Quasi amici
Titolo originale: Intouchables
Francia: 2011. Regia di: Olivier Nakache, Eric Toledano Genere: Commedia Durata: 112'
Interpreti: François Cluzet, Omar Sy, Anne Le Ny, Clotilde Mollet, Audrey Fleurot, Alba Gaïa Bellugi, Christian Ameri, Grégoire Oestermann, Cyril Mendy
Sito web ufficiale:
Sito web italiano: www.cinema.yahoo.com/quasi-amici
Nelle sale dal: 24/02/2012
Voto: 5
Trailer
Recensione di: Domenico Astuti
L'aggettivo ideale: Superficiale
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Toledano e Nakache sono due umoristi, sceneggiatori e registi quarantenni che
hanno avuto molto successo di pubblico in Francia. Questo è il loro quarto
film ed è anche il primo che giunge in Italia, dopo un successo al botteghino
quasi impensabile.
Forse perché racconta ( in modo molto fantasioso, comunque
) una realtà a cui i francesi piacerebbe identificarsi, immaginare possibile,
dimenticando razzismo strisciante, problemi delle banlieue, dei san papier e
via ricordando.
Cosa c’è di meglio allora ( e più improbabile ) di mettere
assieme un ricco signore borghese, colto e raffinato, paraplegico e depresso e
un giovane noir senegalese della periferia appena uscito dal carcere dopo una
rapina, semianalfabeta e irritante ?
Presentare i due caratteri e sorridere e
ridere nel blando scontro tra classi sociali, generazioni differenti e opposti
background culturali ?
E’ evidente che con due persone agli antipodi in tutti
i sensi è facile costruire gag e battute, ma in questo film sembra che la
storia sia in funzione delle battute e non viceversa facendole perdere in
credibilità e coerenza. Insomma, niente di nuovo in questo tipo di conoscenza;
dapprima un po’ conflittuale e poi man mano sempre più armoniosa e complice,
fino a che le solitudini dei due uomini entrano in contatto e si trasformano in
solidarietà concreta e propositiva.
Una nota a merito comunque ( oltre alla
magnifica colonna sonora alla Philip Glass del nostro Einaudi – grande
musicista con influenze jazz e che in Italia conosciamo poco ) è il tentativo
riuscito di evitare qualsiasi forma di pietismo, grazie anche a una
interpretazione magistrale del bravo François Cluzet e del resto del cast
armonioso e ‘ leggero ‘ allo stesso tempo.
Tratto ( crediamo molto liberamente ) dal libro autobiografico di Philippe
Pozzo di Borgo “ Il diavolo custode “ pubblicato in Italia dalla casa
editrice Ponte alle Grazie, l’autore ripercorre la sua vita ricca e felice
fino a quando nel 1993 un incidente di parapendio lo paralizza dal collo in
giù. Tre anni dopo muore anche Béatrice, la sua amata compagna di sempre, per
una rara malattia e Philippe si trova nella necessità di cercarsi un nuovo «
assistente » che lo segua giorno e notte, dal risveglio alla sera e qualche
volta anche di notte quando è assalito da crisi respiratorie.
Ecco, il film
inizia adesso. Quando si presentano, nella villa ottocentesca in pieno centro
parigino, alcuni possibili assistenti. Tra loro c’è Driss, un giovane
senegalese ignorante, aggressivo, bullo che non vuole il posto ma solo una
lettera in cui si dica che non è stato assunto perché così può avere il
sussidio di disoccupazione.
Ma incredibilmente – in forma troppo romanzata e
al servizio di qualche risata preparata se non prevedibile – Philippe lo fa
assumere. Driss, come è facile intuire, non è solo chiacchiere a voce alta e
atteggiamento coatto-spavaldo, è un giovane uscito appena dal carcere, è senza
genitori e vive ospite a casa della zia-mamma che tuttavia lo caccia.
E allora
accetta il lavoro e va a vivere nel palazzo di Philippe iniziando una serie di
battibecchi e piccoli conflitti con il povero tetraplegico che invece di
stancarsi sembra contento di quella vitalità e del carattere sfrontato e naif
del giovane.
Ma la sua mancanza di minimo tatto si riverbera anche sulle due
segretarie ( Anne Le Ny, anzianotta e simpatica, e Audrey Fleurot, giovane,
carina e ironica ) e in modo positivo sulla figlia viziata e il suo fidanzatino
maleducato e pauroso.
E l’amicizia che si crea tra i due uomini migliora
entrambi nel carattere e li pone con uno sguardo positivo al futuro
apparentemente complicato e difficile.
Nel film sfiorano anche la ‘
trasgressione ‘, con relativi spinelli, massaggiatrici, rimorchio di una donna
attraverso lettere d’amore, vendita di un quadro fatto da Driss e rifilato da
Philippe ad un parente un po’ grullo, una corsa a centottanta all’ora con
inseguimento della polizia, fino al battesimo di Driss con il parapendio.
Insomma un film che parte da un dramma reale e si sviluppa (anche se con un
certo stile ) in modo superficiale, prevedibile e autoassolutorio, la cui unica
vera ragione d’essere è quella di raccontare una commedia ‘ divertente ‘ e con
molte battute che a volte fanno ridere. Ma a volte sono fuori registro come
quando Driss – ignorante e proletario – fa battute d’adolescente studioso su
Leonardo ( l’artista e il calciatore ) o quando cita Chagall e i suoi colori.
I due registi hanno realizzato un film sociologicamente tra i più ottimisti in
circolazione sulle tensioni sociali e i conflitti di classe che attraversano la
Francia e l’Europa di oggi.
Mescolano alto e basso ( una colonna sonora
elegantissima sempre, con battute da soap ); chissà se volontariamente o perché
inseguivano battute per far ridere propongono una ‘ favola ‘ del vivere
ottimista, semplice e autentica come ricetta del vivere.
Da segnalare, come abbiamo già scritto, l’ottima interpretazione di François
Cluzet, credibile e originale.
Dris è interpretato da Omar Sy, una specie di
Eddy Murphy francese, simpatico e eccessivo che in alcuni passaggi può
risultare tuttavia irritante.
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