Vuoti a rendere
Titolo originale: Vratné lahve
Repubblica Ceca, Regno Unito: 2007. Regia di: Jan Sverák
Genere: Commedia
Durata: 100'
Interpreti: Zdenek Sverak, Tatiana Vilhelmová, Daniela Kolarova, Jiri Machacek, Alena Vránová, Miroslav Táborský, Nella Boudová, Jan Budar
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale
dal: 16/01/2009
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Ironico
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“Vuoti a rendere” è l’ultima parte della trilogia del regista Jan Sverak e dello sceneggiatore e attore Zdenek Sverak, che racconta le tappe di una vita vissuta interamente.
È iniziata con il film d’esordio di Jan “Scuola elementare (Obcna skola, 1991), che esplora l’infanzia, ed è proseguita con il vincitore del premio Oscar “Kolya” 1996, che approfondisce la vita adulta. “Vuoti a rendere” la conclude e pone l’accento sul pensionamento e sul matrimonio lungo e duraturo di una coppia che è riuscita ad andare oltre le piccole incomprensioni.
Josef è un professore liceale, che non sentendosi più felice nel portare avanti il suo lavoro, lascia l’insegnamento. La vita domestica, però, non fa per lui e così cerca un lavoro part-time per tenersi attivo. Josef è “l’uomo del bentornato” (come suole dire alla moglie), colui che quando rientra a casa vuole essere accolto con amorevoli cure, ma per far questo deve pur uscire.
L’uomo si propone come corriere espresso a sessantacinque anni, ma si rivela non idoneo.
Le cose vanno decisamente meglio quando diviene il magazziniere di un supermercato, occupandosi dei vuoti a rendere, un luogo in cui può interagire con numerose persone e instaurare nuovi rapporti. Cosa accadrà con l’arrivo della macchina automatica che dovrebbe rimpiazzarlo?
Il sodalizio tra il padre Zdenek Sverak e il figlio Jan Sverak è garanzia di qualità, entrambi hanno ricevuto numerosi riconoscimenti per il proprio lavoro. Jan ha iniziato come documentarista e dal suo corto a tematica ecologica “Rapaci” (1988) ha preso l’avvio un’ascesa che lo ha portato ad essere uno dei registi della Repubblica Ceca più conosciuti.
Il regista ha saputo raccontare con ironia, senza appesantire l’atmosfera, la tematica della vecchiaia, di come il protagonista all’inizio sembra non accettare di essere in un’età in cui non si riesce più a fare tutto. In effetti nel momento in cui la moglie sottolinea che oramai stanno vivendo il tramonto della vita, lui la corregge dicendole che è l’autunno.
È un uomo che possiede ancora una fervente immaginazione e una parte di sé vorrebbe che si concretizzasse.
Josef vuole vivere appieno ogni giorno, non si dà per vinto e con la sua vitalità aiuta chi gli sta intorno. Reagisce anche a questo cambiamento di rotta coinvolgendo, alla fine, anche la moglie Eliska, che si mostra inizialmente rigida e controllata.
La donna sembra aver perso la capacità di sognare e non si sente più tanto apprezzata dal marito, ma gradualmente si scopre un lato di lei ironico e con una voglia di vivere pari a quella di Josef. Molto spesso ci si ritrova a nascondere così bene se stessi da perdersi, la sorpresa più bella è reinventarsi.
Per la prima volta, a detta dello stesso regista, viene dato ampio spazio a un personaggio femminile, in passato al servizio solo del protagonista maschile.
Qui il personaggio di Eliska prende forma durante il film. La fotografia rende bene l’atmosfera che il regista ha voluto conferire al film, soprattutto nelle sequenze finali in mongolfiera, che è molto poetica e conclusiva di un percorso fatto in due.
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