American beauty
USA: 1999. Regia di: Sam Mendes Genere: Commedia Durata: 121'
Interpreti: Kevin Spacey Annette Bening Mena Suvari
Recensione di: Francesco Contini
Lester è un quarantenne in piena crisi di mezza età che cerca di sentirsi più giovane nei modi più paradossali... Si invaghisce della migliore amica della figlia, che nel frattempo è spiata da un vicino invadente. La moglie certo non gradisce tanti sconvolgimenti, ma nel frattempo tradisce Lester con il re degli agenti immobiliari...
American Beauty è un film che vive del dramma della "normalità" borghese americana. Per citare un aforisma di Adorno, non c’è nulla che l’uomo borghese può odiare più della perfezione. Lester ha una moglie perfetta, così come le rose che essa coltiva e questo è un motivo sufficiente per odiarla. Ma nel detestare quel tipo di perfezione si rifugia in un altro, quello dell’odierna perfezione della bellezza americana rappresentata da Angela, amica della sua figlia. Bionda, formosa etc. etc. Una pubblicità. Perchè mai Lester dovrebbe invaghirsene? E’ la rappresentazione pura e semplice dell’assurdità del senso comune, che non ha nulla di razionale o giustificabile.
Proprio per questo, e sin dagli esordi, American Beauty vuole mettere in scena e ridicolizzare tutti gli aspetti più qualunquisti, se vogliamo, della società americana, ma non solo americana. Questo è proprio il suo aspetto più critico: la dimostrazione che mai nulla di "perfetto", di "normale", può regalare la felicità. E qui si mostra l’aspetto più interessante della pellicola, quello costruttivo. Infatti essa, se per un largo tratto dimostra l’assurdità di una vita precodificata, senza nessun interesse, dall’altro però mostra che proprio nella deviazione dalla normalità nasce la bellezza. E’ nell’accettazione della propria e dell’altrui diversità che tutti i personaggi trovano una loro personalissima pace.
Ricordiamo anche che il regista Sam Mendes è alla prima esperienza cinematografica, dopo aver ricevuto grosse soddisfazioni dal teatro. Anche in American Beauty, dunque, v’è una nota non spiacevole di teatralità, che ancor di più sottolinea la messinscena di una "vita normale". Il lavoro di Mendes è dunque molto ben realizzato, il film conduce lo spettatore ad una piacevole riflessione sulla vita, senza mai spiegare ma semplicemente mostrando. Per continuare la citazione di Adorno, è dunque dell’imperfezione che l’uomo s’innamora, del difetto.
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