Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo
Titolo originale: Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull
USA: 2008 Regia di: Steven Spielberg Genere: Azione Durata: 126'
Interpreti: Harrison Ford, Shia LaBeouf, Cate Blanchett, Ray Winstone,
Karen Allen, John Hurt, Jim Broadbent, Alan Dale, Joel Stoffer
Sito web: www.indianajones.com
Nelle sale dal: 23/05/2008
Voto: 6
Recensione di: Andrea De Luca
1957: in una base militare in pieno deserto americano un convoglio sovietico comandato da Irina Spalko è alla ricerca di una cassa contenente un misterioso oggetto e Indiana Jones viene rapito per recuperarla. Il professore riesce a fuggire nonostante provino a fermarlo sia l’amico traditore Mac sia una bomba atomica. A questo punto entra in scena il giovane Mutt, il quale possiede una lettera cifrata scritta dallo scomparso professor Oxley. I due si mettono così sulle sue tracce volando in Perù e, grazie agli indizi da lui lasciati, scoprono la tomba del conquistador Francisco de Orellana, che all’interno custodisce un magnetico teschio. I due sono fatti subito prigionieri dai russi, nelle cui mani si trovano già Oxley e la madre di Mutt, la quale si rivela essere Marion Ravenwood ex fidanzata di Indy. Dopo una serie di combattimenti e fughe, i protagonisti arriveranno alla leggendaria città perduta di El Dorado, rivelandone i misteri nascosti.
Nel 1981 ha inizio la saga dell’archeologo Indiana Jones, il più celebre eroe della storia del cinema creato da George Lucas e Steven Spielberg. Questa quarta avventura riparte allo stesso modo del primo episodio I predatori dell’arca perduta: la montagna della Paramount, sfruttando il trucco magico della dissolvenza incrociata alla Méliès, lascia il posto non più a una vetta sudamericana ma alla tana di un cane della prateria del deserto del Nevada. Il luogo in cui inizia l’episodio invece è lo stesso in cui Spielberg ci aveva lasciato nel finale del film del 1981, la base militare dell’Area 51. Il film strizza l’occhio agli tre capitoli (come quando vediamo l’Arca dell’Alleanza nella cassa del deposito) non senza una punta di ironia. Un’ironia adottata già nelle pellicole precedenti per omaggiare i film di avventura degli anni ’30 e utilizzata nello stesso periodo anche da Woody Allen nella sua memorabile riflessione metacinematografica de La rosa purpurea del Cairo. Riferimenti, nel corso dei quattro episodi, sono riservati anche ai film di spionaggio anni ’60, con ad esempio il celebre James Bond, Sean Connery, che nel terzo episodio interpreta la parte del padre di Indy, mentre è tristemente relegato all’interno di una necrologica foto ricordo in questo ultimo episodio.
Questa dose di ironia mista a realismo ha sempre accompagnato il dottor Jones, invincibile nelle situazioni più insidiose ma umano e fallibile nelle sue fobie (celebre e rievocata quella dei serpenti) come nelle sue relazioni. Queste caratteristiche inducono lo spettatore a simpatizzare per lui, riconoscendolo come eroe più per la sua astuzia e la sua intelligenza razionale che non per dei poteri soprannaturali. Indiana Jones è sempre alla ricerca di un oggetto magico portatore di conoscenza (l'Arca dell'Alleanza, una pietra preziosa, il Sacro Graal). Nelle ricerche si serve della sua cultura, ma il suo uso non diviene mai abuso, i suoi intenti rimangono nobili. Egli comprende sia i propri limiti di essere umano sia quelli dell’umanità intera, la quale non è pronta per un tipo di conoscenza che, se nelle mani sbagliate, potrebbe portare il mondo alla rovina. Infatti i film della saga più riusciti sono quelli che vedono il nostro eroe contrapporsi ai grandi “cattivi” della storia, come i nazisti. In questo episodio, ambientato negli anni della Guerra fredda quando la fobia comunista imperava nel mondo occidentale, i cattivi, secondo la prospettiva americana, sono inevitabilmente incarnati dai sovietici. In un periodo di sfrenata corsa agli armamenti, il rischio che la bomba atomica potesse cadere nelle mani sbagliate era dietro l’angolo. L’obiettivo ultimo era il dominio a tutti i costi sull’avversario, ma la bomba atomica diventa un pericolo secondario in un film che fa del puro intrattenimento spettacolare condito da una buone dose di fantasia la sua prerogativa. La paura della bomba è un concetto troppo profondo che non trova più posto in questo film, tanto che Indy, come in un gioco virtuale, esce indenne dall’epicentro di un’esplosione nucleare. Il film preferisce confrontarsi con formiche carnivore giganti, spericolati inseguimenti automobilistici in piena Amazzonia e duelli in stile cappa e spada in bilico sui veicoli in corsa. L’obiettivo da raggiungere questa volta, dopo aver risolto i vari enigmi, è impossessarsi di un teschio di cristallo, rubato dalla città di El Dorado da Francisco de Orellana nel 1546, e riportarlo a destinazione per poter avere il controllo totale delle menti e della conoscenza. Grazie ad Indy e suo figlio Mutt, buoni e cattivi riescono ad arrivare a El Dorado, dove si prepara la classica prova finale in cui la razionalità del protagonista prevarrà sull’avidità del nemico.
El Dorado (in lingua maya “città della conoscenza”) si scopre essere non la mitica città costruita in oro massiccio ma il quartier generale di alieni che millenni fa permisero l’evoluzione delle varie civiltà della Terra donando loro il sapere (come l’agricoltura). Qui sono ammassati moltissimi antichi reperti raccolti in giro per il mondo. Per Indy è come ritrovarsi nel paese dei balocchi; è il sogno di ogni archeologo che s’avvera, ma il suo è un interesse museale. Egli dimostra ancora una volta di conoscere i limiti oltre cui potersi spingere e preferisce salvarsi la pelle limitandosi a rimettere il teschio dov’era.
I russi invece, capitanati da un algida Cate Blanchett nel ruolo di Irina Spalko, lo vogliono per loro. I personaggi nel loro viaggio sono caduti verso il basso, come in un inferno, per poi risalire, verso il paradiso, e presentarsi davanti agli dei alieni, non dei creatori ma portatori di conoscenza. Mentre Dante nella Divina Commedia si presentava davanti a Dio e la luce era troppo abbagliante per la vista di un uomo, Irina invece desidera guardare. Inizialmente vede, ma poi i suoi occhi non resistono quando le antiche entità extraterrestri si fondono in una sola creatura. La donna evapora, come sovraccaricata dall'incredibile quantità di sapere che l'essere le dona come "ricompensa", e l'intera città, che era posta su un disco volante, si alza e scompare nel cielo tornando in quel mondo immaginario che appartiene alla leggenda.
Harrison Ford non più ha dalla sua parte l’età, ma la verosimiglianza nel film è rispettata grazie al personaggio circa sessantenne, coerente quindi con la sua età reale. All’attore va riconosciuto il merito di aver girato molte delle scene d'azione senza controfigura, ma un eventuale seguito rilegherebbe l’attore ad altro ruolo. Un'altra possibilità sarebbe lasciare l’eredità a Shia LaBeouf, buon attore emergente che entra in scena con motocicletta e giubbotto di pelle in stile Marlon Brando ne Il selvaggio ed esce come erede naturale di Indy, destinato, di diritto, a prenderne il posto. Un provino superato il suo, ma quel cappello gelosamente strappato dalle mani del figlio il giorno delle nozze con la da sempre amata Marion, fa intendere che Ford non si lascerà rimpiazzare tanto facilmente.
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