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Scritto da Andrea De Luca   
martedì 26 agosto 2008

Sleepers
Titolo originale: Sleepers
USA: 1996 Regia di: Barry Levinson Genere: Drammatico Durata: 152'
Interpreti: Kevin Bacon (Sean Nokes), Robert De Niro (Padre Bobby), Vittorio Gassman (King Benny), Dustin Hoffman (Danny Snyder), Jason Patric (Lorenzo ‘Shakes’ Carcaterra), Brad Pitt (Michael Sullivan), Billy Crudup (Tommy Marcano), Ron Eldard (John Reilly), Joseph Perrino (Lorenzo Carcaterra da giovane), Brad Renfro (Michael Sullivan da giovane), Jonathan Tucker (Tommy Marcano da giovane), Geoffrey Wigdor (John Reilly da giovane), Terry Kinney (Ralph Ferguson), Bruno Kirby (papà di Shakes), Dash Mihok (K.C.), Minnie Driver (Carol Martinez), Frank Mediano (Fat Mancho)
Sito web:
Nelle sale dal: In dvd
Voto: 7,5
Trailer
Recensione di: Andrea De Luca

sleepers_leggero.jpegSiamo nel 1967. Nel quartiere multietnico di Hell’s Kitchen a New York, quattro amici, John, Lorenzo, Michael e Tommy, durante una noiosa giornata d’estate compiono una bravata che cambierà le loro vite: rubano un carretto di hot-dog provocando il grave ferimento di un uomo. Vengono condannati a un anno e mezzo di reclusione al riformatorio Wilkinson, durante il quale quattro deviati carcerieri li sottopongono a violenze, torture fisiche e psicologiche, nonché ad abusi sessuali. L'esperienza segna i quattro ragazzi per sempre. Una volta adulti, Lorenzo diventa giornalista, Michael viceprocuratore distrettuale, mentre gli altri due conducono una vita da delinquenti. Tredici anni dopo, questi ultimi incontrano per caso Nokes, il più spietato di quei carcerieri, e si vendicano uccidendolo. Il lungo processo che ne segue vedrà Michael, a capo dell’accusa, organizzare un piano in grande stile per completare la vendetta cominciata da Tommy e John. Per questo piano Michael si avvale dell’aiuto di Lorenzo, dell’amica d’infanzia dei quattro, Miriam, di quello fondamentale di Padre Bobby e di quello del capo mafioso del quartiere King Benny.
Il processo si trasforma in una resa dei conti che farà riaffiorare tutti i fantasmi del passato.
Tratto dal romanzo di Lorenzo Carcaterra, Sleepers è presentato fuori concorso alla 53.ma Mostra del Cinema di Venezia come film di apertura. La pellicola porta il marchio di Barry Levinson che si occupa, oltre che della regia, anche della produzione e della sceneggiatura. In una storia che stimola le corde dell’emotività servono attori in grado di trasmettere al meglio ogni emozione, di calarsi nel personaggio e da questo punto di vista la produzione non bada a spese scegliendo un cast di grande prestigio che annovera, tra gli altri, Vittorio Gassman, impeccabile nella parte del capo mafia del quartiere con l’hobby della cucina, un autentico cuoco nella “Cucina del Diavolo”, e Robert De Niro che interpreta al meglio la difficile parte di Padre Bobby, per un ruolo, quello del prete, in cui si era già trovato catapultato dal caso in Non siamo angeli.
La possibilità di curare tutti gli aspetti consente a Levinson di creare una pellicola di alta qualità che colpisce lo spettatore con un mix tra storia drammaticamente appassionante, grandi attori e dialoghi interessanti e ben orditi. Siamo nella Hell’s Kitchen di fine anni ’60, “un luogo di innocenza governato dalla corruzione” come spiega la voce narrante del protagonista Lorenzo Carcaterra; un quartiere - ricreato puntigliosamente dagli scenografi Kristi Zea e Timothy Glavin che ci ridonano magicamente l’atmosfera dell’epoca - diviso tra italiani, irlandesi e portoricani, dove i ragazzi crescono sulla strada e fin da piccoli devono imparare a coltivare la cattiveria per crescere duri e non farsi sbranare dalla vita spietata.
