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Titolo: Io sto con la sposa
Titolo originale: Cobain: Montage of Heckn
Italia, Palestina: 2014. Regia di: Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry Genere: Documentario Durata: 89'
Interpreti: Tasneem Fared, Abdallah Sallam, MC Manar Manar, Alaa Bjermi, Ahmed Abed, Mona Al Ghabr, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry, Tareq Al Jabr, Marta Bellingreri, Rachele Masci, Chiara Denaro, Valeria Verdolini, Elena Bissaca, Ruben Bianchetti, Daniele Regoli, Marco Garofalo, Silvia Turati, Gina Bruno
Sito web ufficiale: www.iostoconlasposa.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal:09/10/2014
Voto: 8
Recensione di: Antonino Fazio
L'aggettivo ideale: Coraggioso
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Un finto nonché variopinto corteo nuziale, partendo da Milano e sfidando le leggi ed i controlli europei, inizia questo viaggio alla volta di Stoccolma, con lo scopo di dare l’opportunità a cinque cittadini, palestinesi e siriani in fuga da un paese in guerra, di avere un futuro migliore. “Io sto con la sposa” è un film documentario realizzato da Gabriele Del Grande, giornalista e blogger di Fortress Europe, Khaled Soliman Al Nassiry, poeta e scrittore palestinese-siriano e Antonio Augugliaro, editor e regista televisivo, racconta in presa diretta questa storia, purtroppo drammatica e vera, accaduta nei giorni tra il 14 e il 18 novembre 2013.
I protagonisti sono gli autori stessi che, dopo aver incontrato a Milano questi cittadini palestinesi siriani sbarcati a Lampedusa tempo prima, decidono di aiutarli a raggiungere la Svezia, affinché possano chiedere asilo politico, evitando il rimpatrio nelle loro terre in guerra. Per evitare l’arresto dei clandestini, inscenano un finto matrimonio coinvolgendo un'amica palestinese ed una decina di amici italiani e siriani, rispettivamente la sposa e gli invitati.
Messo in piedi questo finto matrimonio, il conseguente finto corteo nuziale attraversa mezza Europa, in un viaggio di quattro giorni e di tremila chilometri, nel quale si raccontano le storie e i sogni dei cinque fuggitivi, il loro passato, gli orrori della guerra vissuta e la loro personale visione sul futuro che verrà nell’Europa a loro.
Un'Europa transnazionale, solidale e goliardica, che beffa le leggi e i controlli dell’inconquistabile continente europeo, con una mascherata che ha del geniale.
L’ obiettivo del film infatti è quello di mostrare, attraverso questo atto di disobbedienza civile, che le inaccessibili regole delle frontiere non sono poi così inaccessibili come sembrano.
L’idea del docu-film nasce da un ragionamento di Gabriele, Antonio, Khaled e Tareq i quali, una sera a cena, discutono su un’idea che poi sarà il fulcro della pellicola: quale poliziotto di frontiera fermerebbe mai un corteo di nozze per chiedere i documenti alla sposa? Da questo ragionamento, i quattro amici decidono di aiutare dei profughi ospiti loro a Milano, senza documenti e visto di soggiorno per il nord Europa.
A Gabriele del Grande viene l’idea del finto matrimonio: “Dopo 14 giorni ci incontriamo davanti alla stazione centrale di Milano – spiegano - siamo ventitré, tra ragazzi e ragazze. Tutti amici. Italiani, palestinesi e siriani.
Chi coi documenti, chi senza, ma tutti vestiti eleganti come se stessimo davvero andando a un matrimonio. È davvero difficile spiegare come siamo riusciti in così poco tempo, e senza soldi, a individuare i personaggi del documentario, a scrivere il trattamento del film e a mettere in piedi una troupe cinematografica”.
Per questa azione i quattro amici hanno rischiato fino a quindici anni di carcere a testa, per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. “Ma siamo pronti a correre il rischio perché abbiamo visto la guerra in Siria con i nostri occhi e aiutare anche una sola persona ad uscire da quel mare di sangue ci fa sentire dalla parte del giusto”.
Pregno di sentimento, di solidarietà e vicinanza personale, “Io sto con la sposa” porta lo spettatore ad un senso di chiamata interiore, al far riaffiorare una responsabilità collettiva. Stare dalla parte della sposa vuol dire stare dalla parte di chi abbatte i confini, di chi non vuol più permettere questi folli genocidi, di chi non può più sentire morte e desolazione, di chi si è fatto bello ed ha comprato un abito da matrimonio e si è imbarcato verso un viaggio ignoto, rischiando, provando e cercando il proprio posto in un mondo che lui stesso, anche con una messa in scena così tragicomica, cerca di cambiare.
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