Titolo: Una pistola en cada mano
Titolo originale: Una pistola en cada mano
Spagna: 2012. Regia di: Cesc Gay Genere: Commedia Durata: 97'
Interpreti: Ricardo Darin, Luis Tosar, Javier Camara, Eduardo Noriega, Leonor Watling
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale dal: Festival di Roma 2012
Voto: 9
Trailer
Recensione di: Alessia Vegro
L'aggettivo ideale: Illuminante
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La crisi dell'identità maschile di otto uomini di quarant'anni, disorientati nei confronti della vita. Una girandola di emozioni ruota attorno ai cardini del patetico e del comico.
Tramite vari incontri, anche casuali, si mettono in luce sentimenti che in genere uomini non mostrano: la depressione, il dormire tutto il giorno, il tentativo di riconquista dell'ex moglie, la dipendenza da ansiolitici per colmare il vuoto provocato da una moglie traditrice, le prove di seduzione messe in atto nei confronti di una collega.
In mezzo a questo vortice, le mogli di due amici si scambiano i ruoli affinché i loro uomini, che non sono in grado di condividere informazioni private, vengano a conoscenza dei segreti reciproci.
Il barcellonese Gay, cronista della borghesia urbana, ha diretto En la ciudad, Kràmpack, Ficciò, V.O.S. e Hotel Room.
Con Una pistola en cada mano torna ad esprimersi con il suo linguaggio cinematografico molto personale che crea personaggi a tutto tondo.
Una pistola en cada mano si struttura come un puzzle composto da varie storie che convergono tra loro nel finale, micro capitoli che mostrano aspetti dell'animo maschile che, sommati, offrono un bignami della situazione dell'uomo nell'epoca moderna. Quello che resta invariabile, nonostante lo scorrere del tempo, è il cameratismo che s'instaura tra i protagonisti. Il machismo, il ruolo del maschio seduttore e sicuro di sé scompaiono, per portare alla luce debolezze, paure, impotenze.
Gli otto protagonisti di queste storie, emblemi di un'epoca in cui la donna è libera e decide per se stessa e la propria vita, diventano allora il “lato debole”, subendo l'esistenza e le sue svolte.
Tutto questo è narrato quasi azzerando le tecniche cinematografiche, quello che conta è mettere un uomo nella condizione di scegliere se esprimere o meno il proprio disagio. Gay compone allora un'opera che si regge sugli sguardi e sui dialoghi, lontana dai canoni americani ma pregna di umanità. Si ride, si sorride, s'impara molto sulla situazione attuale di quello che era il sesso forte.
Il merito del regista è di aver coinvolto un cast al massimo della sua forma, ogni interprete immerso nella realtà del suo protagonista. In un'opera che ricorda una pièce teatrale, il ruolo dell'attore è fondamentale e tutti, senza eccezione, sono all'altezza della prova. Sono uomini che in qualche modo soffrono, che appaiono “vittime” della forza interiore della donna, che ne sono oggetto di battute e frecciate, eppure tutti con una loro identità, una propria dignità, un'energia vitale che li porta a non arrendersi mai.
Il maschio ha smesso di percorrere il mondo reggendo una pistola in ciascuna mano, ha deposto le armi, terminato di nascondersi dietro il suo ideale di indipendenza e facciate di durezza e insensibilità.
E' un essere umano completo, nel bene e nel male, e finalmente lo ha ammesso. Merita un applauso per il suo coraggio.
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