Il vento fa il suo giro
Italia: 2005. Regia di: Giorgio Diritti Genere: Drammatico Durata: 110'
Interpreti: Thierry Toscan, Alessandra Agosti, Dario Anghilante, Giovanni Foresti
Sito web: www.ilventofailsuogiro.com
Voto: 9
Recensione di: Chicco D'Aquino
Storia di un pastore errante.
Note e appunti su Il vento fa il suo giro
L’ultima fatica di Giorgio Diritti, Il vento fa il suo giro, pluripremiato a casa e in trasferta, considerato da critica e pubblico piccolo capolavoro sui cambiamenti, sulle relazioni comunitarie e le “strutture” portanti dei gruppi umani legati dalla storia, dalla vita, dalle attività secolari ormai perdute non è un semplice film con trama, contenuto, personaggi, ambientazioni e quant’altro. E’, e vuol essere un inno, seppur aspro, rude, malinconico alla mutevolezza degli andirvieni esistenziali di un pastore francese, ex insegnante che decide di vivere in una sperduta vallata delle alpi occitane con moglie e figlioletti. Poche malghe incastonate le une alle altre abitate malamente da abitanti sconfitti dalle ingiurie della modernizzazione- spopolamento e emigrazione a valle- rappresentano una scenario ad alta intensità poetica, naturalmente mistica.
Ad una integrazione non facile tra valligiani timorosi degli eventuali successi dell’allevatore seguirà un periodo felice, fatto di fatiche e lotte, di incomprensioni reciproche e altruismi calibrati sul filo della ricerca dell’autentico, della realizzazione di sé, della disponibilità all’altro. Il finale non addomesticabile ai clichè di una certa cinematografia transoceanica lascia spazio al sogno che colora e appassiona, che suscita reazioni controverse nel segno del possibile “qui ed ora”.
Diritti usa la macchina da presa con grazia infinita, dalle inquadratura a campo lungo ai primi piani mai retorici, insistendo a ragione con raffinata maestrìa sullo straordinario scenario della Val Maira, tra creste impervie e declivi dolci e immacolati.
L’insistenza sulla natura immacolata, apparentemente immutabile ben si salda con una sorta di “purezza” antropologica dei residenti, inconsapevoli custodi gelosi di tradizioni, di saperi, tramandati di padre in figlio nell’arco di secoli. In ciò ricorda il Piavoli dalla delicata pennellata filmica di impronta naturalistica aggiungendo un tocco realistico che il regista bresciano condensa nelle forme della natura iuxta propria principia, alfa e omega della specie umana.
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