I quattro protagonisti crescono insieme, legati da una profonda amicizia quasi fraterna. Nella loro unione si sentono spavaldi, considerano il quartiere come il loro regno-mondo su cui esercitare potere. Il personaggio di Padre Bobby, italo americano cresciuto come tanti nella strada, funge da padre spirituale, e non solo, di ragazzi senza punti di riferimento famigliari; è un duro dall’animo buono che cerca in tutti i modi di tenere il suo gregge lontano dai guai. Dopo la bravata che si trasforma in tragedia, Lorenzo vorrebbe fuggire per evitare il riformatorio, ma proprio Padre Bobby spiega che non servirebbe a nulla, “la colpa non si cancella” dice, prova a fargli forza scacciando le sue paure.
In riformatorio i destini di queste quattro esistenze si incrociano con quelli di quattro perversi carcerieri che rendono la loro permanenza un incubo. Dietro la facciata di un edificio apparentemente candido si nasconde un inferno che cambierà per sempre le loro vite. L’idea della sofferenza e dell’angoscioso dolore a cui sono sottoposti i ragazzi è resa magnificamente da Levinson nelle infinite carrellate all’indietro lungo tunnel tenebrosi o nella reiterata violenza che non disdegna certo di mostrare per colpire lo spettatore e renderlo più partecipe del dolore dei ragazzi. La prima carrellata è scioccante: lo spettatore viene condotto all’interno di un incubo dalle luci irreali, fino ad una gabbia per le torture dove si compie, ovviamente senza riprenderne i particolari, l’abuso sessuale; con una voyeuristica panoramica della gabbia si rivela una verità di cui nessuno tranne gli otto protagonisti e lo spettatore ‘privilegiato’ è a conoscenza. Subito la macchina da presa si allontana e le voci si abbassano ad enfatizzare l’isolamento e l’impossibilità di scampo; per il troppo ribrezzo, la scena si oscura mentre scappa all’indietro, come per cancellarla, e la stessa cosa vorrebbero fare i ragazzi dalla loro memoria. La verità è orribile e per tutto il resto della permanenza nel riformatorio è un crescendo di angoscia sia per loro sia per lo spettatore stesso.
Vengono presi di mira soprattutto dal capo del loro dormitorio, tale Nokes, interpretato in maniera esemplare da Kevin Bacon, che riesce a rendere, grazie anche all’aiuto di uno splendido doppiaggio nella versione italiana, il personaggio il più viscido e deviato possibile, tanto da farcelo odiare con tutto il cuore. Quest’odio trova sfogo più avanti quando John e Tommy freddano questo aguzzino e nell’impeto dei colpi di pistola non ci si può che scoprire tutti inclini a una vendetta più che giustificata.
È proprio la vendetta il sentimento attorno cui ruota l’intero film. Il riformatorio ha trasformato quei ragazzi in uomini disillusi, incapaci d’amare e pieni di insicurezze; due addirittura sono diventati delinquenti quando invece uno di loro, John, avrebbe voluto farsi prete. Ciò che loro hanno deciso di rimuovere, di soffocare in un cassetto sperduto della memoria, in realtà non li ha mai abbandonati, come il regista fa notare con quegli improvvisi flash back in bianco e nero che si insinuano cupi e grigi come fantasmi dal passato a tormentare i ragazzi anche da adulti. La vendetta serve anche ad esorcizzare i fantasmi passati. Più volte citato è Il conte di Montecristo; Carcaterra non vuole certo paragonarsi a Dumas, non ce ne sarebbe motivo e la lotta sarebbe probabilmente persa in partenza, ma vuole ispirarsi a lui. Come fa dire a Michael, “ogni sera legge delle pagine e vi trova parole come vendetta, il dolce sapore della vendetta”, una vendetta da consumare fredda come fece King Benny, il quale aspettò otto anni per vendicarsi di quell’irlandese che gli ruppe i denti. Tredici anni dopo è giunto, secondo Michael, il momento di assaporare appieno quella vendetta che John e Tommy ormai hanno iniziato. Sembra che Michael non abbia fatto altro per anni che preparare un piano perfetto, alla Dumas appunto.
