Enter the Void
Titolo originale: Enter the Void
Francia, Germania, Italia: 2009. Regia di: Gaspar Noé Genere: Drammatico Durata: 153'
Interpreti: Nathaniel Brown, Paz de la Huerta, Cyril Roy, Olly
Alexander, Masato Tanno, Ed Spear, Emily Alyn Lind, Jesse Kuhn, Nobu
Imai, Sakiko Fukuhara, Janice Béliveau-Sicotte, Sara Stockbridge, Stuart
Miller, Emi Takeuchi
Sito web ufficiale: www.enterthevoid-lefilm.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 09/12/2011
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Marco Aresu
L'aggettivo ideale: Egocentrico
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Nei bassifondi di una Tokio decadente, il giovane Oscar (Nathaniel Brown) si guadagna da vivere spacciando droga e passa il tempo a fumare DMT, una potente sostanza allucinogena.
Linda (Paz de la Huerta), sua sorella minore, divide con lui l’appartamento e lavora come ballerina in un night club. Dopo aver perso entrambi i genitori in tenera età, i due hanno maturato un legame così profondo, che dopo la morte violenta di Oscar, il suo spirito continuerà ad aleggiare su Linda.
Con due anni di ritardo arriva in Italia (distribuito coraggiosamente dalla Bim) “Enter the Void”, l’ultima fatica dell’eclettico Gaspar Noè. Dopo il famoso stupro ai danni di Monica Bellucci e il montaggio inverso di “Irreversible”, il regista argentino torna a Cannes nel 2009, pronto ancora una volta a stupire e a far storcere il naso a critica e pubblico.
Un lungo viaggio psichedelico impregnato di droga e sesso, sospeso in un limbo tra la vita e la morte per un’opera imponente, discontinua e ridondante ma visivamente impressionante.
Noè ci catapulta dentro la storia a modo suo: le vicende sono mostrate dal punto di vista di Oscar in tre modalità: un’inquadratura soggettiva attraverso gli occhi del protagonista, un’inquadratura in terza persona (stile videogame) utilizzata per i ricordi e un’inquadratura esterna, fluttuante, che rappresenta lo spirito, il viaggio. La narrazione è intervallata da numerosi flashback e da sequenze lisergico-epilettiche.
150 minuti sono tanti, troppi per una sceneggiatura che dopo 60 minuti di proiezione ha già detto tutto e lascia spazio alla regia pura. Una regia sperimentale e innovativa, che viaggia con lunghi piani sequenza, deforma la realtà con grandangoli, fluttua con carrellate aeree. Ok, Noè è bravo, ma è pure presuntuoso: il suo “melodramma psichedelico” ha le pretese di una riflessione sul ciclo della vita, di un viaggio semi-cosciente verso la reincarnazione (come narra il “Libro tibetano dei morti” che Oscar sta leggendo), ma risulta ingenuo e provocatorio.
Se permettiamo a Malick di stordirci con il suo “The Tree of Life”, andiamo un po’ più cauti con Enter the Void: dopo una prima parte con una certa tensione narrativa, Noè abbandona i suoi personaggi, lasciandoli vagare come delle anime in pena in una Tokio resa fluorescente dai Neon. Nonostante le capriole della macchina da presa alternate agli effetti digitali, le sequenze diventano ripetitive.
Enter the Void non è il solito film da sabato sera al cinema e solo per questo andrebbe visto.
Bisogna però fare attenzione alla regia egocentrica e autoreferenziale, che per oltre due ore mette a dura prova lo spettatore meno preparato. Una pellicola che si può solo amare o odiare, senza mezze misure.
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