La fine è il mio inizio
Titolo originale: 127 Hours
Germani, Italia: 2010. Regia di: Jo Baier
Genere: Drammatico
Durata: 98'
Interpreti: Bruno Ganz, Elio Germano, Erika Pluhar, Andrea Osvart, Gianni Cavina, Nicolò Fitz-William Lay
Sito web ufficiale: www.lafineeilmioinizio.it
Sito web italiano:
Nelle sale
dal: 01/04/2011
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Intimista
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Questa si può dire essere la storia di una vita vissuta intensamente, quella del giornalista e scrittore Tiziano Terzani ((Firenze, 14 settembre 1938 – Orsigna, 28 luglio 2004) che, prima che abbia il suo epilogo, chiama vicino a sé il figlio Folco, che vive a New York, al fine di raccogliere l’esperienza e le conclusioni di una vita in un libro.
Folco giunge nel piccolo paesino della Toscana dove il padre si è ritirato in solitudine con la sola moglie accanto. I racconti dei suoi viaggi in Asia come corrispondente e della ritrovata spiritualità che lo hanno portato sull’Himalaya, per tre anni, vengono registrati su nastro e Folco diventa un ascoltatore attivo.
Il tempo che i due trascorrono insieme fa riaffiorare piccole ruggini tra padre e figlio, ma permette anche a Folco di scorgere nel padre un luce diversa. Il libro sarà pubblicato come Terzani aveva chiesto.
“La fine è il mio inizio” è la trasposizione cinematografica del libro omonimo di Tiziano Terzani (pubblicato da Longaresi nel 2006), diretto da Jo Baier, con una produzione tedesca nella persona di Ulrich Limmer e in collaborazione con Rai Cinema. Le parole del libro hanno preso vita nel mondo di celluloide, optando per un film che ruota tutto intorno a un padre che racconta e un figlio che ascolta in un unico luogo: la casa dei Terzani, senza far distogliere lo sguardo dello spettatore da queste due figure e dal loro modo intimo di confrontarsi.
Nessun flashback che mostri il passato, nessun panorama asiatico o himalayano, ma i paesaggi toscani con la loro poesia, in un’immersione totale nella natura, lontani dal traffico e dalle tecnologie cittadine, in un ritorno alla semplicità.
Ed è nella semplicità che regista e produttore hanno voluto girare il film: la famiglia Terzani ha acconsentito che la storia venisse raccontata nella loro casa in Toscana, dove lo scrittore ha trascorso gli ultimi mesi di vita.
La linea drammatica è volutamente esile, intesa a rispecchiare la personalità di Terzani, che non vedeva nella morte alcun dramma, anzi voleva che i suoi familiari non piangessero e non ne facessero una tragedia.
L’intento è stato quello di realizzare un film diverso dal solito, ricco di testo e monologhi, ponendo in primo piano una struttura classica come lo è una persona che racconta e l’altra che ascolta, sempre meno visibile nella società di oggi. Al centro di tutto c’è un uomo che presto morirà e che vuole raccontare la sua vita, ma soprattutto ciò che ha compreso lungo il suo cammino, perché ne abbia beneficio non solo il figlio ma tutti coloro che leggeranno il libro.
Un tema che si è voluto sviluppare è stato l’aspetto conflittuale che Folco aveva con il padre. In famiglia era la figura dominante e a volte ingombrante, poteva essere difficile rapportarcisi.
Proprio per il grande uomo che era, aveva un’opinione su tutto.
Terzani era un uomo curioso, che amava viaggiare e conoscere culture sempre diverse, “un pellegrino pagato” lo ha definito il figlio. Aveva un modo tutto suo di vivere e divertirsi, in ogni viaggio comprava gli oggetti più disparati nei mercati, dove conosceva la gente semplice e così conosceva le varie culture.
Per ciò che riguarda l’aspetto tecnico, la fotografia ha conferito molta enfasi, dando spazio a immagini suggestive, che trasportano fuori dal tempo, per assecondare l’ascolto dello spettatore.
La figura di Folco rappresenta lo spettatore, entrambi ignari di ciò che sta per dire Tiziano ed entrambi in ascolto per un momento che sanno non tornerà più.
Il tema onnipresente del film è la morte e i realizzatori l’hanno voluta mostrare non come il nemico, ma come una parte della nostra vita: ciò che è ma che non si vuol vedere per paura.
Nel film, scritto da Folco Terzani e Ulrich Limmer, sono stati ricostruiti solo momenti autentici, lasciando un messaggio da cogliere: “la consapevolezza di morire senza essere disperati.
Tristi si, ma non disperati. Poter accettare la morte come qualcosa che è stabilito per noi” spiega il regista.
“La fine è il mio inizio” è un film intimo, dalle immagini suggestive e con un attore straordinario come Bruno Ganz, che ha plasmato su di sé Tiziano Terzani, in un’interpretazione intensa e commovente. In alcune sue parti è un po’ lento, venendo a mancare le sollecitazioni, ma nel complesso è un film che dà molto.
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