Il matrimonio di mia sorella
Titolo originale: Margot at the Wedding
USA: 2007 Regia di: Noah Baumbach Genere: Drammatico Durata: 98'
Interpreti: Con Nicole Kidman, Jack Black, Jennifer Jason Leigh, John Turturro, Ciarán Hinds, Flora Cross, Barbara Turner
Sito web:
Nelle sale dal: In dvd - Inedito Cinematografico
Voto: 7
Recensione di: Denis Zordan
Esce in sordina direttamente in dvd l’ultimo lavoro di Noah Baumbach, diventato dopo il suo bel Il Calamaro e la Balena uno dei cineasti di punta del cinema indipendente americano. Modalità d’uscita piuttosto strana se pensiamo che la protagonista è Nicole Kidman e che nel cast ci sono volti noti come Jack Black e Jennifer Jason Leigh.
Margot (Nicole Kidman) è una scrittrice insoddisfatta e nevrotica: i giorni che precedono il matrimonio della sorella Pauline (Jennifer Jason Leigh, attuale moglie del regista) con Malcolm (Jack Black), un perdente dalle pretese artistiche, saranno l’occasione per fare i conti con se stessa, con il rapporto che la lega alla sorella, al figlio e al compagno, e infine con le sue insicurezze, paure e tradimenti.
Succede poco e succede molto nella storia scritta dallo stesso Baumbach. Sarà banale dirlo, ma la bellezza di questo film sta tutta nello sguardo limpido con cui la regia guarda ai personaggi rispettandoli per quello che sono. Baumbach ha un approccio onesto con le due sorelle scorrendo dalle crisi di pianto e dalle masturbazioni notturne di Margot alle pieghe del passato di violenze familiari, mettendo in luce le loro incomprensioni - le due sorelle sembrano volta a volta amiche o rivali -, i cedimenti, le asprezze e i momenti d’abbandono del rapporto; ma quel che è più importante, e soprattutto, la regia ha sempre l’accortezza di non fermarsi e di non sottolineare nulla con morbosità, di evitare accuratamente il rischio di suggerire significati eccessivi per i singoli avvenimenti (Margot che litiga con una coppia di vicini che a suo dire maltrattano la figlia, Jack che cede alla provocazione sessuale della giovane figlia dello scrittore con cui Margot ha una relazione extraconiugale, i turbamenti dei figli adolescenti di Margot e Pauline). E se il nume tutelare della pellicola si può ancora considerare a buon diritto il Woody Allen di Hannah and Her Sisters e di Interiors per la dissezione impietosa dell’universo familiare, la prospettiva non è quella di un cupo e disperato mondo bergmaniano, ma più modestamente quella dei membri di una famiglia allargata che cercano di guardare al domani con speranza, pur nella difficoltà di fare i conti con il dolore del passato e le fragilità del presente, rimanendo alle prese con una necessità di crescere e di appropriarsi di se stessi che non è propria solo dell’età adolescente. Anzi.
Con il titolo italiano che gli hanno appioppato, questo film rischia d’essere confuso e trascurato tra le tante insulse commedie di argomento matrimoniale che impestano il mercato: ma, una volta di più, sarebbe un vero peccato. Certo che ormai è difficile stupirsi di qualsiasi cosa in questo nostro assurdo paese che continua ad ignorare, tanto per dirne uno, l’ultimo film di Romero (forse in autunno?) e che distribuisce in sala a luglio e con secoli di ritardo i film di Guy Maddin e Werner Herzog. Vergogne endemiche: usque tandem?
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