Boarding gate
Titolo originale: Boarding gate
Francia: 2007. Regia di: Olivier Assayas Genere: Drammatico Durata: 105'
Interpreti: Asia Argento, Michael Madsen, Kelly Lin, Carl Ng, Kim Gordon, Alex Descas, Joana Preis
Sito web:
Voto: 5
Presentato all'Asian Film Festival
Recensione di: Nicola Picchi
“Boarding gate” è stato presentato all’Asian Film Festival fuori concorso, in anteprima per l’Italia, e si tratta in qualche modo di un atto dovuto, dato che è stato proprio il suo regista a curare uno storico numero dei Cahiers du cinéma che contribuì a portare alla ribalta il cinema di Hong Kong, allora poco conosciuto, nei primi anni ’80. Olivier Assayas, fin dal tempo dei suoi esordi con il fulminante “Désordre”, e’sempre stato uno dei cineasti più sottovalutati ed ignorati dalla distribuzione italiana. Sebbene coccolatissimo oltralpe, il suo cinema è sempre rimasto ai margini, considerato tuttalpiù un giochino per i soliti “happy few”o per i cinéphiles più oltranzisti cresciuti a pane e Cahiers. Ora, sappiamo che i Cahiers vengono in genere utilizzati dai distributori nostrani come in una ben nota scena del Dobermann di Jan Kounen, ma è davvero un peccato che dalle nostre parti il suo cinema sia affidato a sporadiche retrospettive o a fantomatiche uscite in DVD. Assayas è forse l’unico regista francese che ha raccolto l’eredità della Nouvelle Vague, sia nel suo essere un regista/critico che nel suo modo di accostarsi alla messa in scena. Spesso il critico ha preso il sopravvento, nutrendo il suo cinema di tic ed ossessioni cinefile, miscelando Jean-Pierre Léaud e Les Vampires di Feuillade, il cinema di Hong Kong e i Sonic Youth, la sua musa Maggie Cheung e il noir, Hentai e cybersex, in un insieme che potrebbe facilmente risultare indigeribile o farraginoso ed è invece fresco e vitalissimo, muovendosi su coordinate sghembe e trasversali che inaugurano una sorta di inedito nomadismo culturale. Bisogna anche dire che alle volte i risultati di tanta esuberanza hanno destato qualche perplessità, in particolare il recentissimo “Demonlover”, perplessità che, a mio parere, si rinnova davanti a Boarding Gate. Assayas ha dichiarato di essersi ispirato ad un fatto realmente accaduto in Francia, l’assassinio del finanziere Edouard Stern, un delitto in cui si intrecciavano motivazioni economiche e sessuali, e di aver voluto realizzare un B-movie. Anche stavolta il regista civetta con la Nouvelle Vague, seguendo le orme di Truffaut quando sceglieva come punto di partenza i romanzi di David Goodis, e fin qui non ci sarebbe nulla da eccepire. Il film parte anche con il piede giusto, e tutta la prima parte ambientata a Parigi offre alcuni duetti ben riusciti, quasi da kammerspiel, tra una credibile Asia Argento ed un imbolsito ma convincente Michael Madsen, che sottolineano efficacemente le dinamiche tra i personaggi. Ma non appena Asia/Sandra uccide Madsen/Miles e fugge ad Hong Kong per incontrare Lester, di cui è innamorata, le cose precipitano rapidamente. Certo, la cesura è nettissima ed ovviamente voluta ma non per questo meno imperdonabile.
Asia Argento, braccata dai killer che vorrebbero eliminarla, non è in grado di reggere il film senza attori che la supportino, e si ha sempre l’impressione che il personaggio Asia prevarichi l’attrice, come spesso capita nelle sue interpretazioni. Assayas vorrebbe fare un noir sporco e veloce come quelli honghkonghesi dei tempi d’oro, e la macchina da presa si scatena come quella di Wai Kai-fai in “Too many ways to be no.1”, ma senza la stessa implacabile e cartesiana coerenza di fondo.
Se poi vogliamo parlare di spaesamento esistenziale (il film si apre e si chiude con un significativo e programmatico fuori fuoco) che si tramuta in instabilità e in spaesamento geografico, si è senz’altro visto di meglio. Asia Argento, durante la presentazione di Boarding gate, lo ha definito “un film necessario”. Senz’altro necessario per Assayas, per gli altri non saprei.
|