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American Beauty PDF Stampa E-mail
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Scritto da Francesco Manca   
mercoledì 07 gennaio 2009

American Beauty
Titolo originale: American Beauty
USA: 1999. Regia di: Sam Mendes Genere: Drammatico Durata: 130'
Interpreti: Kevin Spacey, Annette Bening, Thora Birch, Wes Bentley, Mena Suvari, Chris Cooper, Peter Gallagher, Allison Janney, Scott Bakula, Sam Robards
Sito web: www.dreamworks.com/ab
Nelle sale dal: 21/01/2000
Voto: 10
Trailer
Recensione di: Francesco Manca

Uno dei film più belli che abbia mai visto...

americanbeauty_leggero.jpegL'esordiente Sam Mendes ci racconta la follia della normalità contrapposta alla normalità della follia, che vanno a comporre un'opera corale, struggente e sconvolgente che resterà scolpita negli annali della Storia del Cinema.
I protagonisti sono "imprigionati" in una realtà cinica, selettiva ed estremamente crudele, che riesce soltanto a farli sentire insicuri e pessimisti, costretti a cercare quel "qualcosa" di talmente importante e fondamentale che manca alla loro esistenza.
Questo comporterà la (definitiva) rottura di un matrimonio (quello tra il protagonista Lester Burnham (Spacey) e la moglie (Bening)), in un certo senso, già lacunoso in partenza, e questo avvinemto si ricollegherà ad altri che si susseguiranno durante il corso della storia.

Ciò che più colpisce in "American Beauty" è il modo così intimo e, nello stesso tempo, distaccato con cui Mendes narra la vicenda ed entra in contatto con i personaggi, visibilmente tormentati e afflitti dal delirante mondo "costruito su misura" apposta per loro. Il loro è un mondo disorientato, nel quale si fa fatica ad allacciarsi a dei punti di riferimento (umani). Intorno c'è il vuoto, e quella (apparente) perfezione e minuziosità che li circonda è solo un'illusione e, in qualche modo, un pretesto per cercare di condurre la propria esistenza in modo "sano" ed onesto. Se visto attentamente, da "American Beauty" traspaiono numerose analogie e punti d'accordo con quello che è, a mio avviso, uno dei simboli del cinema degli anni '90: "The Truman Show" di Peter Weir.

I due film sono "collegati" tra di loro per via di una struttura narrativa molto simile: c'è una città, una famiglia, un matrimonio, dei vicini, un lavoro, una realtà; è quest'ultimo aspetto che più accumuna le due pellicole, proprio per il (semplice) fatto che la realtà non è, come sembra in apparenza sia ai personaggi che allo spettatore, Reale, ma è, invece, drammaticamente (?) Finta.
In "Truman Show" il protagonista (Jim Carrey) è, a sua insaputa, "sorvegliato" da migliaia di telecamere nascoste, ed è il protagonista (Involontario) di uno dei reality-show più seguiti in America, mentre, il protagonista maschile di "American Beauty" (un Idilliaco Kevin Spacey) è, in qualche modo, il riflesso di Carrey nel film di Weir, con la sola differenza che Spacey non è filmato da nessuna telecamere e ciò che vorrebbe veramente è, forse, solo un pò di attenzione nei suoi riguardi, al contrario di Carrey che, al contrario, è alla ricerca di un pò di solitudine ed è fortemente intenzionato a trovare un contatto con la vita Vera.
Ora che ne stiamo parlando, è d'obbligo un rimando al finale di "Truman Show", in cui il protagonista riusciva finalmente a trovare l'uscita della vita "falsa" per congiungersi a quella "vera", e il suo "Creatore" Christoph (Ed Harris) lo avvertiva di restare al sicuro dentro il Suo mondo anzichè avventurarsi all'oscuro nella realtà malata che c'è "al di fuori". Ebbene, è forse quella che vediamo in "American Beauty" la realtà malata di cui parlava Christoph?

E' solo un opinione arbitraria, ma quello che è quasi certo è che i personaggi interpretati da Spacey e Carrey si somigliano, e non poco, e, sempre secondo un personalissimo pensiero, Mendes era intenzionato a ricreare la stessa atmosfera che era riuscito a creare Weir in un contesto che appare solo inizialmente differente.
Detto questo, una menzione speciale va al cast: oltre che al già citato Kevin Spacey, vanno citati anche la bravissima Annette Bening fiancheggiata dalle sinuose Mena Suvari e Thora Birch, a loro volta affiancate dall'ottimo Wes Bentley cui succede il sempre impeccabile Chris Cooper, più un ruolo marginale di Peter Gallagher ("Sesso, bugie e videotapes", "Torbide ossessioni").
Il film si conclude con un'agghiacciante ed onirica riflessione di Lester Burnham (Spacey) che si accinge a trascorrere, come lui stesso afferma, il "resto della sua vita", un punto di (non) ritorno che ci introduce alla ricerca infinita della coscienza che abbiamo perso durante la nostra vita precedente. Se si provi piacere o meno, non si potrà mai sapere.
Quello che è certo è che le storie non conoscono la parola "FINE", una su tutte, "American Beauty".

 
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