8
Titolo originale: 8
Francia: 2008. Regia di: Jane Campion, Gael García Bernal, Jan Kounen, Mira Nair, Gaspar Noé, Abderrahmane Sissako, Gus Van Sant, Wim Wenders Genere: Drammatico Durata: 100'
Interpreti: Ingvar Eggert Sigurðsson, Marta McGonagle, Konkona Sen Sharma, Justine Clarke, Chris Haywood, Russell Dykstra, Luis Fernandez-Gil, Tomas Spencer
Sito web: www.ldmproductions.fr/8/
Nelle sale dal: ROMA 2008
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Ilaria Mutti
Drammatico e provocatorio, il film ,attraverso 8 episodi, firmati da altrettanti registi (Tiya’s dream di Abderrahmane Sissako,The letter di Gael Garcia Bernal,How can it be di Mira Nair,Mansion on the hill di Gus Van Sant,The story of Pashin Beka di Ian Kounen,Sida di Gaspar Noè,The water diary di Jane Campion,Person to person di Wim Wenders ), denuncia l’O.N.U.e 189 Paesi – firmatari, nell’anno 2000, della cosidetta “Dichiarazione del Millennio” - di aver disatteso gli 8 obiettivi di sviluppo che avrebbero dovuto dimezzare,entro il 2015 ,la povertà del mondo, e, con essa, le condizioni di svantaggio delle aree più deboli. Al maestro che chiede a Tiya, una bambina etiope (Tiya’s dream),che vive in una degradata casupola e cuce camicie prima di andare a scuola, perchè non ripete a voce più alta gli 8 obiettivi di sviluppo dell’O.N.U., lucidamente la bambina risponde “perchè non ci credo.” E’ forse, questo primo episodio, quello più toccante, nella sua delicatezza a trattare il dramma senza indulgere a facili pietismi.
Più propositivo, anche se un po’ didascalico il secondo episodio,“The Letter”, in cui un uomo, dal Nepal, comunica di aver accompagnato a scuola il suo piccolo figlio.
La lettera viene letta dal padre, che vive in Islanda, mentre passeggia,ricordando anche l’infanzia del figlio, in luoghi dove si respira un’ atmosfera di rarefatto,esclusivo benessere e, senza mettere le due realtà direttamente a confronto, lascia immaginare le profonde differenze strutturali dei due paesi.
A New York, una donna indiana, mussulmana, abbandona marito e figlio e chiede il divorzio perchè innamorata di un altro uomo. (How can it be?) L’episodio, dal sapore scandalistico, giudicato offensivo e contrario ai precetti della religione mussulmana, ha fornito all’O.N.U., messa in difficoltà dall’intero film,un motivo plausibile per chiederne, anche se senza esito,il ritiro dal festival e dai circuiti cinematografici.
Al di là delle polemiche, lascia tuttavia molto perplessità il fatto che l’affermazione delle “pari opportunità”, debba e possa esemplificarsi sul diritto e sulla possibilità della donna di abbandonare il proprio figlio, solo perchè tale comportamento, sciagurato senza attenuanti, è stato, nei secoli, consentito agli uomini.
Il quarto episodio mostra un bambino, quasi un adolescente,che corre e salta spensierato e bravissimo, sulle difficili strade di San Francisco, col suo skatebord (Mansion on the Hill) mentre vengono comunicati i dati sull’ altissimo tasso di mortalità infantile dei “Paesi in via di sviluppo,” dove lo sviluppo non avviene mai.L’accostamento del bambino “privilegiato” ai dati relativi ai bambini meno fortunati, sembra francamente di cattivo gusto? E’forse colpa di questo bambino americano se può giocare e un giorno diventare adulto?
Una triste ballata (The story of Panshin Beka) ,nel quinto episodio,narra in bianco e nero l’inutile, impotente corsa di una barca sul grande fiume dell’Amazzonia peruviana,in cerca di un’introvabile assistenza medica per una donna a bordo, che sta per partorire.Un atto di denuncia gravissimo che però meritava una meno compiaciuta sceneggiatura e una pellicola di miglior qualità.
Il sesto episodio è dedicato a un uomo malato di A.I.D.S. del Burkina Faso.(Sida) che racconta immobile, inespressivo, la morte di sua moglie, anch’essa colpita dallo stesso male, l’abbandono delle sue quattro figlie alla carità dei parenti e degli amici e il suo lungo percorso per l’inserimento in un ospedale dove finalmente cercano di contenere il suo male, mentre lui trova conforto nella religione. Pessima la definizione delle immagini e indubbiamente monotona la regia, che finisce per allontanare lo spettatore piuttosto che renderlo partecipe del dramma.
Il settimo episodio passa dal dramma individuale a quello collettivo nella civilissima Australia (The water diary). In un mondo futuribile, ma non tanto,un vasto territorio si sta desertificato e tutti i mezzi tecnologici non riescono a far niente. Nella terra desolata, dove palpabile è la presenza della catastrofe vicina, gli abitanti vanno sulla collina a scrutare le nuvole e la ragazza più bella suona la viola per invocare e provocare una pioggia che non arriverà più. Vorrebbe essere dolente e lirico,più spesso sfora il ridicolo.
In questo mondo raggelato dall’impossibilità a fare,irrompe come un improvviso spalancarsi di finestra e con un livello narrativo e registico di gran lunga superiore Wim Wenders, che alla fine del tragico susseguirsi dei primi sette episodi, salva l’intero film, illustrando, col suo ottavo episodio di chiusura,una possibile concreta soluzione, gia sperimentata in molti paesi poveri.(Person to person).
E’ la microimprenditorialità, attuata attraverso piccolissimi prestiti a persone escluse da tutti i normali circuiti bancari per la loro assoluta povertà di base. E’ noto, infatti, che, al 95% dei prestiti bancari, può accedere non più del 20% della popolazione mondiale L’idea, nuova, proposta dall’economista indiano Muhammed Yunus, che prescinde dalle garanzie bancarie,si basa sulla considerazione che i prestiti , per la loro esiguità non danneggiano più di tanto il creditore, in caso di mancato recupero, a fronte di un decollo altrimenti impossibile, di, sia pure piccolissime,ma autonome iniziative di lavoro. L’esperimento sta dando eccezionali risultati e il recupero del danaro avviene per oltre il 99% delle somme erogate.
Il tutto viene raccontato, con assoluta originalità , allegria e umorismo, dai protagonisti che, in uno studio televisivo si sostituiscono, quando gli uffici sono deserti, ai convenzionali,scontati conduttori del mondo occidentali.
|