Il Peso dell'aria
Titolo originale: Il Peso dell'aria
Italia: 2007 Regia di: Stefano Calvagna Genere: Drammatico Durata: 110'
Interpreti: Brunella De Nardo, Giampiero Lisarelli, Stefano Calvagna, Corinne Clery, Claudio Angelini, Letizia Letza, Cinzia Mascoli, Stefano Antonucci, Vincenzo Crocitti, Crisula Stafida, Stefano Pantano, Francesca Antonelli
Sito web: www.pokerfilm.it/ilpesodellaria
Nelle sale dal: 03/07/2008
Voto: 5,5
Recensione di: Marzia Gandolfi
Carlo è impiegato presso un autosalone ed è sposato con Laura, una giovane donna laureata, incalzata dalla precarietà e in cerca di un contratto a tempo determinato. Costretto dalla sua principale alle dimissioni, Carlo mette e legge annunci senza risultato. In un prestigioso maneggio di Roma incontra Stefano, un vecchio compagno di liceo e sedicente finanziatore. Ignaro dell’illecita attività dell’amico e deciso a conquistare per sé e la moglie una piena stabilità, Carlo ottiene da lui un prestito da investire sul futuro e in un vecchio casale nella campagna umbra. L’affare promettente sfumerà e Carlo e Laura saranno costretti a nascondersi per sfuggire al loro strozzino e ai suoi implacabili esecutori.
È bene chiarirlo subito, Stefano Calvagna non ha il talento visivo e la sensibilità fuori dal comune di Paolo Sorrentino, che con L'amico di famiglia aveva già affrontato il tema esecrabile dell'usura, una delle patologie topiche e antropiche dell'Italia contemporanea. Allo stesso modo il regista romano del Lupo, riferisce di un mondo dominato dalla volgarità, dove chi è vittima della precarietà e di principali laidi e amorali chiede soldi a usura per inseguire un sogno di benessere, per comprarsi l'ultimo e corredato telefonino, per farsi uno scooter appariscente, spinto dalla patologia di sentirsi almeno per un giorno esaudito e benestante.
Per quanto apprezzabile, il tentativo di indagare dentro la piaga sociale dell'usura e di mettere in discussione l'intero sistema sociale non trova nel cinema di Calvagna un corrispettivo narrativo e formale maturo.
Televisivo e naïf, Il peso dell'aria è incapace di costruire un'epica a partire dalla cronaca.
Siamo insomma lontani dal cinema civile o di denuncia che ieri coincideva con l'opera autoriale di Petri, Rosi e Damiani e oggi con quella di Garrone e Sorrentino. Il problema non è soltanto "estetico", insieme a una evidente standardizzazione drammaturgica ed espressiva, Il peso dell'aria riduce il reale a un mero sfondo, su cui risaltano le figure stereotipate dell'usuraio, dello stesso Calvagna, e le vittime di Giampiero Lisarelli e Brunella De Nardo. La desertificazione morale dei personaggi non rimbalza mai sui luoghi e sui paesaggi.
Se per Sorrentino l'Agro Pontino è il teatro di una putrefazione morale che per estensione rappresenta il paese e il mondo globalizzato, la Roma di Calvagna è una città posticcia, riciclo di quella vera, ricostruita a Cinecittà e abitata da cattivi tout court. Diversamente dallo strozzino Geremia di Giacomo Rizzo, il faccendiere di Calvagna è tratteggiato in maniera sommaria, non è un cattivo per necessità né tantomeno possiede doti di insospettabile umanità.
Il cinema girato da Calvagna è un cinema indipendente che coraggiosamente si autoproduce e si autodistribuisce, sopravvivendo accanto a quello ufficiale e provando a contrapporsi alla dilagante industria dello spettacolo nostrano e americano. E questo gli va riconosciuto, non di meno il regista romano produce un cinema didascalico al limite della semplificazione e della disambiguità, che avrebbe bisogno di un qualche "aggiustamento" in previsione di un Peso dell'aria parte seconda.
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