Alice nella città
Titolo originale: Alice in den Stadten
Germania: 1973 Regia di: Wim Wenders Genere: Drammatico Durata: 110'
Interpreti: Rudiger Vogler, Yella Rottlander, Lisa Kreuzer, Edda Köchl, Ernest Boehm, Sam Presti, Lois Moran, Didi Petrikat, Hans Hirschmuller, Sibylle Baier, Elisabeth Kreuzer, Chuck Berry, Wim Wenders
Sito web:
Nelle sale dal: 1974
Voto: 7,5
Trailer
Recensione di: Biagio Giordano
L'aggettivo ideale: Comunicativo
Philippe Winter (Rudiger Vogler), è un giornalista tedesco che pensa di aver trovato finalmente un’occasione editoriale in grado di fargli esprimere la sua poetica più profonda.
Entro quattro settimane deve consegnare un libro alla redazione del suo giornale a New York, ambientato negli Stati Uniti, sul tema del paesaggio americano.
Il giornalista però, dopo essersi allontanato da New York e aver visitato altre città degli Stati Uniti, scopre che non gli riesce proprio di scrivere; nonostante il suo sguardo esplorativo sia sempre attento e vigile nel ricercare cose significative o suggestive.
Nel paesaggio che Philippe vede manca un vero e proprio soggetto ispiratore, qualcosa in grado di suscitargli intense visioni poetiche. Philippe preferisce allora tentare di scrivere un racconto iconico, attraverso la fotografia, dando in un certo senso la parola a uno strumento terzo meccanico, a un punto di vista neutrale, freddo e distaccato, come può essere una macchina fotografica, utilizzando una vecchia Polaroid. Il giornalista tedesco dopo aver scattato numerose foto trova conferma che la fotografia non è mai uguale alla realtà che riproduce, intesa quest’ultima come ciascuno di noi la vede e la sente, ma essa costruisce un mondo di immagini a sé, con delle tonalità di colori sempre diverse, infinite nelle loro bizzarre combinazioni, un mondo che tende a separarsi da ogni visione vissuta, una sorta di specchio opaco che deforma qualsiasi realtà ritenuta obiettiva ricordandoci la nostra presunzione visiva nel valutare le cose.
La fotografia è incapace di riflettere il senso delle cose esistenti per quello che presumibilmente sono, o come noi le percepiamo, imponendo un proprio modo di vedere assolutamente originale.
Le immagini appaiono come ombre della realtà che la vista ci prospetta, simboli oscuri, misteriosi di un mondo estremamente complesso ancora in gran parte sconosciuto.
Quando sul bordo della strada Alice fotograferà Philippe con la Polaroid gli dirà consegnandogli la foto: “..così vedi come sembri”.
Finito il lavoro e ritornato a New York nella sede distaccata del suo giornale per consegnare le fotografie, Philippe si vede respingere il reportage fotografico che non corrisponde per niente all’accordo fatto; il contratto prevedeva una storia scritta, da consegnare in breve tempo alla redazione. Dopo un duro scambio di parole con il redattore, che non comprende proprio le ragioni poetiche di Philippe, il giornalista viene liquidato.
Philippe, deluso dalle incomprensioni avute con la redazione di New York decide di ritornare in Europa, precisamente a Monaco sua città di appartenenza; ma all’aeroporto di New York incontra una connazionale di nome Liza (Lisa Kreuzer) con la figlia Alice (Yella Rottlander) di nove anni che gli cambieranno profondamente il suo stato d’animo.
A causa di uno sciopero del personale di bordo, i tre a New York non trovano un aereo disponibile per la Germania e sono quindi costretti a prenotare un volo di ripiego su un aereo che parte il giorno dopo per Amsterdam.
Philippe decide di passare la notte da un’amica di vecchia data a New York, ma la donna depressa e rattristata dalle condizioni morali di Philippe non se la sente di ospitarlo. Philippe viene invitato da Liza nel suo appartamento dove trascorrerà la notte dormendo con lei.
