Always
Titolo originale: Ohjik Geudaeman
Corea: 2011. Regia di: Song Il-gon
Genere: Drammatico
Durata: 108'
Interpreti: So Ji-sub, Han Hyo-joo, Kang Shin-il, Park Cheol-min, Yun Jong-hwa, Jo Sung-ha
Sito web italiano:
Nelle sale dal: Inedito
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Nicola Picchi
L'aggettivo ideale: Artificiale
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Jang Cheol-min è un ex pugile che ha trovato un impiego come guardiano notturno in un parcheggio. Ha Jeong-hwa è una ragazza che lavora come telefonista in un call center.
Una sera Jeong-hwa si presenta da Cheol-min, e il ragazzo capisce che Jeong-hwa, essendo cieca, lo ha scambiato per il custode precedente.
Tra i due nasce un’amicizia, che si trasforma ben presto in un sentimento più profondo.
“A simple twist of fate”, direbbe Dylan, fa incontrare i due protagonisti di questo mélò di Song Il-gon, uno scherzo del destino tanto più atroce in quanto le loro esistenze erano già entrate in rotta di collisione in un lontano passato, con esiti tragici per entrambi.
Cheol-min, promessa del pugilato, aveva abbandonato la sua carriera per dedicarsi al più lucrativo settore del recupero crediti per conto degli usurai, ma le conseguenze di un brutale pestaggio gli erano costate alcuni anni di prigione. Jeong-hwa era una brillante studentessa che, uscita per festeggiare il conseguimento della laurea, aveva avuto un incidente d’auto che aveva provocato la morte dei genitori e la sua cecità. Due personaggi ai margini della società, una disabile e un ex detenuto, entrambi orfani, emotivamente instabili e caratterialmente agli opposti. Tanto Cheol-min è cupo e di poche parole, quanto Jeong-hwa è estroversa e comunicativa. Naturale che i due s’innamorino, ma il destino ha in serbo per loro altri colpi bassi.
“Always” segna l’ingresso del regista Song Il-gon nel cinema commerciale, dopo lavori più autoriali come “Dance of Time” (2009) e il bel “Spider Forest” (2004). Questa volta Song non usa il fioretto ma l’artiglieria pesante, almeno a livello di script, decidendo di seguire tutti i cliché del melodramma, con contorno di disabilità, trapianti e coincidenze miracolistiche che mettono a dura prova la sospensione dell’incredulità. Materiale da “drama” televisivo, insomma, maneggiato con evidente titubanza e qualche esitazione, dettata forse dal pudore residuo dell’autore.
Così si mescolano pulsioni contraddittorie, le quali stentano a trovare un equilibrio. Da una parte c’è una certa pretesa di realismo sociale nel descrivere l’ambiente dei boxeur di piccolo cabotaggio e il sottobosco della microcriminalità, dall’altra l’abbandono acritico agli stilemi del genere, agli strazi del cuore e ai turbamenti dello spirito richiesti dal genere di riferimento.
L’unione non è sempre felice, anche perché Song sceglie di non calcare la mano nei momenti più sentimentali e sciropposi, rifiutando al contempo di esercitare un controllo più rigoroso sulle modalità della rappresentazione. In questo modo rifugge dagli eccessi potenzialmente incendiari della sceneggiatura, che a questo punto sarebbe valso incentivare sfacciatamente, ma anche dalla rarefazione estrema di tanti mélò coreani (basti pensare a Hur Jin-ho o al recente “Late Autumn” di Kim Tae-yong), adagiandosi in una medietà poco entusiasmante e molto televisiva.
A meno che, e il dubbio s’insinua come un tarlo, i serial tv che Cheol-min e Jeong-hwa seguono con tanto interesse nelle sequenze iniziali, non costituiscano una dichiarazione d’intenti del regista, a sottolineare l’adesione a una poetica giudicata più spendibile sul mercato.
Man mano che ci si inoltra negli snodi della sceneggiatura, scritta dallo stesso regista con No Hong-jin, ci accorgiamo che “Always” diventa sempre più ricattatorio: quello intrapreso da Cheol-min è un percorso di espiazione, dato che l’uomo è stato indiretto responsabile dell’incidente che è costato la vista a Jeong-hwa.
Per sostenere i costi del trapianto di cornee, deciderà allora di partecipare a un incontro clandestino di boxe in Thailandia, ben sapendo che potrebbe rimetterci la vita. Nulla di meglio per suscitare, con una buona dose di cinismo, reazioni pavloviane nel pubblico delle soap opera, indifferenti al fatto che quello che pulsa sia un cuore artificiale.
Il problema è che il melodramma non sembra essere nelle corde di Song Il-gon, e anche lo stile, piuttosto anodino e irresoluto, non è all’altezza delle sue opere precedenti.
“Always” trova qualche motivo d’interesse solamente nell’ottima chimica tra i due attori principali: l’ex modello So Ji-sub, già apprezzato in “Rough Cut”, e la brava Han Hyo-joo (Ad Lib Night), che però non regge il confonto con l’altra non vedente dell’ultima stagione coreana, la Kim Ha-neul di “Blind”, meritatamente omaggiata ai Daejong Film Awards.
La strategia del regista si è però rivelata vincente, dato che il film è stato selezionato per inaugurare l’ultima edizione del Festival di Busan, aggiudicandosi buoni incassi in patria.
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