Titolo: 12 anni schiavo
Titolo originale: 12 Years a Slave
U.S.A., Regno Unito: 2013. Regia di: Steve McQueen Genere: Drammatico Durata: 133'
Interpreti: Chiwetel Ejiofor, Dwight Henry, Brad Pitt, Paul Giamatti, Michael Fassbender, Paul Dano, Benedict Cumberbatch, Sarah Paulson, Garret Dillahunt, Quvenzhané Wallis, Alfre Woodard
Sito web ufficiale: www.foxsearchlight.com/12yearsaslave
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 20/02/2014
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Storico
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Con "12 Years a Slave",il cinema torna a rovistare nei corridoi bui di una porzione di Storia su cui l'America ha spento la luce,archiviandone le pagine come cronache rimosse o che la memoria finge di ignorare.
Non è la prima volta che Hollywood affronta il tema dello schiavismo e anche di recente lavori come "Django Unchained",anche se con accenni di satira e provocazione,grattano sul disagio per il diritto alla dignità negato e calpestato..
Se in "Amistad" la piaga del commercio di schiavi veniva raccontato in un'aula di tribunale,o in "Mandingo" di Fleischer si consumava un greve melodramma di amori proibiti - peraltro oggetto del plauso di Warhol,che lo ha definito il suo film preferito in quell'anno - con "12 Years a Slave" il regista Steve McQueen mira alle viscere della Storia e affronta l'argomento senza usare i mezzi termini o le sottilezze allusive e commedianti di un cinema meno sincero.
Il film è un adattamento dell'autobiografia di Solomon Northup (Chivetel Ejiofor),scritta nel 1853,dove l'autore,un nero nato libero a Saratoga,New York,racconta come fu rapito nel 1841,portato a Washington DC,venduto come schiavo e passato da padrone a padrone a lavorare nelle piantagioni di cotone della Louisiana per dodici anni,prima che fosse riconosciuta la sua reale identità e fosse rilasciato per poter tornare libero a casa sua.
Il lavoro di McQueen,su uno script di John Ridley,affonda le mani nella pancia della Storia americana e,con poco riguardo verso le ipocrisie di settore,compone un mosaico di cinema che compendia emozione e spettacolo e vi fa confluire in forme quasi teatrali gli apostrofi sulle verità storiche spesso ignorate dai fasulli fraseggi del cinema scolastico.
E' parso anomalo,infatti, negli USA,che fosse un regista inglese ad affrontare e sviscerare una scomodità tutta americana sulle brutalità,l'abuso sessuale e l'ingiustizia istituzionalizzata che si vomitarono poi nella Guerra di Secessione del 1861.
McQueen confeziona un film sincero,solcato da lunghi silenzi e numerose soste su volti ed espressioni,privilegiando il linguaggio di occhi e di particolari,fissando la telecamera su uomini e dettagli in un'insistenza che a volte ricorda la modalità registica di Leone.
Ne sono esempio l'ostinazione della cinepresa sugli anelli della catena che si aggrovigliano su Northup quando questi viene fatto prigioniero,o l'esasperato pianosequenza della punizione inflitta da Tibeats (Paul Dano) a Platt,ormai vittima di una nuova identità da servo,dove dapprima un lungo silenzio accompagna le immagini di un uomo impiccato a metà,con i piedi appena appoggiati a terra e in lotta per poter sopravvivere e in seguito, piano piano,attorno a lui,dopo lo stupore iniziale,il regista fa ricominciare le attività di una comunità schiava,ormai immersa in spettacoli di questo genere.
Ma si capisce che queste ostinazioni compongono il ritmo viscerale che è la voce del film,un passo narrativo forte e denso che il regista monta in una dinamiche di salti temporali e flashback dei ricordi di quando Platt era ancora Northup.
Solomon abile violinista e raffinato artigiano,viveva a Saratoga,NY,con sua moglie e due figli e una sera era stato invitato da due individui ("il gatto e la volpe"?) ad una rappresentazione in un circo.
Durante la cena che seguì,Northup era stato drogato e il giorno successivo si era ritrovato incatenato sul pavimento di una cella.
Il suo nome fu cambiato in Platt e l'uomo fu imbarcato per la Louisiana come schiavo.
E' particolarmente toccante la scena del film in cui Northup tenta disperatamente di reclamare il suo vero nome e la sua identità di uomo nato libero a Saratoga,ma viene ripetutamente smentito e chiamato "nigger",fuggitivo della Georgia,a quell'epoca cantiere di smistamento di schiavi.
McQueen non fa sconti e presenta un quadro tutt'altro che edulcorato di una condizione a tutt'oggi scomoda in una fascia d'America che ospita divergenze su Obama nella Stanza Ovale.
I risparmiosi ricorsi alle metafore McQueen li maschera in una estetica garbata e intelligente,non indulgendo sul sentimentalismo compassionevole che condurrebbe lo spettatore allo sconforto,ma piuttosto puntando su empatia e grafica,sposando precisi movimenti di macchina a sottotesti ed intenti.
Ne è esempio emblematico il moto ascensionale della cinepresa dalle prigioni sotterranee in cui è racchiuso Platt,su su per le le mura dell'edificio fino alla superficie,con l'inquadratura, in lontananza,della Casa Bianca.
Cinema sincero,forte e al tempo stesso struggente,dove il ritmo e il silenzio,mai antagonisti,si alternano risolvendosi in un'opera descrittiva ma non insistente,potente ma non enfatica,decisiva nel panorama dei lavori di cinema di questa epoca.
Una fotografia da vocabolario scandisce lo storyboard del film in una tavolozza di cromìe seppia e dorate dissolte in formule di luci ed ombre nel tepore del palcoscenico degli interni,alternate alle gradazioni pastello delle tinte che dipingono le scene rurali e i campi.
Lo score,completo in ogni suo accento,è lavoro di Hans Zimmer,che vi innesta reminiscenze dei suoi spartiti di "Inception",con le ballate e i commenti al violino suonate da Tim Fain sugli arrangiamenti di Nicholas Britell.
Difficile che in questo genere di lavori possa mancare l'intervento di Alan Lomax,geniale ricercatore negli spazi musicali etnici,cui si deve l'arrangiamento di "Run Nigger Run".
McQueen si conferma l'artista fortemente visuale di "Hunger" e "Shame" e qui lavora ancora al fianco di Fassbender,la cui mimica rabbiosa ricorda a volte quella di Day-Lewis in "Il petroliere".
Paul Dano sostituisce l'ambiguità di "There Will Be Blood" con l'odio razzista integrato da una questione personale del suo protagonista,in una performance che mette agitazione ed inquietudine.
Ejiofor esprime ovunque virtuosismo da pièce di teatro nei vuoti di un uomo che ha dovuto modellare il proprio dolore ad una identità rubata e alla pena stupita di chi non è più libero di essere uomo.
Più che altrove,è questo il genere di cinema che chiede anima ai protagonisti e alle loro prestazioni,delle quali la voce e la lingua,con i suoi accenti originali,le sue tonalità e i suoi dialetti,purtroppo perduti nel doppiaggio,sono parte determinante.
Come potrebbe Troisi essere doppiato?
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