Titolo: I colori della passione
Titolo originale: The Mill and the Cross
Svezia, Polonia: 2011. Regia di: Lech Majewski Genere: Drammatico Durata: 97'
Interpreti: Rutger Hauer, Charlotte Rampling, Michael York, Joanna Litwin, Dorota Lis, Marian Makula, Oskar Huliczka
Sito web ufficiale: www.themillandthecross.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 30/03/2012
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Suggestivo
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Questo film nasce dalla sensibilità artistica di Lech Majewski, il quale dopo aver letto ‘The Mill and the Cross’, dello scrittore e critico d’arte Michael Francis Gibson, ne rimane talmente colpito da decidere di realizzare un’opera cinematografica, ricorrendo alla tecnica dei tableau vivant.
Il libro analizza il dipinto ‘La salita al Calvario’ di Pieter Bruegel e Majewski rende omaggio al maestro fiammingo dedicando al quadro un intero film.
Vi si narra la messa in opera del quadro da parte del pittore stesso (Rutger Hauer), intento a fermare su tela attimi di vita quotidiana.
Ci sono la famiglia del mugnaio, un viandante, due giovani amanti e la gente del villaggio, tutti affaccendati e poi i soldati dell’Inquisizione spagnola e la rappresentazione della Passione di Cristo.
La carriera artistica di Lech Majewski inizia sul finire degli anni ’70, catturando subito l’interesse di pubblico e critica. I suoi lavori di video-arte sono stati esposti in prestigiosi musei internazionali. Con “I Colori della Passione” è stata fatta un’installazione al Louvre di Parigi, al National Gallery di Londra, alla Biennale di Venezia e al MoMA di New York, arrivando fino in Giappone e dimostrando di piacere ovunque. Il film è stato presentato in numerosi festival e dopo la partecipazione al Sundance Film Festival è stato acquistato per essere proiettato al cinema.
Di questa evoluzione il regista è rimasto sorpreso e piacevolmente soddisfatto. Oggi sono 55, Italia compresa, i paesi in cui il film è stato proiettato.
Il regista, da sempre interessatosi all’arte e a tutto ciò che le gira intorno, ha dichiarato: “A me piace incontrare l’artista, non mi interessano i gangster. Questo pittore mi ha colpito moltissimo, non poteva essere diversamente perché ho sempre avuto un rapporto con l’artista”.
Per la sua complessità tecnica ci sono voluti tre anni di lavoro.
Dall’incontro tra pittura e digitale è nato un arazzo bellissimo e suggestivo, nel quale si vedono muovere una moltitudine di personaggi sui quali sono stati creati splendidi giochi di luce.
Il regista segue ogni figura, da quella centrale a quella esterna, dalla principale alla secondaria, la cui posizione (nei quadri del pittore) non è mai scontata. “Bruegel è un grandissimo narratore, nascondeva il protagonista ponendolo in secondo piano, di lato o sullo sfondo” – spiega Majewski - spingendo lo spettatore a cercarlo e a osservare ogni parte del quadro.
Il regista nota come la cultura dell’epoca fosse molto più contemplativa – aspetto che ha profuso a piene mani nel film, fatto più dalle azioni e dal lavoro dei personaggi che da parole, e in alcuni momenti si avverte una sospensione temporale data da movimenti di macchina che innalzano lo spirito.
Tra i tanti simboli nascosti, vi si nota subito una forma di pane posta da una donna sulla propria pancia. Il pane ha un duplice significato: simboleggia il Corpo di Cristo ed è un gesto di buon auspicio.
All’epoca, infatti, le donne incinte erano simbolo di bellezza.
Con “I Colori della Passione” lo spettatore si fa testimone di ciò che accade. Majewski dirige lo sguardo e invita a vivere un’esperienza incantevole e strabiliante.
Ha trovato un nuovo modo di rappresentare l’arte nella cinematografia, permettendo non solo di abbattere ogni barriera fisica facendo entrare lo spettatore nel dipinto, ma di assistere alla narrazione basata sulle figure ivi ritratte.
È un film contemplativo e ricco di suggestioni, che piacerà a chi ama l’arte e a chi occasionalmente l’apprezza.
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