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Titolo: Io, Arlecchino
Titolo originale: Io, Arlecchino
Italia 2014 Regia di: Matteo Bini, Giorgio Pasotti Genere: Commedia Durata: 90'
Interpreti: Giorgio Pasotti, Roberto Herlitzka, Valeria Bilello, Lunetta Savino, Gianni Ferreri, Lavinia Longhi
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 11/06/2015
Voto: 7
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Propositivo
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Esordio alla regia per l’attore Giorgio Pasotti, che ha scelto di puntare sulla Commedia dell’Arte e in particolare sulla maschera di Arlecchino, per raccontare una storia universale: il rapporto tra un padre e un figlio e la riscoperta delle proprie radici. E tuttavia “Io, Arlecchino” non è solo questo.
Diretto a quattro mani con Matteo Bini, qui al suo esordio come regista di lungometraggi, la pellicola affronta delle tematiche variegate e ben argomentate.
Vi si racconta la storia di Paolo, conduttore televisivo di talk show, che aspira a conquistarsi la prima serata con un talk tutto suo. Durante la messa in onda di una puntata, gli viene comunicato che il padre Giovanni è in ospedale.
Da Roma Paolo si sposta nella provincia di Bergamo e scopre che il padre è malato gravemente. Nonostante ciò Giovanni vuole trascorrere il tempo rimastogli a rappresentare lo spettacolo messo su con la piccola compagnia teatrale del paese. Paolo cerca di aiutarlo e nel fare ciò si riavvicina a lui, riscoprendo al contempo un’arte senza tempo.
È un film che unisce commedia e dramma, parla della morte, facendolo in punta di piedi, con delicatezza. La macchina da presa indugia e rimane defilata nei suoi riguardi, rispettosa di un dolore troppo spesso portato all’esasperazione dai tanti film di oggi giorno, quasi non contasse più nulla.
“Io, Arlecchino” le dà il giusto peso e spazio.
C’è l’ammirazione di un figlio per il lavoro del padre, che durante la sua crescita è stato spesso lontano, passando da un teatro all’altro, regalando sorrisi ad un pubblico ogni sera diverso, ma non avendo abbastanza tempo per il proprio bambino.
Giovanni è una figura integra, innamorata di ciò che fa, che si sente viva quando riesce a esprimere se stessa sul palco. Viene delineato rispettosamente il lavoro dell’attore con le sue tante sfaccettature.
Altro aspetto trattato è il dare voce alla Commedia dell’Arte, bagaglio culturale messo ai margini, ma al quale si deve molto per un nuovo modo di fare spettacolo, nato nel XVI secolo. E a ciò è legata la riscoperta delle proprie radici, non intese solo come appartenenza ad un luogo, ma anche a una cultura che è stata facilmente dimenticata.
Riguardo a ciò in una sequenza viene sottolineato come l’Amleto di Shakespeare sia ancora vivo e vegeto rispetto ad Arlecchino, di cui non molti conoscono la storia.
La rappresentazione teatrale – quella fatta di passione e cuore – viene poi messa a paragone con un certo modo di fare televisione – freddo e speculativo. I due cineasti fanno emergere tanto i lati buoni, quanto quelli strettamente economici, che il più delle volte uccidono l’arte e l’arricchimento culturale ed emotivo ad essa congiunto.
È un film appassionato, intimo e propositivo, è un’occasione per emozionarsi e vivere una storia italiana diversa e dai tratti non scontati.
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