Titolo: Qualcuno da amare
Titolo originale: Like Someone In Love
Francia, Giappone: 2012. Regia di: Abbas Kiarostami Genere: Drammatico Durata: 109'
Interpreti: Rin Takanashi, Tadashi Okuno, Ryo Kase
Sito web ufficiale:
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 24/04/2013
Voto: 5
Trailer
Recensione di: Domenico Astuti
L'aggettivo ideale: Debole
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Il regista iraniano Kiarostami è diventato noto al pubblico negli Anni Novanta
con film come “ Close-up “, “ E la vita continua “, “ Sotto gli ulivi “, storie
che vivono sulla linea impercettibile tra finzione e documentario, girate con
timbro leggero e con uno sguardo attento e prezioso. Cinema fatto anche di
Etica, dell’idea del coraggio e l’angoscia di sentirsi spaesati davanti al
mondo e alle sue tragedie. Con “ Il sapore della ciliegia “, Palma d'Oro a
Cannes nel 1997, e con “ Il vento ci porterà via “, Gran Premio Speciale della
Giuria al Festival di Venezia del 1999 Kiarostami ha raggiunto il suo massimo
splendore ed è diventato un ‘ divo ‘ internazionale; grazie anche a Godard –
sempre molto parco di complimenti nei confronti dei colleghi – che aveva
dichiarato “ Il cinema inizia con Griffith e finisce con Abbas Kiastorami “,
mentre Martin Scorsese ha detto che Kiarostami rappresenta il livello più alto
di un regista cinematografico. Roba da far girare la testa al più robusto
degli uomini di Cinema. Poi la repressione in Iran e il divieto della
proiezione dei suoi film per dodoci anni lo hanno allontanato dal suo Paese.
Ma come capita a volte, i Maestri allontanandosi dalle proprie radici perdono
lucidità, forza ed anche sapienza di racconto: ve lo potreste immaginere
Fellini che andava a girare una storia in Giappone ? E quando Kiarostami
risponde allla domanda: perché sia andato così lontano per fare un film ? dice
“ Girare in Giappone è come girare in Iran: che gli attori parlino giapponese o
persiano, devono esserci i sottotitoli. E mi piace il sushi ». Da quando non
lavora più in Iran ( ha diretto in Iran solo “ Nel " Buio in sala – Shirin "
e nel buio di una sala centoquattordici attrici iraniane assistono al poema
persiano " Khosrow e Shirin ", del XII° secolo ) ha girato in Italia due film
deludenti “ Tickets “ un film in tre episodi firmato con Olmi e Loach e “ Copia
conforme “ con la Binoche in Toscana, più un esercizio di stile che un gran
film. Adesso a 73 anni si è recato in Giappone per dirigere “ Qualcuno da
amare “, riprendendo le sue tematiche storiche su apparenza e realtà,
solitudine, non consapevolezza di sé; e dirige un film con un’impostazione
dialogica, con voci che dialogano in fuoro campo e l’inquadratura su altro, con
tempi dilatati, quasi di stasi riflessiva che può in parte confondere se non
annoiare lo spettatore meno attrezzato, e apprezzare meno del dovuto le
psicologie ‘ interrotte ‘ dei tre protagonisti che sembrano vivere un
equilibrio sopra la solitudine e la follia, naturalmente algida della cultura
giapponese. E se un pregio si può riconoscere a questo film è che riesce a
raccontare con credibilità i tempi e i valori della cultura del Sol Levante.
Mostrare nuda l’ambiguità dei rapporti sociali e affettivi: c’è chi fa la
prostituta solo per fuggire dalla realtà, chi usa la rimozione dell’esistente
credendo in una storia d’amore che non esiste, chi si chiude al mondo
attraverso la solitudine e la scrittura. Tutti personaggi statici e veri che
sono in movimento solo nel movimento di in taxi e di un’automobile.
Un film
che narra la freddezza dei rapporti e la loro alienazione ma che vengono
filmati a loro volta con freddezza analitica e quasi in “ campo lungo “ non
riuscendo a creare emotività in chi osserva, tantomeno empatia. Lo stesso
dolore dei protagonisti è osservato da lontano e non riesce a tradursi in
emozione.
Akiko è una giovane studentessa universitaria che usa lo studio come paravento
psicologico, si prostituisce da quando è arrivata a Tokio ma non lo fa
strettamente per i soldi. Ha un fidanzato geloso che non vuole però veramente
sapere di lei, fa il meccanico, la maltratta e la vuole sposare. Dopo una
telefonata estenuante con il fidanzato e una conversazione con il suo anonimo e
quasi paterno pappone, sale su un taxi e va dal nuovo cliente.
Ma prima si fa
portare in una piazza dove l’attende sua nonna vestita con gli abiti
tradizionali. Ma la ragazza non ha il coraggio di fermarsi a parlare con lei e
resta nel taxì. Giunge addormentata da un vecchio professore universitario in
pensione che scrive saggi e fa traduzioni. Entrata in casa è sorpresa dai
tanti libri e dalla cultura dell’uomo, si scambiano poche battute, rifiuta di
cenare e mangiare una zuppa, si infila nel letto e si addormenta nuda. Al
vecchio professore non resta che togliere la zuppa e restare da solo a bere del
vino.
La mattina dopo il professore decide di accompagnarla all’università in
auto e poi di aspettarla. Ma all’università c’è il fidanzato geloso che l’
aggredisce e poi, confondendo il professore per il nonno della sua ragazza,
resta assieme a lui a parlare e ad aspettare Akiko. Il professore forse si sta
affezionando alla ragazza mentre il fidanzato respinto vuole sposarla.
Sarà una pietra che verrà lanciata nella casa del professore che farà entrare
la realtà in una storia fatta di finzione, ipocrisia e di incomprensione.
Finale aperto che non ci dirà a cosa è veramente servita quella pietra.
Un film che a noi è sembrato girare a vuoto ( un tentativo sbiadito del Cinema
di Antonioni degli Anni Cinquanta ); conflitti, relazioni che non sembrano
trovare una reale sbocco, dialoghi che non ci portano da nesuna parte, un po’
asfittici e un po’ privi di senso vero.
La scelta degli attori sembra volere rafforzare la tesi dell’improbabilità, l’
anziano professore è veramente un anziano senza alcun fascino e senza apparente
forza interiore Tadashi Okuno, comparsa e caratterista del cinema giapponese,
Rin Takanashi interpreta Akiko, troppo assonnata e imbronciata per darci tutto
il suo malessere.
Probabilmente è un film che migliorerebbe se fosse in
giapponese con i sottotitoli perché il doppiaggio in questo caso è
fastidiosissimo.
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