La vita come malattia sessualmente trasmessa
Titolo originale: Zycie jako smiertelna choroba przenoszona droga plciowa
Francia, Polonia: 2000. Regia di: Krzysztof Zanussi Genere: Drammatico Durata: 99'
Interpreti: Zbigniew Zapasiewicz, Krystyna Janda, Tadeusz Bradecki, Monika
Krzywkowska, Pawel Okraska, Jerzy Radziwilowicz, Szymon Bobrowski,
Aleksander Fabisiak, Redbad Klynstra, Xavier Schliwanski
Sito web:
Nelle sale dal: In dvd - Inedito
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Francesco Carabelli
Krzysztof Zanussi ha dato vita ad un’opera interessante, ricca di spunti di riflessione etico-morali e non solo.
“La vita come malattia fatale sessualmente trasmessa” è un film sulla morte, su come questa possa essere vissuta da coloro che si apprestano a varcare la soglia, ma anche sui sentimenti che questo passaggio suscita nelle persone che stanno accanto al malato.
La morte può essere infatti vissuta diversamente a seconda della diversa concezione della vita, di coloro che si apprestano a passare nell’aldilà.
Zanussi non è moralista, affronta il tema in modo schietto parlandoci con sguardo disincantato di come vanno le cose nel mondo, dove la sofferenza è inscindibilmente legata alla paura che questa suscita e dove i principi cristiani si scontrano con le debolezze dell’uomo, fatto di carne e sangue, oltre che con i vizi della società.
Il film inizia con una digressione storica sulla vita di San Bernardo, capace di convertire un ladro di cavalli e di preparalo così alla morte per impiccagione decretata dai contadini che intendono sanzionarne il furto. Il ladro si lascia convertire da San Bernardo e affronta la morte pienamente fiducioso nella vita eterna.
Anche la fine del film ci parla di una morte, quella del professore e medico Berg, protagonista della vicenda narrata. Malato di tumore anch’egli cerca di prepararsi alla morte confrontandosi con gli insegnamenti cristiani, ma lasciandosi contemporaneamente andare a considerazioni pragmatiche che ne influenzano il comportamento: un rifiuto della sofferenza , che non manca tuttavia di lasciare aperta la strada alla compassione e all’amore verso coloro che gli stanno accanto.
Un amore disinteressato verso la gioventù che lo circonda quasi in un rapporto padre-figlio o insegnante-discepolo che sono l’altra faccia della medaglia di un atteggiamento di critica verso le convenzioni della società e della morale.
L’ultima provocazione di Berg sarà dal tavolo della sala di anatomia, dove inciterà il proprio allievo ad inciderne la salma con il bisturi, affermando che alla fine si tratta solo di un corpo.
Cinema ricco di serietà e di emozioni questo di Zanussi, dove fede e laicità si incontrano e lasciano spazio alla riflessione e al confronto.
L’ impianto narrativo e stilistico è molto televisivo anche se non mancano i movimenti di macchina ricercati (penso qui soprattutto alle sequenze iniziali) ed un uso delicato della luce.
Il cinefilo non mancherà di notare il film nel film narrato da Zanussi nei primi minuti della pellicola e non potrà non essere affascinato dalla vicenda della giovane coppia, il cui legame viene rinsaldato dall’incontro con Berg, proprio sul set del film.
Le vicende di questa coppia saranno il fulcro del film seguente di Zanussi “Il Supplemento”, che chiuderà questa bilogia del maestro polacco.
Ci sorprende la capacità del regista di narrare in due film distinti due storie che si intrecciano, senza lasciar trasparire la drammaticità degli eventi narrati in un film nell’altra pellicola e tenendo quindi desta l’attenzione dello spettatore in entrambe le pellicole.
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