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Scritto da Pablo Creti   
lunedì 08 ottobre 2007

Horror Splatter Movie
Piccola guida al Cinema Splatter.

L’avrete sentito nominare, vi avrà di sicuro impressionato, impaurito, schifato, divertito: signori e signore l’oggetto in questione è lo splatter-movie.
Tutti quei film che solitamente si definiscono come splatter-gore sono stati, storicamente, dei prodotti di ottimo livello (se non nella messa in scena, sicuramente nelle idee), capaci di rivisitare e capovolgere, quasi di sconvolgere, le regole dell’horror classico.
La storia del cinema splatter affonda le sue origini alla fine degli anni sessanta quando Her­shell Gordon Lewis dà alla luce Blood Feast e Gore Gore Girls, evolvendo, poi, nel corso degli anni da dura critica al cinema perbenista e colto a puro intrattenimento.
Registi come Mario Bava o Riccardo Freda hanno dato sfogo a tutta la loro orrorifica attività rius­cendo a disgustare e divertire il pubblico di tutto il mondo, e influenzando fortemente tutte le cin­ematografie horror successive. E tutte queste nuove leve, ispirati anche dai filmacci di Roger Corman e dall’horror gotico di Terence Fisher, hanno dato prova delle loro capacità ridando vita alla figura del regista/artigiano in grado, con budget limitatissimi, di creare film oggetto di vero e proprio, macabro, culto. Ciò che ha caratterizzato il cinema splatter di questi grandi maestri, e stiamo parlando anche di George Romero, Sam Raimi (si proprio quello di Spider Man) e Peter Jackson (si proprio quello del Signore degli Anelli), è una continua e insistita ricerca stilistica, riflesso distorto delle insicurezze e degli orrori di una società ormai sempre più avviata verso la distruzione di ogni suo rassicurante prodotto di intrattenimen­to. Ecco che allora il corpo umano dissezion­ato, con le sue viscere mostrate senza alcune vergogna o censura diviene metafora, quasi parrosismo, dell’uccisione del cinema perbeni­sta da blockbuster. Capolavori come Demoni, Re.Animator, Henry: Pioggia di Sangue, Zombi, Toxic Avengers e Antropophagus (impossibile elencarli tutti, cominciate con questi) hanno rappresentato, e tutt’ora rappresentano, un sis­mografo attendibile della completa dissoluzione delle speranze nutrite nei confronti dell’Essere (sia come verbo che come sostantivo) Umano, scomposto, non più solo metaforicamente ma letteralmente, in un insieme disgiunto di frattaglie e budella, e mostrato nella sua più sconvolgente intimità.
Se il fenomeno splatter-gore esplode in USA e in Europa nella controcultura (o meglio nel controcinema) degli ultimi anni ‘70 in giappone lo fa in maniera ufficiosa molto più tardi. Il primo vero film splat­ter nipponico risale al 1986 ad opera di Komizu Kazuo con due pelliccole dai titoli emblematici: “Intestini di una vergine” e “Intestini di bellezza” (traduzioni a cura di scrive) vietati ai minori, non per ragioni di violenza in eccesso ma perché etichettati come “Splatter Eros” e distribuiti da una catena spe­cializzata in porno.
Questo per dire come lo sparpagliamento plateale di sangue e interiora non fosse visto come qualcosa di rivoluzionario e scioccante ma come qualcosa che in qualche modo era già inserito nella cul­tura cinematografica e televisiva mainstream. Il sangue veniva utilizzato come elemento spettacolarizzante all’interno delle serie e dei “film storici” con il revival dei film di samurai (o jidai geki, moltissimi con il Mifune adorato da Kurosawa), già dal primo dopoguerra. Da citare obbligatoriamente le serie tv: The Samurai (sic) e Zatoichi, in onda già nei primi anni sessanta quando in USA si guardava il ridicolo Batman e Bonanza.
Ma anche film d’incredibile inventiva nei seven­ties, come Lady Snowblood di Fujita Toshiya, truce storia di vendetta alla quale Tarantino deve moltissimo.
Il sangue non è tabù, pare, per un popolo da sempre legato alla sua natura bellica e selvati­ca e che spessissimo ha usato lame e la spada (e non l’arma da fuoco) per rapportarsi diret­tamente con l’altro e perché no, con il mondo. Plasma e amputazioni tendenzialmente non sminuiscono la natura umana, tutt’altro riaffer­mano e evidenziano la natura caduca e terrena della carne.
Ai giorni nostri lo splatter è ancora più forte­mente infuso nella cultura mainstream nippon­ica, dai manga passando per i videogiochi fino al cinema. Non è settoriale, il sangue fasullo da set bagna tutto indifferentemente; anche i grandi registi o “autori” come Kitano (troppi i suoi film da citare), diventa tendenza vera e propria in film culto adolescenziali e apparente­mente meno impegnati come, Battle Royale di Fukasaku Kinji, Wild Zero di Takeuchi Tetsuro e tantissimi altri. Riacquista parte del suo valore “contro” tipicamente occidentale e diviene un mezzo follemente espressivo, come nel caso di Takashi Miike.
Questa piccola guida al genere splatter è stata redatta non con l’intenzione di essere esaustiva e completa, ma con la speranza di risultare interessante ai profani che volessero iniziarsi a questo genere.

 
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