Titolo: Io, Daniel Blake
Titolo originale: I, Daniel Blake
Regno Unito, Francia 2016 Regia di: Ken Loach Genere: Drammatico Durata: 100'
Interpreti: Dave Johns, Hayley Squires, Dylan McKiernan, Briana Shann, Kate Runner, Sharon Percy, Kema Sikazwe, Natalie Ann Jamieson, Micky McGregor, Colin Coombs, Bryn Jones, Mick Laffey, John Sumner
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 21/10/2016
Voto: 8
Recensione di: Stefano Priori
L'aggettivo ideale: Urbanistico
Scarica il Pressbook del film
Io, Daniel Blake su Facebook
Di cosa parla Ken Loach nel suo ultimo film I, Daniel Blake.
Della socialità.
Lo sguardo sulla povertà e sui diritti negati al cittadino rappresentano il percorso evolutivo che caratterizza lo sguardo di Ken Loach per intero.
Se il film a uno sguardo da cineasti fa apparire come banali e poco curate le inquadrature iniziali rendendole poco convincenti per la cura estetica e ostinatamente underground.
Poi nel suo sviluppo nella maturità estetica del film si raggiunge una cura formale dell’inquadratura, grazie anche alla fotografia di alto livello.
In fondo la storia sembra riproporre clichè gia conosciuti, la burocrazia
Infinita, la carenza dei servizi sociali, le fatiche dei poveri, temi già visti e affrontati da Ken Loach.
Cosa allora può colpire in realtà in questo film ben strutturato nella sceneggiatura.
Ci colpisce l’esperienza che lo lega alla realtà. Un invalido civile al 75% che gode a Milano di una misera pensione di 289 € deve fare la visita di revisione della sua invalidità a breve.
E teme all’idea che una commissione possa avere potere sulla sua vita.
Perché non riesce da solo a riscattare la sua vita lavorativa.
La visione di Ken Loach in realtà sottolinea come necessaria e dovuta questa indennità di malattia che il protagonista si vede negata, pena la povertà. In realtà manca in Ken Loach un riscatto del povero, succube del destino amaro che la vita gli ha presentato come conto totale.
Ed è da questa visione tragica di Ken Loach che lo spettatore non riesce a liberarsi. Forse i servizi sociali a cui il protagonista si ribella o cominciano a funzionare o dovrebbero essere banditi interiormente. E ciò che accade nel film è proprio questa mancanza di riscatto dalla povertà. Non esisterebbe la denuncia sociale di Ken Loach così profonda se mettessimo in discussione la sua poetica, ma la realtà di Ken Loach seppur con una visione fortemente realistica rischia di denunciare le differenze sociali sicuramente importanti, togliendo spazio alla bellezza della realtà.
Il cinema è dramma in fondo e Ken Loach ce lo insegna bene.
Ci sembra che però i suoi film parlino sempre lo stesso linguaggio imitativo e a parte il suo talento nel raccontare per immagine un’idea propositiva, manca in lui una parte di realtà e cioè un’ antagonismo positivo che possa garantirci un futuro interiore da combattenti e non da vinti. Manca la forza e la confidenza in Dio che ci viene dall’esperienza spirituale.
Forse quest’evoluzione in qualche modo Ken Loach potrebbe proporla a se e anche ai nostri occhi come una vera e propria rivoluzione dei tempi.
http://www.stefanopriori.com/3139-2/
Trailer
|