Friend
Titolo originale: Chingoo
Corea: 2001. Regia di: Kwak Kyung-taek Genere: Drammatico Durata: 117'
Interpreti: Yoo Oh-sung, Chang Dong-gun; Seo Tae-hwa: Joon Woon-taek
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Voto: 7
Recensione di: Nicola Picchi
Presentato al Dongfang di Napoli nella retrospettiva dedicata al cinema della Corea del Sud, “Friend” fu, all’epoca della sua uscita nelle sale, uno dei maggiori incassi del cinema coreano di tutti i tempi, con oltre sei milioni di biglietti venduti, ed il primo ad attirare l’attenzione delle case di distribuzione internazionali verso una cinematografia allora assai poco considerata.“Racconto crudele della giovinezza”, citando un titolo di Oshima, ed insieme affresco generazionale, il film racconta l’amicizia di quattro ragazzi nell’arco di un ventennio, dall’adolescenza negli anni ‘70 fino ai primi anni ‘90. I quattro, intensi protagonisti sono di diversa estrazione sociale e, pur essendo molto legati, nutrono differenti aspirazioni; ad un certo punto le loro vite si divideranno drammaticamente: due intraprenderanno la carriera universitaria, uno rimanendo in patria, l’altro studiando all’estero, mentre gli altri due diventeranno gangster, membri di bande rivali. Con un respiro classico da romanzo di formazione, il film descrive con accuratezza i riti di passaggio che marcano la transizione dall’infanzia all’adolescenza, e poi alla maturità, con l’inevitabile corollario di illusioni disattese, innocenza perduta ed aspri tradimenti. Il tono adottato da Kwak Kyung-taek è chiaramente autobiografico nonché dolorosamente nostalgico, e la voce fuori campo che accompagna la narrazione è inequivocabilmente quella dello stesso regista. Nonostante non manchino le scene di azione, girate con secca maestria, la sensazione generale non è quella del tipico noir di ambientazione urbana, ma di una vera e propria immersione nel flusso dei ricordi, ancorati però ad una solida struttura drammaturgica. Ed è proprio questo tuffo senza rete nella memoria personale a donare a Friend inaspettati accenti di sincerità ed un tono elegiaco e malinconico che riesce sempre ad evitare il sentimentalismo, tono esaltato dalla splendida fotografia di Hwang Ki-seok che attinge a differenti tavolozze cromatiche per scandire le diverse epoche della vita dei quattro protagonisti. Il film è anche una panoramica sulla società coreana e sui suoi mutamenti nell’arco di un ventennio, nonché un affettuoso ritratto della città natale di Kwak Kyung-taek, Pusan, un ritratto talmente riuscito che le autorità omaggiarono la produzione rinominando alcune delle location utilizzate “street of friend”.
Gli attori, cominciando da Yoo Oh-sung nella parte di Joon-suk, figlio di un boss mafioso, offrono una prova molto sentita e convincente, che contribuisce in maniera fondamentale alla riuscita del film fornendogli la coesione necessaria ed una certa coralità di fondo.
L’unico appunto che si potrebbe fare alla regia di Kwak Kyung-taek è quello di non riservare grosse sorprese, pur essendo sempre all’altezza: ad un terzo di Friend sappiamo già che il film si chiuderà con una sequenza dei quattro protagonisti da bambini, cosa che puntualmente avviene, e questo è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare.
C’è insomma un certo scollamento tra ambizioni autoriali e risultati effettivi, che restano confinati nei limiti di un cinema “medio” di facile fruibilità ma tant’è, non tutti possono essere Park Chan-wook o Kim Ki-duk.
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