Triangle
Titolo originale: Triangle
Hong Cong, Cina: 2007. Regia di: Tsui Hark, Ringo Lam, Johnnie To Genere: Drammatico Durata: 101'
Interpreti: Louis Koo, Simon Yam, Sun Honglei, Lam Ka-tung, Kelly Lin, Yao Yung, Lam Suet, Kate Yeung, Li Haitao, Chan Ho-sai
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Voto: 5
Presentato all'Asian Film Festival
Recensione di: Nicola Picchi
Film diretto a tre mani da tre registi-icone del cinema di Hong Kong, “Triangle” può essere considerato come un interessante esperimento, purtroppo non sempre convincente e a forte rischio di inconsistenza.
I rispettivi segmenti non sono separati, come ad esempio in Grindhouse, ma il film è stato girato con tre team differenti, sceneggiatori compresi, un po’ alla maniera dei “cadaveri squisiti” con cui si baloccavano i surrealisti: Tsui Hark avvia la storia, Ringo Lam la sviluppa nella parte centrale e Johnnie To la conduce verso la conclusione, mentre il progetto complessivo è stato coordinato da Soi Cheang, probabilmente il miglior regista hongkonghese degli ultimi anni. Più concretamente, Hark abbozza rapidamente i personaggi, lasciando a Lam il compito di descriverne le dinamiche interne e a To quello di risolverne i conflitti che si sono innescati durante la narrazione. Tre amici alla ricerca disperata di denaro incontrano un uomo misterioso che gli dona un’antica moneta d’oro promettendogli un lavoro, certo non molto legale ma sicuramente lucrativo. Ognuno dei tre ha naturalmente le sue motivazioni ed i suoi problemi, che spera di risolvere con una grossa somma di denaro: Mok (Sun Honglei) ha un negozio d’antiquariato sull’orlo del fallimento, Fai (Louis Koo) è obbligato dalle triadi a procurare un’autista per una rapina in una gioielleria come saldo per un vecchio debito, mentre Sam (un superlativo Simon Yam) viene tradito dalla moglie Ling (Kelly Lin) con un poliziotto, il quale ricatta Fai perché scelga proprio Sam come autista, per potersene liberare. Con il furto da parte dei tre amici di una preziosissima veste trafugata da un sarcofago risalente alla dinastia Tang, la stessa veste da cui proveniva la moneta d’oro, le cose si complicheranno ulteriormente.
La moneta d’oro iniziale è evidentemente un McGuffin, come li definiva Hitchcock, ossia un puro pretesto del tutto ininfluente necessario per dare il via alla trama e per dar modo alle varie sottotrame di intrecciarsi a dovere, per poi convergere nel finale. Sfortunatamente, verrebbe da dire, molto rumore per nulla. Triangle dopo una decina di minuti si ingolfa e comincia a girare a vuoto, evidentemente indeciso su quale direzione imboccare e, non sapendo scegliere, le imbocca tutte contemporaneamente, barcamenandosi tra noir, action, commedia con elementi slapstick e chi più ne ha più ne metta. Tsui Hark gira ormai da troppi anni nella stessa maniera, ovvero svogliatamente e come se pensasse ad altro, Johnnie To coreografa l’ultima mezz’ora di film con classe indiscussa, lasciandosi andare però ad una scena del tutto insensata (a parte l’intento autocelebrativo) e, soprattutto, assolutamente non necessaria come quella della canonica sparatoria finale, mentre Lam firma l’unica scena davvero riuscita di Triangle, ovvero quella nel magazzino con Sam, Ling e il poliziotto Wen, lasciandoci l’impressione che sarebbe stato quello il vero “triangolo” da esplorare. Francamente si stenta a comprendere il senso di una simile operazione al di fuori del potenziale appeal commerciale o di rilancio dei rispettivi autori e, se è vero che Hark e Lam negli ultimi anni sono un po’ appannati, la stessa cosa non si può dire di Johnnie To, che tra l’altro produce il film con la sua Milkway. A chi ama il suo cinema consigliamo di correre a rivedersi “Election 2” o “Exiled”, evitando quest’ultima fatica.
In conclusione, un film non brutto ma inutile, e la delusione è davvero tanta considerato che da tre autori del genere sarebbe stato lecito aspettarsi molto di più.
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