Il cigno nero
Titolo originale: Black Swan
USA: 2010. Regia di: Darren Aronofsky
Genere: Drammatico
Durata: 103'
Interpreti: Mila Kunis, Natalie Portman, Winona Ryder, Sebastian Stan, Vincent Cassel, Christopher Gartin, Toby Hemingway, Janet Montgomery, Barbara Hershey, Kristina Anapau, Ksenia Solo, Adriene Couvillion
Sito web ufficiale: www.blackswan2010.com
Sito web italiano: www.foxinternational.com/it/ilcignonero
Nelle sale
dal: 18/02/2011
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Inquieto
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E’ una soluzione sommaria e banale condurre un disinvolto confronto fra i due ultimi lavori di Darren Aronofsky,”The Wrestler” e “Cigno nero”.
Fatto salvo per l’indiscutibile valore delle due pellicole,entrambe segni di grande cinema,sarebbe riduttivo per ambedue i titoli ridurre il paragone ad un fil rouge che li accomunerebbe solo in minor misura ed in modo per nulla adeguato.
Due viaggi nelle pieghe di esistenze tormentate e doloranti,le due storie sondano profondità incoerenti e complesse,muovendosi nelle regioni del cuore che è sede dei conflitti più acuti che un’anima può ospitare.
Ma “Cigno nero” sosta solo per poco al fianco di “The Wrestler”,per poi muoversi nella direzione del sottile confine fra immaginazione e realtà in un sacrificio esistenziale che chiama a sé la pericolosa dualità fra bene e male,tenebre e luce. L’apparente corrispondenza fra i due film si sviluppa nel breve segmento che cattura il travaglio e il fatale olocausto fisico e psicologico dei protagonisti,atleti ed esseri umani,ma là dove Aronofsky tratteggia i lineamenti di Randy The Ram nei toni pietistici di un piglio compassionevole,il buio e l’ossessione infestano l’anima disturbata di un’artista in bilico fra perfezione e follia.
Le due storie,l’una di un declino l’altra di un’ascesa,s’incrociano nello stesso punto d’incontro fra incubo e realtà,in una dimensione smisurata di sofferenza ed annullamento umano.
Nina (Natalie Portman) è una ballerina del corpo di ballo di New York City.
La sua professione la consuma fisicamente ed intimamente,non lasciandole altro spazio nella vita che la sua passione che la donna persegue con bramosia e tormento,in cerca di quello stato di perfezione che solamente potrebbe appagarne l’ambizione.
Nina vive con la madre Erica (Barbara Hershey),ex ballerina anch’essa e dalla quale subisce l’influenza di un rapporto ai limiti del morboso.
Quando il direttore di ballo Thomas Leroy (Vincent Cassel) decide di rimpiazzare la prima ballerina (Winona Rider) per la nuova stagione del Lago dei Cigni,Nina sembra essere la favorita,con la possibile alternativa della disinibita collega Lily (Mila Kunis) più adatta a impersonare nel Cigno Nero sensualità e astuzia.
Nina,fragile e sensibile,è più allineata alle caratteristiche del Cigno Bianco,ma Thomas è determinato a trovare chi delle due sia in grado di interpretare con più credibilità le controverse personalità del Cigno Bianco e del Cigno Nero e per fare questo non si nega alcun espediente non escluse provocanti avancès sessuali alla timida Nina.
Quando la rivalità fra le due ballerine si accende e cresce d’intensità,Nina incontra il suo lato nascosto e oscuro in una discesa in un abisso nel quale la donna rischia di perdersi per sempre.
Un Aronofsky in stato di grazia non si limita a narrare una storia di confronti e ambiguità fra artisti,ma dipinge un quadro con i colori gravidi di brutale fisicità e vulnerabilità psicologica,dove il balletto è solo termine di metafora per una tragedia tutta umana.
Con un ritmo narrativo di inarrivabile tensione emotiva,il regista innesca un doloroso processo di deterioramento mentale della protagonista divenuta preda del dualismo fra creazione e distruzione,polarità espressa dal regista in forma visiva in frequenti occasioni nel corso del racconto,fra passaggi di chiari-scuri,luci ed ombre e immagini riflesse in vetri e specchi,come spettri onnipresenti di uno sdoppiamento inevitabile e fatale.
Nella figura del Cigno Regina l’ossessione di Nina si trasforma in possessione e la perfezione,oggetto della concupiscenza,diventa soggetto predatore di una mente ormai vittima di una brama incontrollata.
Aronofsky non si sofferma su considerazioni etiche o suggestioni moralistiche.
Il regista mira diritto al cuore di Nina,dove si agita il suo conflitto interiore.
Il balletto è solo la metafora visiva per fare spazio ad un viaggio nei recessi angoli di una personalità spaccata in una condizione di paranoia feroce come l’invidia ed imbellettata dai segni della bellezza e dell’armonia.
La percezione è fortemente aggredita dallo stridente contrasto fra l’innocenza di Nina e il mistero che aleggia fra realtà e immaginazione,illusione e verità,a ridosso del tenue confine fra purezza e smarrimento.
Se in “The Wrestler” la carnalità ferita di Randy accompagna allegoricamente il declino e la sconfitta del protagonista,il Cigno nero è un alto grido di dolore di una sofferta rivelazione interiore,nel luogo dove le ombre di imprevisti fantasmi si agitano nella danza segreta di una crudele follia.
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