The Reader
Titolo originale: The Reader
USA, Germania: 2008 Regia di: Stephen Daldry Genere: Drammatico Durata: 123'
Interpreti: Ralph Fiennes, Kate Winslet, Bruno Ganz, Ludwig Blochberger, Jeanette Hain, Volker Bruch, Linda Bassett, Claudia Michelsen
Sito web: www.thereader-movie.com
Nelle sale dal: 20/02/2009
Voto: 5,5
Trailer
Recensione di: Nicola Picchi
A Neustadt, nella Germania post bellica, il quindicenne Michael Berg intreccia una relazione con Hanna Schmitz, una trentenne dal passato misterioso.
Un giorno la donna scompare, lasciandolo nella disperazione.
Alla fine degli anni ’60, giovane studente di legge, Michael assisterà ad un processo contro un gruppo di sorveglianti delle SS, accusate della morte di centinaia di prigionieri ebrei, e, con sua grande sorpresa, la riconoscerà tra gli imputati.
Nell’adattare il romanzo “A voce alta” di Bernard Schlink, Stephen Daldry sceglie la strada meno impervia, quella dell’opaco mélo adatto a solleticare le platee di bocca buona.
Se è vero, come affermava Hitchcock, che gli attori sono bestiame, allora Daldry è provetto tassidermista, abilissimo a togliere aria e luce ai suoi personaggi, asfissiandoli letteralmente e trasformandoli in appannate marionette.
Quest’educazione sentimentale all’ombra di Auschwitz pecca di frigido accademismo, sia nella descrizione dei turbamenti adolescenziali di Michael e del suo rapporto con Hanna che nella fase post processuale, quando i due protagonisti devono affrontare la difficoltà di confrontarsi con la colpa e con l’orrore dell’Olocausto.
L’eros, impaginato dall’estetizzante fotografia di Chris Menges e Roger Deakins, è inerte e calligrafico, nonostante il sesso tra Hannah e Michael sia evidente metafora dell’ineluttabile complicità insita nel rapporto tra due generazioni contigue, quella che ha abbracciato il nazismo e quella del dopoguerra, che avverte con forza l’imperativo morale di processare i padri.
Durante gli interludi amorosi, il giovane Michael legge ad Hanna brani da “L’Odissea”, “Huckleberry Finn”, “La signora con il cagnolino” di Cechov e, con suo grande scandalo, “L’amante di Lady Chatterley” ma l’idea, lungi dall’assecondare un libertinaggio cerebrale alla Michel Deville (vedi “La Lettrice”), serve solo a dare risalto all’analfabetismo di Hanna, che simboleggia in maniera alquanto assolutoria la cecità della nazione tedesca. Quella che viene sottolineata è infatti la sua mancanza di strumenti per comprendere l’abiezione di cui si è resa corresponsabile e quindi, in un certo senso, il suo essere a sua volta una vittima.
I nastri incisi da Michael adulto (un depresso Ralph Fiennes) e spediti ad Hanna sono, più che un atto d’amore, un invito alla crescita personale e alla rielaborazione del trauma della colpa, ma anche qui Daldry preferisce trasformare una tragedia collettiva in storia individuale, magari sperando nella furtiva lacrima delle signore in sala: sul doloroso raggiungimento della consapevolezza da parte di Hanna durante la sua detenzione, il film glissa elegantemente e, se nel romanzo originale la donna leggeva Primo Levi, Elie Wiesel e Hannah Arendt, qui ci si limita a Cechov e a “La signora con il cagnolino”, in memoria, come scrive spiritosamente Todd McCarthy, di un “Ultimo Tango a Neustadt”.
Nonostante la sceneggiatura del commediografo David Hare scompagini inutilmente la cronologia, intersecando le linee temporali senza costrutto, e malgrado la fatua regia di Stephen Daldry (già autore dello stucchevole “Billy Elliot” e dell’irritante “The Hours”), il film ha meritato alla meravigliosa Winslet un premio ai BAFTA, un Golden Globe e una candidatura all’Oscar, eventi davvero singolari considerato che la sua interpretazione in “Revolutionary Road” appare assai più convincente.
Fulminante apparizione di Bruno Ganz nel ruolo del Professor Rohl e buona prova di David Kross, che interpreta il giovane Michael, mentre Ralph Fiennes è sottoutilizzato, spento e un po’ sprecato.
“The Reader” è stato ferocemente stroncato dalla critica americana, che lo ha accusato di fare exploitation sull’Olocausto, di usarlo come pretesto per gratificarci delle grazie della Winslet e di costringere lo spettatore a provare empatia per chi stava dalla parte dei carnefici, ma in realtà i difetti stanno altrove, ovvero nella sterile superficialità dell’approccio ad una storia che avrebbe avuto bisogno di una mano meno ansiosa di compiacere il pubblico per diventare davvero significativa.
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