Tutta colpa di Giuda
Titolo originale: Tutta colpa di Giuda
Italia: 2009 Regia di: Davide Ferrario Genere: Commedia Durata: 102'
Interpreti: Kasia Smutniak, Luciana Littizzetto, Fabio Troiano, Gianluca Gobbi, Cristiano Godano, Francesco Signa, Paolo Ciarchi
Sito web: www.mymovies.it/tuttacolpadigiuda
Nelle sale dal: 10/04/2009
Voto: 7,5
Trailer
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Recensione di: Francesca Caruso
Il regista Davide Ferrario si divide spesso tra opere di finzione e documentari.
Il suo debutto cinematografico risale al 1989 con “La fine della notte” , giudicato il miglior film indipendente della stagione.
L’idea di realizzare un film “nel” carcere e non sul carcere, come si potrebbe pensare inizialmente, deriva dalla esperienza personale e lavorativa che intercorre tra Ferrario e questo mondo a parte. Nove anni fa il cineasta ha iniziato a frequentare il carcere di San Vittore a Milano, in seguito Le Vallette di Torino dove, tutt’oggi, organizza dei laboratori cinematografici.
Il racconto messo in scena è, per alcuni versi, molto vicino alla realtà. Irena MirKovic è una regista teatrale che viene contattata da Don Iridio per organizzare uno spettacolo nel penitenziario di cui si occupa. La donna deve riuscire a rendere partecipi i detenuti della sezione VI del blocco A, il prete le propone di mettere in scena la Passione di Cristo. Irena inizialmente riluttante, troverà una difficoltà insormontabile nell’assegnare il ruolo di Giuda, che nessuno dei detenuti vuole interpretare. La regista che usualmente si occupa di opere teatrali sperimentali, trova una soluzione atipica: eliminare la figura di Giuda.
Mette in scena la misericordia di Gesù, senza che ci sia tradimento, condanna, punizione e morte. Tutti si impegnano con buona volontà.
L’ambientazione del film è il carcere, preso come luogo dove si svolge la storia, il cui argomento fondante è la religione e il rapporto che i personaggi principali hanno con essa. Il loro modo di viverla o di non viverla.
Irena è una persona che non è molto vicina alla religione, ma accetta la sfida di Don Iridio e inizia a porsi delle domane e a enumerare i dubbi cercando il confronto con l’uomo, che a sua volta si è rifugiato nel suo credo come soluzione a qualsiasi problema. Don Iridio è per certi versi il “nemico” di Irena, ma non è un personaggio negativo e solo un uomo che ha trovato nell’obbedienza religiosa e nello status quo un modo di vivere, attaccato profondamente alla tradizione, alla “normalità” di ciò che conosce, senza accettare e capire i cambiamenti.
Irena è femminile, ma è anche una combattente che si scontra con l’Istituzione e con Dio stesso.
Fa tutto con garbo e con rispetto, rimanendo ferma sui suoi principi, aperta al confronto, evitando i compromessi. Il direttore del carcere, Libero Tarsitano, fa da mediatore tra i due pensieri, mostra autorevolezza nella vita pubblica, ma è maldestro in quella privata.
I detenuti non sono attori, ma interpretano se stessi. Il regista ha proposto loro il soggetto del film e l’unico problema che si sono posti, nell’accettare la partecipazione al progetto, è come sarebbero apparsi nella parte musicata in cui dovevano ballare, per paura di risultare ridicoli.
Il film è un amalgama di più generi, è un po’ musical, un po’ fiction, un po’ documentario e un po’ neorealista.
Il finale in cui viene mostrato l’artificio scenico, con gli operatori di scena, rafforza maggiormente il senso del reale. Questo è un tipo di cinema costruito, mescolato, sperimentato, dove la sceneggiatura è uno s trumento al servizio dell’improvvisazione che può nascere sul set.
Numerose sono le battute e i dialoghi estemporanei da parte dei detenuti, credibili solo se avessero interpretato se stessi, senza eccessiva forzature di scrittura.
Una scena in parte cambiata è il confronto tra Irena, Don Iridio e Libero in cappella, nella quale il regista ha posto il veto di non farla urlata e ha incluso due persone che pregano, in quanto è un luogo per il quale si deve avere un certo riguardo e contegno. Questa scelta è stata felice, la sequenza possiede una dose di comicità e d’intensità al tempo stesso. È una tra le scene più belle.
Ferrario ha voluto imprimere una visione critica sulla religione, ma affrontando il tutto con rispetto. Mostra anche la tenerezza e la durezza delle figure dei detenuti.
Secondo l’esperienza di Ferrario il carcere è un luogo di mediazione più che di conflitto, è una piccola città che va avanti giorno dopo giorno, i loro abitanti non si fanno sempre la guerra, ma il tempo fa nascere la complicità.
Il regista ama potersi reinventare in ogni progetto che si trova di fronte. Lo stile può cambiare di volta in volta, perché cambiano le sue esigenze e le sue esperienze.
La musica è parte integrante della storia e sottolinea lo stato d’animo dei carcerati, i loro pensieri e le loro convinzioni. Le sequenze cantate e ballate hanno conferito una piacevolezza maggiore ad un’opera ricca di originalità ed entusiasmo.
Tutta colpa di Giuda possiede una forza poderosa, data da un’idea nuova e accattivante, dai personaggi delineati con un forte spessore, dalla bravura degli attori e dagli argomenti trattati.
Parlare della religione è ritenuto per alcuni versi un tabù, come esprimere idee e pensieri discordanti dalle interpretazioni ufficiali.
Il film pone delle domande di tutto rispetto, facendolo con rispetto.
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