L'estate d'inverno
Titolo originale: L'estate d'inverno
Italia: 2010. Regia di: Davide Sibaldi
Genere: Drammatico
Durata: 70'
Interpreti: Pia Lanciotti, Fausto Cabra
Sito web ufficiale: www.lestatedinverno.com
Sito web italiano:
Nelle sale
dal: 15/10/2010
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Mauro Missimi
L'aggettivo ideale: Sapiente
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Trovarsi davanti un prodotto italiano, appartenente ad un cinema “off”, indipendente, di nicchia, non di main streaming, fa sempre piacere. Fa ancora più piacere perché il regista, anche autore della sceneggiatura, Davide Sibaldi ha solamente 23 anni, ma le idee ben chiare sul tipo di cinema che vuole fare, e come renderle sullo schermo per trasmetterle al meglio.
Una regia veloce, giovane “al passo coi tempi”, ritmata da immagini sfocate di una cupa e piovosa Copenaghen contrapposte alla nitidezza e al calore dei colori della stanza d’albergo dove si snoda l’intera trama; tre telecamere contemporaneamente filmavano da diverse angolazioni, tutto girato in tempo reale, e ciò ha significato un gran lavoro in fase di montaggio.
Grande padronanza del mezzo perché se è vero che questa è la sua opera prima a livello di film, è altrettanto vero che ha alle sue spalle già una quarantina di cortometraggi e qualche medio metraggio con partecipazioni a numerosi Festival Internazionali.
Un testo molto teatrale, due personaggi in un luogo chiuso, azione ridotta al minimo, parole e discorsi che prevalgono sulle immagini. Ma l’azione è comunque veloce, i discorsi sono serrati, le “rivelazioni” dosate molto bene, si arriva a scoprire storia e personaggi in maniera graduale che incuriosisce lo spettatore e lo tiene all’erta. La musica è costante, incalzante, e ci accompagna per tutto il film, a volte troppo invadente andando a sovrapporsi persino ai dialoghi.
Dialoghi recitati egregiamente dalla coppia d’attori Pia Lanciotti e Fausto Cabra, provenienti dal teatro – ovviamente - , che “giocano” all’interno della stanza con continui cambiamenti di forza, di punti di vista, si allontanano e si avvicinano repentinamente, ridono e soffrono, piangono e si divertono, un gioco di ruolo dove ad ogni mossa viene subito replicata una contromossa.
Tutto nell’arco temporale di un’ora, tempo che Christian, cliente della prostituta Lulù, ha chiesto a quest’ultima solo per parlare e per conoscersi. Ed è questo l’incipit del film, al termine dell’amplesso sessuale fra i due che viene giustamente relegato in secondo piano nell’economia della storia.
Entrambi in fuga da qualcosa, dal passato ma anche dal futuro. Entrambi in cerca di qualcosa. Storie di violenze, psicologiche e non, ma soprattutto hanno in comune storie di abbandono di figli,di mariti, di donne.
Paura di vivere e di affrontare determinate realtà, scegliendo poi la via “più facile” dell’abbandono. Ma personaggi che offrono una qualche via d’uscita allo spettatore, mostrando quella forza e quel coraggio di confrontarsi e di mettersi in gioco, cercando di superare le proprie convinzioni e di crescere, capendo gli sbagli e vedendo le cose sotto un’altra ottica.
Un’ ora di tempo per aprirsi completamente, avendo intuito l’opportunità datagli dal caso di aver trovato nell’altro una persona capace di ascoltare e capire, proprio perché “proprietaria” dello stesso sentimento.
Un film che lascia ottime sensazioni, si ha l’impressione di aver visto qualcosa di interessante e comunicativo, di non aver perso tempo invano; lascia un sapore dolciastro di un’opera ( prima ) innovativa e ben indirizzata, per nulla banale, ispirata, a detta del regista, ai miti di John Ford e al più recente Lars Von Trier, che piacerebbe sicuramente molto più dei soliti ripetitivi blockbuster se non fosse purtroppo distribuita in pochissime copie.
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