La cosa da un'altro mondo
The Thing from another world
USA: 1951. Regia di: Christian Nyby, Howard Hawks Genere: Fantascienza Durata: 88'
Interpreti: Kenneth Tobey, Robert Cornthwaite, Margaret Sheridan, Dewey Martin, Douglas Spencer, James Young, William Self, Eduard Franz, Sally Ceigthon, John Dierkes, James Arness
Recensione di: Maurizio Carità
Siamo nel 1951, agli albori del cinema fantastico, e in quegli anni la tecnologia non poteva in alcun modo aiutare i nuovi artisti che vedevano nelle immagini bidimensionali in movimento la nuova frontiera dell’arte visiva. Tanto meno in questo difficile genere che richiede ovviamente situazioni, oggetti, creature viventi in qualche modo estranee alla quotidianità. E così sono l’inventiva e la trama, le atmosfere e i personaggi che devono portare su di sé il peso dell’intero lungometraggio. La prima pietra miliare, Metropolis (1927), era stata posta e aveva introdotto e tradotto per la prima volta il futuro in immagini, sopperendo alla mancanza del suono e del parlato con una superba espressività degli attori. Dopo 24 anni ecco con Howard Hawks un nuovo capolavoro, sempre sulla scia della fantascienza, ma intriso di una sottile e agghiacciante atmosfera che solo il misterioso contatto dell’uomo con un’altra specie vivente può evocare.
Una spedizione scientifica in Antartide trova tra i ghiacci un oggetto non-identificato che dopo gli scavi si rivela essere un apparecchio volante danneggiato. Dal suo interno viene estratto un blocco di ghiaccio che sembra contenere qualcosa dall’aspetto vagamento umano e questo è portato all’interno della base. L’eccitazione per la scoperta tra gli scienziati è altissima (stavano eseguendo esperimenti sulla crescita e la riproduzione delle piante, ma se ne dimenticano ben presto), altrettanto quanto la preoccupazione dei militari che controllano la spedizione. Dal quartier generale l’ordine è di tenere sotto controllo l’oggetto e la “creatura” fino all’arrivo di una squadra, che però ritarda a causa della cattiva stagione. Le riflessioni, i pensieri, le storie e le psicologie dei protagonisti si intrecciano davanti ad un ignoto così affascinante e pieno di implicazioni profonde, ma si tramutano ben presto in terrore e tensione quando il blocco di ghiaccio incustodito inizia a sciogliersi…
La trama oggi è scontata, ma la sua costruzione è mirabile e le situazioni particolari e piene di inventiva, sia cinematografica sia scientifica, non mancano. La natura della “Cosa”, talmente diversa da noi sia nel metabolismo sia negli impenetrabili intenti, lascia interdetti i personaggi come gli spettatori, che ne hanno paura, ma non possono decidere se considerarla una vera minaccia oppure no. L’atteggiamento degli uomini cerca di essere il più razionale possibile, ma le due mentalità, quella da scienziato e quella da soldato, non sono conciliabili ed in questo caso è la prima che imbocca la strada più pericolosa e mette a repentaglio la sicurezza della base. La “Cosa” in realtà è appena visibile, è la sua presenza a mettere sotto pressione gli uomini, che arrivano a comprendere la difficoltà e il naturalissimo tentativo di sopravvivere della creatura, ma che non possono fare a meno di combatterla, di fronte alla totale incomunicabilità. L’ingegno dell’animale-uomo, coadiuvato dal grande potere dell’elettricità, alla fine prevarrà su tutto. Ma l’epilogo si porterà con sé l’amarezza di un’occasione perduta. Inevitabilmente perduta.
Un film da vedere e apprezzare per il suo ruolo storico, nonché per vivere le belle e genuine emozioni di cuore in gola di un modo ormai tramontato di fare cinema fantastico.
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