Titolo: Noah
Titolo originale: Noah
USA: 2014. Regia di: Darren Aronofsky Genere: Drammatico Durata: 138'
Interpreti: Russell Crowe, Jennifer Connelly, Ray Winstone, Emma Watson, Anthony Hopkins, Logan Lerman, Douglas Booth, Julianne Moore, Martin Csokas, Jóhannes Haukur Jóhannesson, Arnar Dan, Kevin Durand, Dakota Goyo, Mark Margolis, Madison Davenport, Nick Nolte
Sito web ufficiale:
Sito web italiano: www.noah-ilfilm.it
Nelle sale dal: 10/04/2014
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Nicola Picchi
L'aggettivo ideale: Vegetariano
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Bisogna dar credito a Darren Aronofsky di aver dimostrato un encomiabile sprezzo del pericolo, nell'imbarcarsi (è il caso di dirlo) in una trasposizione cinematografica ad alto rischio.
Tirare in ballo la Genesi, Noè e il Diluvio Universale senza piombare di colpo nel polveroso sottogenere biblico alla Cecil B. DeMille era un'impresa ostica, considerato che persino il povero John Huston con "La Bibbia" (1966) toccò con uno dei punti più bassi della sua carriera. Eppure l'ambizione e una buona dose di delirio d'onnipotenza hanno generato un pargolo quanto meno curioso, imperfetto ma non scevro da motivi d'interesse.
L'intuizione vincente di Aronofsky e del suo fido sceneggiatore Ari Handel è stata quella di fondere in un connubio contro natura il biblico con il fantasy e il catastrofico, scantonando dall'ortodossia e imprimendo al tema un'impronta assai personale, del tutto inaspettata in un blockbuster da 130 milioni di dollari. D'altro canto, la riconosciuta tendenza del regista al kitsch magniloquente (vedi il famigerato "The Fountain") è sempre in agguato, con esiti non sempre propizi.
Il Noah di Russell Crowe, ben lungi dal corrispondere al biblico patriarca della vulgata, è un parente prossimo del Max Cohen di "Pi - Il teorema del delirio" (1997) il quale si affidava alle complesse speculazioni numerologiche della Qabbalà per svelare il vero nome di Dio. La sola differenza è che il Dio di Noah, pur manifestandosi attraverso sogni e allucinazioni, fornisce prove inoppugnabili della propria esistenza, la quale non può essere messa in discussione.
Per il resto, Noah è uno dei caratteristici personaggi tormentati e ossessivi del regista americano, non tanto dissimile dalla Nina de "Il Cigno nero" (2010) e dalle anime perse di "Requiem for a Dream" (2000). In un contesto in cui sono evidenti i richiami alla contemporaneità (inquinamento, guerre, massacro indiscriminato delle specie animali), la potente caratterizzazione del personaggio ne amplifica la modernità, rendendolo una via di mezzo tra Curtis, il nevrotico protagonista del "Take Shelter" di Jeff Nichols, e un visionario abitato dal verbo divino.
In una terra desolata, percorsa dalle orde dissennate della stirpe di Caino, Noah non ha alcuna difficoltà a comprendere, accettare e condividere il disegno di Dio. Morte per acqua per il genere umano, reo di aver tradito le aspettative, e salvezza per tutti gli animali, i quali sono innocenti per definizione. Assecondato nei suoi propositi dalla moglie Naameh, dai figli Sem, Cam e Jafet e dalla figlia adottiva Ila (una new entry), Noah dovrà però guardarsi dalla marmaglia capitanata da Tubal-cain, peccatori incalliti poco propensi a conformarsi ai progetti divini. Per fortuna Noah potrà contare sull'appoggio dei Guardiani, la versione di Aronofsky dei Nephilim biblici, che rammentano in maniera sospetta gli Ent di Peter Jackson.
Oltre al pericolo che viene dall'esterno, il protagonista dovrà però fronteggiare anche una nutrita serie di psicodrammi familiari, dalla ribellione adolescenziale di Cam al parto gemellare di Ila.
Aronofsky si lascia prendere la mano in più occasioni, sia quando attinge a una stucchevole iconografia da catechismo, come nelle sequenze nel Giardino dell'Eden o nel racconto dei sei giorni della Creazione (il quale fa rimpiangere amaramente il Malick di "The Tree of Life"), che quando imbastisce una scena di battaglia, l'assalto all'Arca degli uomini di Tubal-cain, che sembra tolta di peso da "Il Signore degli Anelli", con i Guardiani che ascendono al cielo come i gargoyles di "I, Frankenstein".
Ma è proprio in questa disinvolta mescolanza di alto e basso, di cultura pop e di ossessioni private, di esuberanza da blockbuster e di spericolato cinema d'autore, che il film trova un bislacco equilibrio, anche se il risultato non soddisfarà tutti i palati. Per sfondare al botteghino "Noah" è infatti un kolossal troppo "deviante", mentre si abbandona a troppe concessioni al gusto corrente per rallegrare i cinefili tutti d'un pezzo.
E se le scene del Diluvio Universale rammentano le incisioni del Dorè rivisitate attraverso gli effetti CGI, a salvarsi dal naufragio (oltre all'Arca) è in primis un possente Russell Crowe, forse l'unico attore in grado di conferire spessore e credibilità a personaggi "larger than life". Il suo Noah, per metà Giobbe e per metà Abramo, passa dall'invasamento divino alla maniacalità compulsiva con consumata disinvoltura, mentre la forzata reclusione sull'Arca fa deflagrare tensioni sopite e Tubal-cain, armato dell'orgoglio di Lucifero, si tramuta nel doppio oscuro del protagonista.
Ugualmente all'altezza Ray Winstone nella parte dell'antagonista, "artefice di strumenti di bronzo e di ferro" secondo la Bibbia, e Jennifer Connelly nel ruolo di Naameh, mentre desta qualche perplessità vedere Anthony Hopkins incerto se interpretare Yoda o Matusalemme.
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