Giulia non esce la sera
Titolo originale: Giulia non esce la sera
Italia: 2008. Regia di: Giuseppe Piccioni Genere: Drammatico Durata: 120'
Interpreti: Valeria Golino, Valerio Mastandrea, Sonia Bergamasco,
Antonia Liskova, Piera Degli Esposti, Lidia Vitale, Paolo Sassanelli,
Sasa Vulisevic, Fabio Camilli, Domiziana Cardinali
Sito web:
Nelle sale dal: 27/02/2009
Voto: 9
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
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Giuseppe Piccioni si rimette dietro la macchina da presa dopo una lunga pausa, realizzando un film straordinariamente intenso, ricco di humus, un film fondamentalmente drammatico stemperato da risvolti buffi.
Tutti questi elementi sono bilanciati con leggiadria. Regala una storia impeccabile.
Un film che riesce a toccare le corde più profonde di ognuno senza tratteggiare stereotipi. Parla di persone normali non in conflitto con gli altri, ma una volta tanto in conflitto con se stessi, con i propri desideri, con il personale modo di vivere la propria esistenza, o di non viverla. Ne rimangono al di fuori guardandola scorrere come quando si sta davanti una finestra o sulle soglie di una porta e si osserva il mondo che passa senza partecipare, senza esserne una parte integrante e attiva.
Il tema principale espresso nel film è proprio questo: lasciare che la propria vita scorra rimanendo sulla soglia.
Guido è uno scrittore che partecipa ad un premio letterario, rientrato nella rosa dei cinque finalisti.
Un giorno la figlia Costanza gli fa capire chiaramente che non ama andare in piscina e prendere lezioni, così decide di frequentarla lui stesso.
In piscina conosce Giulia, la sua istruttrice, che con i suoi modi un po’ bruschi lo stimola a imparare a nuotare. Guido ne rimane subito affascinato e le chiede di uscire la sera beccandosi un rifiuto.
I giorni passano e Guido e Giulia cominciano a parlare e confidarsi. Lo scrittore scopre che la donna ha ucciso un uomo.
Negli intenti del regista c’era quello di raccontare una storia al centro della quale ci fosse la figura di uno scrittore che non fosse un intellettuale. Piccioni ha cercato di non renderlo banale e che non ci fosse il solito cliché dell’ambiente letterario. Il regista si mette nella posizione di raccontare il tutto da un punto di vista di chi non vi appartiene. Guido si sente, e in fondo lo è, un estraneo di quel mondo, un mondo in cui ci si trova dentro suo malgrado e che vive a modo suo.
Ogni qualvolta gli viene posta la domanda di come avesse iniziato a fare lo scrittore, Guido risponde affermando che non lo sa neanche lui, quasi ci fosse finito per caso a scrivere e non da un desiderio profondo e ponderato, semplicemente gli è capitato. Nella vita di Guido tutto capita, nulla viene programmato, progettato, desiderato. L’unico vero rapporto in cui sa dare qualcosa è quello con la figlia Costanza, forse anche senza rendersene conto.
La situazione cambia molto lievemente quando entra nella sua vita Giulia, che gli accende una forma di desiderio latente. Giulia è l’ombra di Guido, rappresenta il suo desiderio di vivere, di manifestarsi.
Giulia è un uragano di emozioni, ma tutto sommato non scalfisce l’esistenza di Guido.
Su di lei pesa come un macigno il ricordo di ciò che ha fatto. L’unica possibilità di sopravvivere sembra essere quella di estraniarsi da tutti, ha abbandonato la speranza di poter parlare con la figlia e riprendere un pur minimo rapporto.
La piscina è l’ambientazione strettamente correlata ai due protagonisti. Il luogo dove imparare gesti concreti e vitali come respirare, coordinare il movimento degli arti, stare a galla, raggiungere un obiettivo, 25 vasche prima 50 poi. La piscina è l’ambiente narrativamente più presente e significante. Il regista l’ ha scelto perché in piscina, come in nessun altro sport, è totale il distacco, la sospensione dal mondo circostante. La piscina è capace di accogliere Guido e Giulia, due persone in fuga dalla vita. Un luogo in grado di escluderli dal mondo, facendogli prendere fiato per un momento dalle ansie della quotidianità e dalle amarezze del passato. Nella soggettiva sonora in cui entrambi si immergono nell’acqua, i due osservano gli altri nuotare, ovvero il mondo esterno. Li accomuna lo stesso modo di vedere l’altro.
La trasposizione visiva dei personaggi, creati da Guido, dona un tocco di poesia al film.
Guido vorrebbe essere ammaliato e trascinato via da qualcosa o qualcuno e lo fa attraverso i suoi racconti, lì risiede il suo vero io.
Il regista accomuna il sogno alla realtà nel momento in cui Guido è addormentato accanto al computer e i suoi tre personaggi si avvicinano per leggere la nuova storia che il loro creatore ha iniziato: quella di Giulia.
Nella loro semplicità sono degli accorgimenti che arricchiscono il film, infondendogli un’aura fantastica in alcune sequenze.
Un altro tocco magico viene conferito dai due personaggi che Guido incontra in ascensore lodandolo per il suo lavoro. Verso la fine del film i due personaggi si ripresentano, Guido e con Costanza, tutti intorno a loro sono inquadrati in un immagine congelata, si scopre solo in quel momento che quelle due persone non sono reali, nonostante ciò Costanza li vede.
Questo sottolinea il legame saldo che li unisce. Il regista ha utilizzato degli accorgimenti tecnici che esaltano e danno slancio al racconto.
Il finale lascia emotivamente Guido come all’inizio del film, con la sua malinconia e apatia.
Piccioni ha saputo dirigere egregiamente tutti gli attori.
Con Valeria Golino ha cercato di raccontare la solitudine del personaggio attraverso il suo sguardo e il tono della voce, che conferiscono l’idea del vuoto incolmabile che Giulia possiede.
L’attrice ha saputo dosare le armi in suo possesso.
Lo stesso dicasi per Valerio Mastrandrea calato perfettamente nella parte di Guido, riuscendo a modulare una personalità sfuggente.
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