Rachel sta per sposarsi
Titolo originale: Rachel Getting Married
USA: 2008 Regia di: Jonathan Demme Genere: Commedia Durata: 116'
Interpreti: Anne Hathaway, Rosemarie DeWitt, Tunde Adebimpe, Mather Zickel, Anisa George, Anna Deavere Smith, Bill Irwin
Sito web: www.sonyclassics.com/rachelgettingmarried
Nelle sale dal: 21/11/2008
Voto: 8
Trailer
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Recensione di: Mirko Di Nella
Kym (Anne Hateway) in occasione del matrimonio della sorella Rachel (Rosemarie Dewitt) con il musicista di colore Sydney (Tunde Adebimpe) esce dal centro di riabilitazione in cui per l’ennesima volta è relegata per disintossicarsi dalle droghe.
In un clima di festa ed intimità la famiglia si troverà di nuovo ad affrontare i fantasmi del passato che l’hanno lacerata, con al centro Kym come capro espiatorio.
Il regista newyorkese Demme, premio oscar nel 1992 con Il silenzio degli innocenti, dopo gli ultimi anni passati in giro per il mondo a girare i suoi toccanti documentari, torna al lungometraggio grazie alla sceneggiatura della esordiente Jenny Lumet, figlia del celebre regista Sydney. Il taglio documentaristico permane in questa pellicola che si affida perlopiù al digitale citando la lezione dogmaniana di Von Trier, ed omaggiando in particolare il cinema corale di Altman e Corman, ringraziati anche nei titoli di coda.
Quello che stupisce ed appassiona e la naturalezza degli interpreti e la fluidità della narrazione che stabilisce sin da subito un contatto intimo ed empatico con lo spettatore che si trova coinvolto in prima persona nelle vicende sciorinate, come uno qualsiasi degli invitati al matrimonio.
Per riuscire ad ottenere questo effetto e rendere il tutto realistico e credibile, Demme gira nella sua casa con i suoi veri amici e con autentici musicisti, senza una vera sceneggiatura e totale libertà d’ispirazione per le musiche che accompagnano con le loro note diegetiche i dialoghi e le inquadrature composte al momento sul posto, senza una successiva post-produzione per quanto concerne la colonna sonora.
Gli attori si muovono con scioltezza e disinvoltura naturale in questo contesto, che diventa un toccante teatro filmato costruito in progressione, senza punti di riferimento per le inquadrature, in quanto il regista volutamente sceglie diverse telecamere che circondano gli interpreti amalgamandosi con discrezione, restituendo all’occhio dello spettatore il calore (non solo visivo) prodotto da tale vicinanza.
In questo clima artistico gli attori svolgono egregiamente il loro ruolo con interpretazioni davvero notevoli, superbe a tal proposito le prove della Dewitt e Irwin, ossia la Rachel del titolo ed il padre, mentre una citazione a parte merita la strepitosa Hateway, che qui dimostra tutto il suo talento in un ruolo intenso e drammatico, meritandosi la candidatura agli oscar.
E’ un film passato ingiustamente sottotono nelle sale italiane da recuperare assolutamente, capace di emozionare facendo vibrare la fibre più intime, senza barare o forzature tipiche di tante pellicole hollywoodiane che saggiamente distribuisce ironia e drammaticità, poggiato su di una sceneggiatura di livello nonostante opera prima della giovane Lumet ed impreziosito da una splendida cornice filmica quasi artigianale degna di un piccolo capolavoro.
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