige i cingoli.
Il film è scolpito nella roccia dura di immagini brutali e violente,che tanto sanno di realtà quanto di cinema crudo e sincero.
Ayer non concede illusioni,non ci sono buoni e cattivi in “Fury”.
Qui l’uomo è tutto uguale ed egualmente immerso nel fango delle brutture e il regista non si cura di divise,idiomi o elmetti,perché paura,pathos e morte sono per tutti.
Non c’è nulla di insincero nelle scene di esecuzione dei prigionieri tedeschi,immagini di devastante durezza,dove il mestiere americano,l’innocenza rotta e l’impotenza dei vinti collidono in un vertice di efferata disumanità,ma che serve al regista come mezzo di passaggio a successive pagine del racconto,come una dolorosa entr’acte.
Scatta nel film quell’ideale che genera l’insospettabile tensione che spinge a legarsi fra loro uomini così diversi,che solo l’istintiva repulsione per l’obbrobrio può generarne il rapporto più stretto.
Il Wardaddy di Brad Pitt è il capo militare e carismatico capobranco del gruppo e nuovo padre di Norman,un uomo pragmatico e deciso,che porta negli occhi le stesse cicatrici che ha sulla schiena,come un passato e una tristezza da scontare.
Al contrario,Norman ha lo sguardo attonito e stupito dell’equivalente novizio Adso da Melk di “Il Nome della Rosa”,come un riflesso di un’innocenza stravolta e violata.
L’artigliere Boyd Swan di Shia LaBeouf,dietro baffi ed occhiali,cita disincantato passi della Bibbia ed è l’elemento armonico del gruppo ,che crea l’equilibrio degli opposti con il ruvido collega Jon,uomo selvatico ed estratto dalla melma della miseria della Depressione.
Se Norman è la mano tesa al pubblico,l’invito all’immedesimazione,Boyd e Jon sono i corollari dell’unità,polarità in simbiosi inscindibile,opposti uniti in una solida amicizia e nucleo gravitazionale del gruppo.
Di questa unità,Ayer fa la formula definitiva dell’intero lavoro,declinandolo secondo un vincolo forte fra uomini forti.
Il clima è austero,l’ambientazione degli interni claustrofobica e oppressiva,la fotografia della campagna, permeata da colori stanchi e desaturati,umide eco di uno scenario freddo e ostile,cosparso di fango e morti.
Il lavoro eccelle nella precisione dei dettagli,la dovizia di studio storico,l’accuratezza delle riproduzioni degli ambienti,dei mezzi,delle divise e delle armi.
Gli interni del tank sono un inferno ermetico e senz’aria,a cui il fotografo Roman Vasyanov ruba la luce naturale per visi ed angoli,creando dimensione e suggestione.
La scelta della pellicola tradizionale al posto del digitale,se da un lato ha ristretto la selezione cromatica,dall’altra ha accentuato la profondità e il vigore delle coloriture.
Dalla frase di Wardaddy: “…gli ideali sono pacifici,la Storia è violenta…” nasce il cinema di “Fury”,spettacolo forte,luce cruda su Storia,vivi e morti,eternamente vegliata dal calore della fratellanza fra uomini.
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