La particella di Dio
Titolo originale: La particella di Dio
Italia: 2009. Regia di: Logo
Genere: Documentario
Durata: 40'
Interpreti: Massimo Corbucci, Massimo Marinelli e Flaminia Bonciani
Sito web ufficiale: www.logovideo.com/la_particella_di_dio
Sito web italiano:
Nelle sale
dal: Inedito in dvd
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Stefano Priori
L'aggettivo ideale: Filosofico
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La particella di Dio è un corto definibile più come un esperimento visivo “didattico-scientifico”, che non come cortometraggio, per continuità di immagini. Non mancano al film aspetti qualitativi, dal punto di vista scenico.
Il film è composto da 8 episodi e inizia con una citazione di Ermete Trismegisto, personaggio dell’età ellenistica a cui si attribuisce la corrente filosofica dell’ermetismo.
E’ un testo chiaro quello scritto, ma la suggestione è davvero vicina a quella ermetica.
Il film vede come interprete il fisico Massimo Corbucci, scopritore della teoria del “vuoto quantomeccanico” nel 1976.
Il film raffronta quello che accadde nel 2008 al CERN di Ginevra, dove fu costruito il collisore atomico, dando inizio all’ esperimento nucleare per trovare “il Bosone di Higgs” e la teoria del “vuoto quantomeccanico” di Corbucci, tornando a più riprese sul concetto, attraverso il linguaggio cinematografico. Purtroppo la carenza strutturale del linguaggio stesso, crea confusione sia dal punto di vista estetico, che concettuale. Non mancano inquadrature precise e sequenziali, ma non si capisce perché Logo video non mantenga uno stile preciso in tutto il film. Si comprende a fondo la fatica organizzativa della stesura di una sceneggiatura di un simile argomento. Non si capisce però perché in una scena interessante come quella di Massimo Corbucci nel letto, si trovino mischiate inquadrature di sveglie o di oggetti secondari, ripresi peraltro in malo modo, sia per la luce, sia per il risultato finale, che invece di per sé era ben costruito. Saltando il linguaggio cinematografico, diciamo che questa confusione di immagini non giovano alla visione poetica del film nel suo insieme.
E’ anche vero che affrontare il concetto e l’immagine assieme non è cosa semplice. Quando invece si decide di affidare alla creazione grafica il compito didattico, la fantasia e l’innovazione sono lodevoli e il risultato è di altissima qualità.
C’è tuttavia un momento di “poesia-scientifica”, ed è quello che riguarda la scena con Flaminia Bonciani, dove l’onirico è ben rappresentato, sia dal gioco della corsa, che dai sorrisi di lei. La bellezza della Bonciani è sensualità. Anche il concetto che esce dalla sua voce è chiaro e suggestivo. “Tutto è vuoto, tutto viene dal vuoto.”
E’ il preludio alla spiegazione estesa del concetto del “vuoto quantomeccanico” di Corbucci, che avviene nella parte centrale del film.
Spiegazione difficile, ma certamente affascinante. Corbucci ci parla di un infinito assoluto, dove Dio è creazione.
E’ un concetto, che sviluppa, di non facile portata, ma seppur difficile da afferrare introduce all’argomento nucleare. Come se dopo il film si fosse più consapevoli della sua portata.
La riflessione morale finale, con l’esempio dell’aereo senza pilota e della società alla deriva è poetica e riportata con semplicità. Il riferimento dato da una scienziata all’inizio del film, che la natura supera alle volte gli stessi fisici, perché più intelligente ed elegante, torna con il pensiero di Corbucci alla fine, nella frase: “Se un fisico andasse a lavorare in una centrale nucleare, non avrebbe coscienza di quello che fa”. Interessanti le musiche ironiche e retrò, cariche di un’emotività sottile, ma suadente. E’ un film al di là delle critiche da apprezzare perché riesce a dare suggestione a una storia “concettuale” e anche per l’impegno etico scientifico, oltre che umano nello sposare le tesi di Massimo Corbucci.
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