Titolo: Synecdoche, New York
Titolo originale: Synecdoche, New York
U.S.A.: 2008. Regia di: Charlie Kaufman Genere: Commedia Durata: 124'
Interpreti: Michelle Williams, Philip Seymour Hoffman, Jennifer Jason Leigh, Catherine Keener, Dianne Wiest, Emily Watson, Samantha Morton, Hope Davis, Robin Weigert
Sito web ufficiale: www.sonyclassics.com/synecdocheny
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 19/06/2014
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Domenico Astuti
L'aggettivo ideale: Criptico
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Synecdoche, New York su Facebook
Kaufman è uno degli sceneggiatori più abili e originali di Hollywood, suoi
sono gli scripts Essere John Malcovich, Se mi lasci ti cancello, Confessione di
una mente pericolosa.
Nel 2008 decide di esordire alla regia e in molti,
pensando al suo grande talento, si aspettavano un capolavoro, il film è stato
presentato al 61° Festival di Cannes dividendo pubblico e critica tra
estimatori e detrattori.
Già dal titolo si intuisce l’azzardo e l’ambizione
dell’autore, perché il titolo è un gioco di parole fra Schenectady, New York,
in cui è ambientata la vicenda, e la sineddoche ( dal greco «συνεκδοχή»
attraverso il latino «synecdŏche», fino all’italiano « ricevere insieme » ), un
procedimento linguistico-espressivo o anche una figura retorica che consiste
nella sostituzione di un termine con un altro ma che ha con il primo una
relazione di vicinanza.
Una figura retorica paragonabile alla metonimia perciò
spesso ardua da distinguerle. In realtà Kaufman ci vuole raccontare puntando
troppo in alto di arte che si coniuga con la vita solo attraverso la verità,
forse è il sogno brechtiano di utilizzare il teatro epico cercando di
coniugarlo cinematograficamente con un nuovo stile alla Godard.
Ma l’
argomento è trattato così in maniera complessa ed empirica ( sembra invece di
essere in mezzo al guado tra Ingmar Bergman e Terrence Malick ) che oltre a non
farsi comprendere nella seconda parte, rischia di essere una elucubrazione
intellettuale se non un pipponismo celebrale. In cui la prima vittima ci
sembra essere il povero Philip Seymour Hoffman ( tanto grande come attore
quanto contorto personalmente nella scelta dei suoi personaggi ).
Nella prima
parte ( la più risolta e anche la più deprimente ) riusciamo a seguire il
discorso del regista dal punto di vista formale e narrativo, l’alternanza tra
vita vera e finzione teatrale prosegue in modo quasi lineare fino a quando nell’
appartamento di Michelle Williams la vita vera si trasforma in ricostruzione,
ma da questo passaggio i vari piani si mischiano, si confondono, si ribaltano e
la vita e l’opera del regista Caden Cotard ( Philip Seymour Hoffman ) si
complicano fino ad essere osservati in quanto tali e senza riuscire a seguire
lo spettacolo che sta allestendo per cercare attraverso la sua vita una
verità.
Una vertigine che lascia basiti se non annichiliti. Probabilmente
quando si vuole fare un capolavoro è questo il momento dell’errore per
presunzione.
La scrittrice Chocano ha scritto a proposito “ Un film
selvaggiamente ambizioso, debordante, imponente, straziante, complicatissimo e
dolorosamente triste “.
Caden Cotard è un regista teatrale off molto stimato, è ipocondriaco, depresso
e questo stato d’animo sembra ritrovarsi nel mondo dei suoi affetti.
Fa
fatica ad alzarsi la mattina, mentre guarda la sua cacca dal colore rosso come
il suo piscio si vede la sua bimbetta angosciata Olive per la sua cacca verde e
per la sua paura di morire.
Tra le altre cose ha problemi ai denti, agli
occhi, forse al cervello, sul viso e sulle gambe gli compaiono delle pustole, e
i medici sembrano moderatamente preoccupati della sua salute e lui è convinto
che morirà presto. Quella che sembra un po’ meno depressa, si fa per dire, è
la moglie l'artista Adele Lack ( Catherine Keener ) che appena può se ne parte
per Berlino con la figlia per un mese e resta lì per tutta la vita andando a
vivere con la sua migliore amica.
Nel frattempo Caden presenta con successo in
teatro Morte di un commesso viaggiatore ( è stato tra l’altro l’ultimo lavoro
teatrale di Hoffman nel 2012 ), titolo emblematico del teatro americano ed
ottiene un premio prestigioso che consiste nel finanziamento di un nuovo
spettacolo teatrale.
Decide che sarà la sua Opera, quasi testamentaria, e
raccoglie un cast enorme di attori in un magazzino a New York City, nella
speranza di creare un lavoro di brutale onestà. Opera faraonica che impiega
ben diciassette anni per essere allestita perché l’autore è alla disperata
ricerca di sincerità attraverso le esperienze della sua vita e in quella dei
suoi cari.
E da qui, per almeno un’ora di film, i piani della storia si
confondono e per Cotard c’è la quasi impossibilità di realizzare la sua opera.
Nel frattempo la vita procede, muore prima suo padre, poi sua madre, quindi sua
figlia Olive cresciuta a Berlino – e che lui non ha mai più visto - che sul
letto di morte gli chiede di scusarsi e di ammettere d’essere omosessuale;
muore suicida anche il suo alter ego nello spettacolo teatrale, fino all’amore
della sua vita che muore intossicata nel letto accanto a lui in una casa
perennemente circondata dal fuoco.
E lui nel mentre cerca la verità di un
gesto, la credibilità di una rappresentazione che risulta sempre più
artificiale.
Tutto si rivela ( anche a noi ) al regista contraffatto, quasi
rituale, e quindi già morto. E sul finale un personaggio tra i tanti dello
spettacolo ( la morte ? ) si presenta al regista sempre più stanco e
demotivato e con decisione prende in mano la ‘ regia ‘ fino a modificare la
scena finale, un funerale pieno di energia e rabbia che termina con una pioggia
libertoria e purificatrice.
Alla sua prima regia ( ed anche ultima per adesso ) Kaufman si permette una
creatività assai rara per Hollywood e gioca con acrobazie narrative
interessanti ma rischiose e a volte criptiche, realizzando un film complesso e
fuori dagli schemi, a volte troppo personale e intellettuale.
Il cast è composto dal magnifico Philip Seymour Hoffman ( che ci ha lasciati
in Febbraio a soli 46 anni ) e da un gruppo di attori straordinari, Catherine
Keener, Jennifer Jason Leigh, Emily Watson, Samantha Morton, Michelle Williams,
per citarne solo alcuni.
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