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Titolo: Memories of the Sword
Titolo originale: Hyubnyeo: Kal ui ki-eok
Corea 2015 Regia di: Park Heung-sik Genere: Azione Durata: 121'
Interpreti: Jeon Do-yeon, Lee Byung-hun, Kim Go-eun, Lee Jun-ho, Kim Tae-woo, Lee Kyoung-young, Bae Soo-bin, Abujamous Ahmad, Moon Sung-geun
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale dal: Inedito
Voto: 6
Recensione di: Nicola Picchi
L'aggettivo ideale: Derivativo
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Dinastia Koryŏ (918-1392): Seol-rang, Poong-chun e Deok-ki erano tre leggendari guerrieri pronti a ribellarsi ai soprusi dei nobili, fino a che i primi due tradirono Poong-chun e lo uccisero, cedendo alle lusinghe del potere. In seguito Seol-rang fuggì con la figlia di Poong-chun e, dopo aver perduto la vista, la allevò educandola nell'arte della spada, mentre Deok-ki, diventato generale con il nome di Yoo-baek, continuò a perseguire con ferocia la sua scalata ai vertici della corte del regno di Koryŏ.
Park Heung-sik, di cui si ricordano "My Mother the Mermaid" (2004) e un episodio del collettaneo "Sorry and Thank You" (2011), affronta per la prima volta un genere che non gli è affatto congeniale, e pensa bene di correre ai ripari bruciando incensi a numi tutelari più inventivi di lui. Danzando sul filo di una lama, è il caso di dirlo, sottile come quella di una spada, Park rimane in equilibrio tra il plagio e la genuflessione, salvandosi dal disastro solo in virtù di un cast di prima grandezza.
Il regista getta nel calderone le eroine guerriere di King Hu, in primis la Yang di "A Touch of Zen", l'Ang Lee de "La Tigre e il Dragone" e persino "Kill Bill" di Tarantino, e fin qui si tratterebbe di un peccato veniale che molti hanno commesso prima di lui. Quello che è veramente imperdonabile è il tentativo di riprodurre l'antinaturalismo e le abbaglianti armonie pittoriche di Zhang Yimou in "Hero", derubricandole a un miserrimo fare "pendant" da commesso di grande magazzino; e allora si combatterà indossando abiti verdi in un campo di girasoli, bianchi in un prato fiorito o in una pianura innevata, color avorio tra le spighe di grano e via banalizzando. Il problema è che l'eterogeneità delle fonti denota incertezza nell'approccio e genera discontinuità, la quale si riflette non solo nei palesi saccheggi ma anche nello stile di regia.
Se le scene ambientate alla corte di Koryŏ, nelle quali le inquadrature a prospettiva centrale e i carrelli kubrickiani alludono all'assolutismo del potere, brillano per ieratica compostezza, nelle sequenze d'azione Park Heung-sik adotta il montaggio convulso, i freeze-frame e gli zoom epilettici caratteristici di Lee Myung-se (vedi "Duelist"), dando vita ad un'opera bifronte e schizofrenica. Una volta chiarita la natura derivativa di "Memories of the Sword", varrà la pena sottolineare come la sceneggiatura di Park e di Choi A-reum, il cui tema centrale è la vendetta, risulti particolarmente involuta e costruita unicamente in vista del colpo di scena conclusivo.
La giovane Hong-yi ha un'unica missione, per svolgere la quale è stata meticolosamente addestrata da Seol-rang: vendicare la morte dei suoi genitori. La ragazza però non sa che fu proprio Seol-rang a uccidere Poong-chun, per salvare la vita del suo amante Deok-ki. Quando Seol-rang decide di raccontarle la verità, Hong-yi viene a scoprire non solo che quest'ultima non è la sua vera madre, ma che ha ucciso suo padre. Nel frattempo Yoo-baek, il quale vedendo combattere Hong-yi ha riconosciuto lo stile di Seol-rang, scatena i suoi sgherri alla ricerca della giovane, ben deciso a rimuovere qualsiasi ostacolo possa frapporsi fra lui e la conquista del potere.
Naturalmente non è tutto come sembra, e nello iato tra la verità narrata e la realtà effettiva s'insinua di prepotenza il melodramma: Yoo-baek ama ancora Seol-rang, Hong-yi è combattuta tra l'amore per la madre adottiva e l'odio per gli assassini dei genitori, mentre Seol-rang prova rancore nei confronti di Yoo-baek ma non lo ha dimenticato.
Il complesso rapporto di forze tra i tre protagonisti e i contrastanti sentimenti che li animano non sono però esplorati a sufficienza in fase di scrittura, e il tutto sembra delegato con una certa noncuranza alla buona volontà degli interpreti, i quali fanno del loro meglio per colmare le lacune della sceneggiatura.
Come si è detto, Park sopperisce alla carenza di un'ispirazione originale affidandosi all'estrema professionalità dei suoi collaboratori. Sono infatti degne di nota sia la smagliante fotografia di Kim Byung-seo (Castaway on the Moon) che le sontuose scenografie di Han A-rum, mentre la presenza di due attori di lungo corso come Jeon Do-yeon (Secret Sunshine, The Housemaid) e Lee Byung-hun (A Bittersweet Life, I Saw the Devil, Masquerade), nonchè della giovane promessa Kim Go- eun (Eun-gyo, Coin Locker Girl) riesce a risollevare parzialmente le sorti della pellicola. In particolare Lee Byung-hun s'impone con grande naturalezza, passando dal gelido sadismo al più struggente rimpianto nel tempo di un battito di ciglia.
Terminato nel 2014, ma uscito nel 2015 a causa dello scandalo che travolse Lee Byung-hun, "Memories of the Sword" ha ottenuto incassi modesti, facendosi polverizzare da due pesi massimi come Choi Dong-hoon (Assassination) e Ryoo Seung-wan (Veteran). La cosa non sembra aver turbato Park Heung-sik, il quale sta già preparando il suo prossimo film, ambientato nella Seoul occupata degli anni '40. In caso di bisogno, ne siamo certi, potrà sempre trarre ispirazione da "Assassination".
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