Quella sera dorata
Titolo originale: The City of Your Final Destination
USA: 2009. Regia di: James Ivory
Genere: Drammatico
Durata: 118'
Interpreti: Anthony Hopkins, Omar Metwally, Laura Linney, Charlotte Gainsbourg, Hiroyuki Sanada, Norma Aleandro, Alexandra Maria Lara, Kate Burton
Sito web ufficiale: www.screenmediafilms.net/coyfd
Sito web italiano:
Nelle sale
dal: 08/10/2010
Voto: 6,5
Trailer
Recensione di: Daria Castelfranchi
L'aggettivo ideale: Nostalgico
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Poetico e al tempo stesso ironico, l’ultimo film di James Ivory si discosta dalla sua abituale produzione, che vede principalmente trasposizioni in costume, ed affronta una storia ambientata ai giorni nostri.
In realtà, come ha precisato lo stesso regista, un buon 40% della sua cinematografia tocca anche storie legate al presente ma si tratta dei suoi primi film, che qui in Italia conosciamo poco, o forse per niente. Citiamo tra questi Shakespeare Wallah, che negli Stati Uniti ebbe un grande successo di pubblico e critica.
Quella sera dorata è tratto dal romanzo di Peter Cameron: un romanzo vecchio stile, di quelli che vanno scomparendo. E’ una storia corale in cui gli attori si calano perfettamente, a partire da Anthony Hopkins, musa maschile di Ivory, che qui riveste il ruolo di Adam: un gay attempato e canzonatorio, legato da venticinque anni a Pete, un giovane adottato quando aveva solo 14 anni e con cui ora divide tutto (interpretato tra l’altro dal capo del Tempio di Lost).
La storia è semplice: Omar Razaghi vuole scrivere la biografia del defunto autore Jules Gund e ha bisogno del consenso della famiglia per potere avere accesso alla borsa di studio ed ottenere la cattedra.
Dopo il rifiuto tramite missiva, il giovane si reca in Uruguay, dove vive la famiglia, e qui entra in contatto con i componenti di un nucleo familiare un po’ sui generis.
C’è Caroline, la vedova di Gund, fredda e aristocratica, abilmente interpretata da Laura Linney, sempre impeccabile nei modi e nell’abbigliamento e che si diletta a dipingere copie di maestri; c’è l’amante Arden, giovane e romantica Charlotte Gainsborough, che da Gund ha avuto una figlia, la piccola Portia, arguta e vivace.
E ci sono Adam e il suo compagno Pete, assennati e uniti, che convivono con i capricci e la testardaggine di Caroline e con la spensieratezza di Arden.
Il tutto è ambientato nella tenuta dei Gund, un posto incantevole, quasi irreale, lontano mille miglia dalla civiltà caotica.
Un posto immerso nella vegetazione rigogliosa, dove il tempo scorre lentamente, quasi che nessuno si preoccupasse del suo progredire. Una casa dove la bambina gioca con un teatrino delle ombre cinesi, dove i prati sono immacolati e l’arredamento è rimasto immutato da anni. Un luogo congelato nel tempo.
Giunto al ventiquattresimo film sceneggiato dalla collaboratrice Ruth Prawer Jhabvala, James Ivory esplora qui i conflitti interiori di un gruppo eterogeneo di personaggi.
Narra la nascita della storia d’amore tra Omar e Arden e la confusione di una donna, Caroline, che non vuole lasciare andare il passato e racconta di questioni ereditarie e gioielli di valore inestimabile, custoditi segretamente da quando i genitori di Adam e Jules fuggirono dalla Germania nazista.
Una trama assolutamente scorrevole e una sceneggiatura piacevole ed efficace.
La lentezza e la pesantezza di alcuni classici di Ivory scompare qui, a vantaggio della freschezza e di una gradevole ironia, di cui Adam è un perfetto portavoce grazie alle sue caustiche asserzioni, prima fra tutte: “rifiuto di farmi guidare da una cosa stupida come la democrazia”.
Un’atmosfera leggera e disincantata pervade la tenuta di Ocho Rios ed i suoi abitanti mentre le musiche di Mozart seguono lo svolgersi delle vicende. La fotografia di Aguirresarobe cattura la bellezza del paesaggio sudamericano: dalle praterie sconfinate ai gauchos che radunano le mandrie.
L’ultima opera di Ivory è piacevole e nostalgica. Da vedere.
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