La canzone più triste del mondo
Titolo originale: College Road Trip
Canada: 2003. Regia di: Guy Maddin Genere: Drammatico Durata: 100'
Interpreti: Mark McKinney, Isabella Rossellini, Maria de Medeiros, David Fox, Ross McMillan, Louis Negin, Darcy Fehr
Sito web:
Nelle sale dal: 18/07/2008
Voto: 6,5
Recensione di: Tirza Bonifazi Tognazzi
A Winnipeg, in Canada, la grande depressione ha causato una tale penuria che Lady Helen Port-Huntley, proprietaria di una fabbrica di birra, decide di indire un concorso mondiale che verrà trasmesso in diretta radiofonica per attirare in città quanti più forestieri possibile. L'esecutore della canzone più triste del mondo riceverà un premio di 25mila dollari, mentre lei guadagnerà sui beveraggi e si farà una buona pubblicità in vista della ratifica del XXI emendamento che a breve porrà fine all'era del proibizionismo.
Tra gli aspiranti concorrenti c'è Chester Kent, un impresario di Broadway sull'orlo del fallimento nonché ex amante della donna e testimone dell'incidente che l'ha privata di entrambe le gambe; il padre Fyodor Kent, un ex chirurgo ed ex alcolizzato da sempre innamorato della bella Lady Helen; e il fratello Roderick Kent, espatriato in Serbia dove ha conosciuto il calore di una moglie e l'affetto di un figlio, salvo poi perdere l'uno e l'altro. Con l'arrivo del fratello, Chester dovrà fare i conti con vecchi ricordi di famiglia sepolti sotto una lastra di ghiaccio e contendersi l'amore di Narcissa, una ninfomane serba con problemi di amnesia. Con qualche piccola modifica il soggetto di Kazuo Ishiguro, autore di Quel che resta del giorno, offre a Guy Maddin la possibilità di parlare dello sfruttamento del proibizionismo mantenendo il leitmotiv del suo cinema, già esibito nel primo cortometraggio, The Dead Father dove il regista canadese mostrava una predilezione per le contorte storie familiari e creava le basi della sua personalissima cifra stilistica.
Il bianco e nero sgranato e graffiato, l'illuminazione primitiva e ad effetto e le voci "invecchiate" artificialmente ricreano l'ambientazione del primo cinema sonoro che Maddin fa suo, stravolgendone i canoni linguistici a uso di una dialettica soft-porno ironica e stuzzicante.
L'esagerazione con la quale sono tratteggiati i caratteri principali, con le loro fobie (Roderick è affetto da ipocondria e non sopporta essere toccato), i loro cuori duri (Chester non ha mai provato il morso della tristezza in vita sua, neanche di fronte alla morte della madre, e non è capace di amare) e le loro maniache ambizioni (Fyodor, reo di aver deturpato il giovane corpo della sua amata, sogna di regalarle gambe di vetro piene di birra spumeggiante), alimentano l'atmosfera surreale del film e la dimensione onirica.
Dietro la sua parvenza ostica, La canzone più triste del mondo è una commedia semi-musicale gustosa, spiccatamente divertente e colta, elegante e un tantino grottesca nella messa in scena.
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