Titolo: La ballata di Narayama
Titolo originale: Narayama bushi-ko
Giappone: 1983. Regia di: Shohei Imamura Genere: Drammatico Durata: 128'
Interpreti: Ken Ogata, Sumiko Samamoto, Aki Takejo
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale dal: Inedito
Voto: 8,5
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Vivido
“La ballata di Narayama” è ora disponibile in una nuova versione Dvd Raro Video, distribuito da Cecchi Gori Home Video.
Diretto dal maestro Shohei Imamura, la pellicola ha vinto la Palma d’oro per il Miglior Film al Festival di Cannes 1983.
La Raro Video la presenta per la prima volta in Italia nella versione integrale.
In un piccolo villaggio rurale vige la legge che al compimento del settantesimo anno d’età uomini e donne si devono recare sulla montagna di Narayama e lasciarsi morire, per garantire la sopravvivenza dei giovani.
Questa è la storia della sessantanovenne Orin e della sua famiglia. Prima di salire sul monte, Orin si prodiga per il bene dei suoi figli: istruisce la nuova moglie del primogenito Tatsuhei - rimasto vedovo - su quanto deve fare per mandare avanti la casa e fa in modo che il suo secondogenito Risuke abbia una donna con cui coricarsi.
Giunto il momento della partenza Orin lascia il villaggio portata in spalla da Tatsuhei, senza proferire alcuna parola fino all’ultimo.
Shohei Imamura è implacabile nel descrivere la cultura e le tradizioni di una comunità retrograda, che si lascia guidare dagli istinti più primordiali. Pone l’accento sul fatto che ogni scelta compiuta dalla comunità sia una questione di vita o di morte, come spiega Orin alla nuova moglie del figlio: “Per salvare la vita puoi anche volere la morte”.
Gli abitanti del villaggio sono intransigenti con chi trasgredisce le regole. Una famiglia viene uccisa senza pietà per aver rubato ripetutamente alla comunità.
Viene fatto capire chiaramente quanto il cibo sia scarso e una bocca in più da sfamare può voler dire morire di fame per gli altri.
Molto ben caratterizzato è il personaggio di Orin, con la sua dignità, forza e presa di coscienza.
Accetta la sua sorte con solennità e fede ceca nel dio della montagna, senza lasciarsi andare a inutili isterismi e piagnucolii come invece accade al suo vicino di casa (anch’egli oramai giunto alla fatidica età).
Imamura descrive con realismo gli eventi del villaggio, compresa la sua quotidianità, comune a tante altre collettività: l’espletamento del desiderio sessuale, i litigi tra gli abitanti, le prese in giro dei vecchi da parte dei giovani, i canti e le feste. Quello di Imamura è un universo pulsante di vita, dove predomina l’istinto della sopravvivenza e quello sessuale.
Uomini e donne ricercano l’appagamento dei propri bisogni carnali, senza fare tanti convenevoli.
Lo si vede nel rapporto tra il nipote di Orin e la sua ragazza e lo si comprende in quello di Risuke con una cagna, non riuscendo ad avere una donna.
Nel villaggio si fa tutto il necessario per andare avanti, ma attenendosi sempre alle credenze retrograde e difficili da superare - in quanto profondamente radicate nel tessuto sociale - pena la morte o l’allontanamento a vita, com’è successo in passato al marito di Orin.
Tratto dai racconti scritti da Fukazawa Shichirō e remake del film di Keisuke Kinoshita, “La leggenda di Narayama” (1958), il film di Imamura si discosta dal suo predecessore per struttura e atmosfera profusa, regalando al mondo uno dei tanti capolavori d’oriente, che non si può non apprezzare per la sua eccelsa fattura.
Emozioni contrapposte e vivide accompagnano lo spettatore fino all’addio struggente ma composto tra madre e figlio. Imperdibile!
|