District 9
Titolo originale: District 9
Nuova Zelanda: 2009 Regia di: Neill Blomkamp Genere: Fantascienza Durata: 112'
Interpreti: Sharlto Copley, David James, Jason Cope, Vanessa Haywood,
Marian Hooman, Vittorio Leonardi, Mandla Gaduka, Johan van Schoor,
Stella Steenkamp, David James, Nathalie Boltt, Sylvaine Strike,
Elizabeth Mkandawie, John Summer, William Allen Young, Greg
Melvill-Smith, Nick Blake, Morena Busa Sesatsa, Themba Nkosi, Mzwandile
Nqoba, Barry Strydom, Jed Brophy, Louis Minnaar
Sito web: www.d-9.com
Nelle sale dal: 25/09/2009
Voto: 6
Trailer
Recensione di: Samuele Pasquino
L'aggettivo ideale: Emozionante
Negli anni ‘80 arriva sulla Terra una nave aliena, che si ferma nel cielo di Johannesburg.
Gli uomini si mobilitano e mandano esploratori all’interno, dove trovano più di un milione di creature denutrite e in cattive condizioni. Vicino alla città, che rifiuta l’integrazione con gli alieni, viene creato il Distretto 9, entro il quale vengono confinati gli esseri extraterrestri ed emarginati.
Dopo vent’anni, l’uomo ha deciso di sfrattarli dal loro spazio per rinchiuderli in un campo militarizzato. Vikus Van De Merwe (Sharlto Copley) viene incaricato di condurre le operazioni, ma il contatto con un fluido misterioso rischia di farlo diventare un alieno.
A sua volta emarginato e torturato per esperimenti bellici, Wikus riesce a scappare e si rifugia proprio al Distretto 9, dove comincerà a comprendere la logica dei suoi abitanti.
Il curioso film di Neill Blomkamp non è, almeno all’inizio, di facile ricezione, e rischia subito di essere considerato un prodotto più scadente che strano. Ebbene, ad una critica attenta, esso risulta tutt’altro e reca in sé un potere che va compreso in ogni suo aspetto. Blomkamp compie una sinossi registica che fonde soluzioni tecniche moderne e molto particolari, arrivando alla semplicità di sintesi in maniera disinvolta.
Il prologo del film è costituito chiaramente da un introduzione precisa, una spiegazione esauriente di come si sono svolti i fatti fino a quel momento, per poi aprire una finestra ampia sugli accadimenti immediati: c’è quindi la storia dell’arrivo dell’astronave, le dinamiche attraverso le quali il famigerato distretto è stato costruito, le origini del confino e le difficoltà della situazione presentata. Con le dovute premesse, Blomkast accende di fatto le cineprese effettuando un montaggio giornalistico che mette in campo personaggi sociali di rilievo quali psicologi, giornalisti e funzionari di stato, tutti intenti a dialogare frontalmente con la telecamera, modalità che mira al clichè mediatico dell’intervista.
Sembra in un primo momento di assistere ad un documentario parlato, in cui i monologhi si intrecciano con le immagini di reportage e le cronache esaltano la drammaticità della visita aliena.
L’opzione dapprima ambigua, però, funziona, e permette al film di decollare quasi subito.
Le inquadrature si susseguono sfuggendo a qualunque sorta di fissità; Blomkamp effettua numerosi movimenti di macchina che saggiano le potenzialità della storia, elevando la vicenda a fatto irreale ma concettualmente credibile e quindi estremamente verosimile. Al regista non interessa, però, curare il significante filmico, egli imprime una forza dirompente al significato concreto, non simbolico, non astratto, bensì tangibile. Il messaggio appare chiaro: si tratta di un racconto cinematografico il cui centro viene costituito da un atteggiamento sociale abietto e riprovevole, l’intolleranza.
Non è un caso, infatti, che Blomkamp scelga quella che per anni è stata la capitale dell’apartheid, Johannesburg.
Già dall’ambientazione si comprende l’importanza di una messa in scena, la fatiscenza del distretto 9, cumulo di baracche e lamiere in mezzo ai rifiuti, rinvigorisce il concetto percettibile di decadenza dei valori umani. L’emarginazione scaturisce dall’odio razziale, e sebbene esso venga più gravemente esteso a creature lontane a noi per modo di pensare e condotta, la natura di tale intolleranza rimane invariabilmente sconvolgente. Il regista, sempre per effetto di un montaggio frenetico ma efficace, vuole per tutta la durata del film colpire la sensibilità dello spettatore, inducendolo a riflettere su una potenziale situazione alla quale sicuramente ci potremmo trovare impreparati.
La veemente reazione dell’uomo al tentativo di integrazione degli alieni non va assolutamente giustificata ma soltanto denunciata aspramente. Il protagonista Wikus agisce inizialmente al pari di ogni altro, lasciandosi andare ad atti di cinismo e crudeltà inauditi, nascosti sotto un velo di candido approccio ad ogni modo discutibile.
Quel che compiono i militari coincide con un massacro, manifestazione di una violenza inconcepibile nata dalla natura intrinseca dell’uomo stesso. Wikus, però, finisce col condividere il drammatico status degli ospiti a causa di un incidente che provoca in lui mutazioni in grado di farlo diventare uno di loro in breve tempo. In lui aumenta la consapevolezza dell’orrore e della vergogna, grava inoltre il peso di un confino operato da colleghi, suocero e moglie, che lo accusano di unione ambigua con gli esseri extraterrestri. In una cornice strutturale che fonde filmico e profilmico, si intrecciano vicende commisurate al dolore presente in seno alla società nata proprio nel Distretto 9, in cui l’essere è inevitabilmente destinato alla tristezza e all’allontanamento.
E’ un film emozionante che riserva sequenze, assai numerose, di alto spettacolo, ponendo l’accento sull’avidità dell’uomo e sulla sua pulsione a distruggere e a ricercare nel fragore di un’arma il motivo di onnipotenza terrena, miserevolmente un’illusione. Il sentimento trova la sua giusta collocazione e prende piede con l’amicizia da interpretare fra Wikus e un alieno che ha studiato l’uomo e ha cercato di comunicare con esso.
Con il crescendo del ritmo si intensificano gli effetti speciali, molto buoni e promossi a pieni voti persino da Peter Jackson. Complessivamente si rimane un po’ esterrefatti di fronte al film di Blomkamp, perchè in esso va compiuta un’attenta distinzione fra contenente e contenuto, al termine della quale prevale nettamente il secondo.
Il messaggio sociale porta ad un finale poetico che convince critica e pubblico.
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