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Scritto da Dario Carta   
mercoledì 15 giugno 2011

The Lincoln Lawyer
Titolo originale: The Lincoln Lawyer
U.S.A.: 2011. Regia di: Brad Furman Genere: Drammatico Durata: 119'
Interpreti: Matthew McConaughey, Marisa Tomei, John Leguizamo, Ryan Phillippe, Michaela Conlin, William H. Macy, Shea Whigham, Katherine Moennig, Michael Peña, Margarita Levieva, Frances Fisher, Michael Paré, Natalina Maggio, Pell James, Laurence Mason, Trace Adkins, Eric Etebari, Mackenzie Aladjem, Greg Siff, Jose Acevedo, Ryan Van de Kamp Buchanan, David Castro, Randy Mulkey, Stephanie Mace, Sam Upton, Donnie Smith, Kenyon Glover, Javier Grajeda, Tilda Del Toro, Matt Cinquanta, Reggie Baker, Erin Carufel
Sito web ufficiale: www.thelincolnlawyermovie.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: Inedito in dvd
Voto: 5
Trailer
Recensione di: Dario Carta
L'aggettivo ideale: Superficiale
Scarica il Pressbook del film
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The Lincoln LawyerA chi ha dimestichezza con i romanzi di Michael Connelly,non sarà sfuggito il senso di complessa semplicità che pervade i suoi racconti,impregnandoli di una sofferenza esistenziale tagliente e profonda che si pone come elemento in antitesi alla naturalezza dello stile narrativo dello scrittore.
Chi apprezza Connelly non ha certo ballato di gioia al lavoro di Eastwood del 2002,quel "Debito di sangue" che,almeno in Italia,ha sensibilizzato una certa attenzione verso lo scrittore,ma l'attenta regia ha saputo dribblare il collasso di un buon romanzo nell'oblìo del cinema banale.

Connelly possiede una sfacciata tendenza a trasporre i tratti più complessi delle personalità dei suoi personaggi nelle dimensioni di una rara semplicità espositiva,creando un clima di totale corrispondenza fra pagine e lettore,non importa a quale profondità di analisi questo venga invitato a scendere.
Generalizzando una considerazione che è applicabile ad ogni trasposizione su schermo di lavori letterari,riesce antiintuitiva una felice riuscita di una traduzione visiva di romanzi,storie o opere di letteratura,che vengono regolarmente segregate all'esercizio dei sensi della vista e dell'udito nell'arco di poche manciate di minuti e cui,per di più,viene negato il senso dell'immedesimazione soggettiva. Quello che un libro regala in termini di emozioni,il cinema lo deve saper tradurre nel linguaggio visuale,altrettanto forte e fertile e pronto a raccontare il meglio se capace di sviluppare i fermenti che agitano l'anima della storia,ma inerme,se reso muto. Se sceneggiatura e regia perdono questo spirito,il film si abbandona a sè stesso.

Chi avesse letto "The Lincoln Lawyer" - "Avvocato di difesa",in Italia - pur non felice dell'assenza di Bosch,primo personaggio e chiave della bibliografia di Connelly,si è accorto dopo poche pagine,come lo scrittore possa farsi mezzo traduttore dei lati umani dei protagonisti,mettendoli a nudo in un'antitetica offerta di debolezza e morale.
Quindi il lettore,convinto a diventare amico di un nuovo personaggio,ha modo di conoscerne i conflitti e le contraddizioni che ne fanno una realtà cui avvicinarsi e trarne profitto emotivo.

Tratto da una sceneggiatura di John Romano,"The Lincoln Lawyer" è la seconda trasposizione sullo schermo dei lavori di Connelly - se si eccettuano due serie televisive delle quali solo una tradotta in Italia - con alla regia Brad Furman ("The Take") e si allinea in fretta nelle file dei legal movies dell'anonimato,oggi ormai relegati nel buio dei soggiorni domestici con il televisore acceso sui canali di "Law and Order" e relativi spin offs.
Mickey Haller (Matthew McConaughey) è l'avvocato della penombra urbana di Los Angeles,impegnato a difendere il sottobosco di una società ai margini,dalla quale trae il profitto essenziale per una sopravvivenza con ben poche ambizioni e discutibile senso della moralità.
Quando gli viene offerta la possibilità di difendere un giovane della ricca borghesia di Los Angeles,Louis Ross Roulet,(Ryan Philippe),Mickey accetta la sfida con l'accusa di violenza,stupro e lesioni personali nei confronti di Reggie Campo,una donna che il ragazzo aveva incontrato in un bar.
Nell'aula di tribunale,Mickey dovrà affrontare Margaret McPherson,(Marisa Tomei),sua ex moglie e "spietata" pubblico ministero di incredibile tenacia.

Nonostante le testimonianze conducano a provare la colpevolezza di Roulet,Mickey punta su nuovi indizi per portare l'accusato all'assoluzione,ma nel far questo,si troverà coinvolto in un mondo di malvagità,falsità e minacce dalle quali dovrà guardarsi per poterne uscire illeso lui,la sua famiglia e la sua professionalità.
In evidente stato di sofferenza rispetto al romanzo,il film vanta una fedeltà soltanto superficiale ed apparente all'originale,appiattita dal senso di compressione delle vicende asfitticamente ricalcate e risultanti in un lavoro con poca energia.
L'impianto narrativo è strettamente televisivo.
Le lunghe carrellate,i frequenti passaggi di inquadratura nello stesso piano sequenza,i flashback,i dialoghi artefatti e il montaggio rimandano agli standards dei TV Movies dei quali "The Lincoln Lawyer" non è che una configurazione da grande schermo.
Naturale la perdita d'intensità degli spunti essenziali del romanzo che nella narrazione cinematografica evaporano in un assemblaggio forzato di segmenti episodici compressi in una visualizzazione di effetto precario con il sacrificio delle tracce dello spirito originale che nel libro dà forma e vita ai protagonisti,con i loro retroscena e le proiezioni caratteriali.

Il film non sviluppa i punti nevralgici del romanzo,non ne ha il talento ed il tempo e soggiace ad una condizione di banale cronaca narrativa che trascura le sottili ma forti svolte psicologiche nelle quali si strutturano le pagine di Connelly,ricche di intuizioni,indagini e analisi.
Così,la memoria di Haller per l'insegnamento del padre sulla posizione etica di un legale,che nel libro connota una precisa condizione dell'uomo,(“La difesa di un cliente innocente è la situazione più pericolosa per un avvocato.
Se l’avvocato commette un errore e il cliente finisce in prigione,l’esperienza lo segna per tutta la vita”),nel film non è che una delle molte citazioni affettate e talmente artificiose da sembrare superflue.
Altrettanto inopportuna è la breve sequenza dove viene precisata la corretta pronuncia del nome di Roulet,inserimento che,al contrario nel libro,ha il mirato significato di intrigare il lettore ad una curiosità quasi morbosa per una figura equivoca anche nelle generalità.

Non resta molto di un legal thriller illusoriamente ispirato ad un noir di corpo ma fatto incapace di conservare una propria identità nel panorama del cinema senza spunti che si estingue al riaccendersi delle luci in sala senza lasciare alcuna traccia del proprio passaggio.

 
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