Al mattino la donna lascia un biglietto scritto per Philippe, nella portineria dell’Albergo, il messaggio molto allarmante raccomanda l’uomo di tenere la bambina perché lei deve raggiungere il suo ex amante Hans in crisi; l’impegno è di incontrarsi tutti e tre all’aeroporto di Amsterdam due giorni dopo.
Ma Liza non parte per Amsterdam, preferisce rimanere negli Stati Uniti, con il suo ex fidanzato che è disperato, incapace di darsi una ragione della perdita amorosa della donna. Liza, molto decisa nell’intenzione di voler abbattere il dolore di Hans di cui è ancora innamorata, ritorna da lui senza Alice, presumendo che la presenza della figlia avrebbe potuto turbare nuovamente la loro relazione, Hans infatti non è il vero padre della bambina.
Philippe dapprima si sente oppresso dalla sua nuova situazione di viaggio con Alice ma via via si affezionerà alla bambina, fino al punto di amarla segretamente come un padre. Dopo numerose avventure di sopravvivenza perché privi di soldi e lunghe peripezie informative in diverse città, alla disperata ricerca della nonna cui affidare la bambina, la polizia contatta Philippe proprio sul traghetto che sta portando il giornalista e la bambina dalla madre dell’uomo, quando ormai erano entrambi erano rassegnati a non trovare più le persone ricercate.
Philippe viene informato che sono stati individuate la madre e la nonna di Alice e che la bambina quindi potrà essere affidata a una delle due donne. I due dopo diverse giornate passate insieme a dialogare e ad affrontare le asprezze della situazione si lasciano a malincuore, il loro breve ma intenso rapporto li ha infatti trasformati, Philippe ha trovato il soggetto che cercava per la sua storia, Alice la gioia, fino a quel momento sconosciuta, di comunicare e giocare per lungo tempo con un adulto.
Questo film di Wenders uscito nel 1974 è il primo della trilogia della strada, che comprende anche Falso movimento (1975),
Nel corso del tempo (1976). Alice probabilmente è il film più riuscito dei tre sia dal punto di vista poetico e comunicativo sia da quello drammaturgico. Diversi i temi trattati e le esperienze fotografiche di rilievo.
Il tema della strada vista come occasione di un viaggio altro, dove non solo si guarda e si commenta ciò che scorre davanti agli occhi ma si partecipa anche alle realtà più animate e vive che si incontrano, mantenendo sempre uno sguardo attivo, lasciandosi rapire da realtà sociali ed esistenziali problematiche, coinvolgenti, di grande impatto emotivo.
Vicende di viaggio avvolte da desideri di conoscenza e trascendenza del brutto che si rimandano simultaneamente all’infinito in un gioco bizzarro, continuamente sull’orlo del dramma, marchiate da forme di crudeltà e egoismo che qualcuno sempre rilascia nel suo percorso e i cui segni rimangono scritti in modo indelebile per sempre.
Il tema del viaggio visto come una vera e propria avventura culturale, fuori moda, malinconica ma creativa, un film nel film, una finzione dai contenuti veri che solo così è in grado di creare un soggetto valido per scrivere un racconto.
Il tema dell’impossibilità per la fotografia e quindi per il cinema tutto di andare oltre la falsità formale del movimento, per l’incapacità della macchina da presa di riprodurre una realtà vera, poliedrica, sfuggente.
La complessità fisica e luminosa, estetica e visiva della realtà mette continuamente in ridicolo le pretese definitorie e totalitarie dell’avida vista umana.
Il tema delle sorprese esistenzialmente trasformatrici cui può portare il rapporto adulto-bambino creato dal caso, da una fortuita combinazione di eventi. Philippe riscoprire frequentando Alice parti molto giovanili di sé che rientrano prepotentemente in gioco nel suo presente in crisi ritrasformandolo verso nuove aperture esistenziali, allontanandolo da una vita chiusa da tempo in un vicolo cieco.
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