Qui si propone il dualismo tra giustizia e moralità. Il sentimento di vendetta domina tutto e tutti nella seconda parte del film, tanto da arrivare a coinvolgere perfino il prete. Egli capisce ciò che hanno passato i suoi “figli”, e, essendo pur sempre umano anche se pastore di Dio, vuol punire quel riformatorio e quelle anime malvagie; sceglie lo spergiuro pur avendo posto la mano sulla Bibbia, ciò in cui dovrebbe credere di più. Per l’uomo, sia esso prete o gangster, è difficile perdonare quando si fa un torto di qualsiasi gravità a ciò che ha di più caro, a maggior ragione se sono figli nell’età dell’innocenza. A questo punto ci si chiede dove finisca il potere della giustizia ed inizi quello della moralità. Gli assassini andrebbero puniti, ma i ragazzi sono cresciuti sulla strada ed è alla legge della strada che bisogna obbedire, quella non si può comprare ne le si può sfuggire. Quella legge brama la vendetta degli Sleepers (i dormienti), coloro che, in gergo criminale, hanno trascorso qualche tempo in riformatorio. John e Tommy possono essere assolti in questo caso, anche lo spettatore li aveva assolti fin dall’inizio.
Levinson costruisce le scene in tribunale con grande maestria. Sembra un tribunale divino dove tutti i peccati passati vengono a galla, ed è onestamente appagante veder soffrire, anche se in ritardo, gli spregevoli aguzzini. Brad Pitt piace nel ruolo, è convincente; ciò conferma il suo periodo d’oro della seconda metà degli anni ’90 iniziato con Intervista col vampiro e finito con Fight club; Dustin Hoffman, che con Barry Levinson realizza le ultime interpretazione importanti della sua splendida - fino a Sfera - carriera, è esilarante nella parte dell’avvocato alcolizzato con un glorioso passato sopito che pian piano riaffiora.
Il finale non presenta il classico lieto fine: i quattro amici, più Miriam, si ritrovano attorno a un tavolo per il loro giorno di gloria, il loro unico e particolare lieto fine in cui rivangare sogni di un passato felice che in realtà è stato interrotto troppo presto. La vita è stata altra cosa per loro e, finita la cena, ritorna l’amarezza: John e Tommy sono assassinati pochi anni dopo, Michael è fuggito dalla vita che ora conduce in solitudine. La bella e triste musica di John Williams ci lascia con la malinconia.
Un ottimo film che solleva problemi sociali, con tematiche tanto potenti da aver spaventato le autorità statunitensi, che una volta visto minacciato quel velo di perfezione che si vuole spesso stendere sul “paese della libertà”, si sono sentite in dovere di puntualizzare che tutto ciò non è mai accaduto e non potrebbe mai accadere. Eppure, sia o no il romanzo di Carcaterra veramente autobiografico, sarebbe veramente ingenuo pensare che la giustizia sia veramente esente da corruzione, basti vedere il caso a dir poco oscuro dell’assassinio di Kennedy, oppure come a volte nei corpi di giustizia si annidi qualche mela marcia che sfrutta la divisa abusando di un potere che va oltre le normali mansioni, vedi ad esempio come vengono effettuati gli arresti a base di pestaggi quando il malvivente è “afroamericano”. La cronaca degli ultimi anni invece, commenta casi di pedofilia e infanticidi che non possono che far aprire gli occhi riguardo la totale mancanza di purezza in una società sempre più marcia e malvagia e che fugano ogni dubbio riguardo la sua presunta innocenza, siano gli Stati Uniti o il nostro paese.


 
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