Melancholia
Titolo originale: Melancholia
Danimarca, Svezia, Francia, Germania: 2011. Regia di: Lars von Trier Refn Genere: Fantascienza Durata: 130'
Interpreti: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland,
Charlotte Rampling, Alexander Skarsgård, Stellan Skarsgård, Udo Kier,
John Hurt, Brady Corbet
Sito web ufficiale: www.melancholiathemovie.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 21/10/2011
Voto: 8,5
Trailer
Recensione di: Daria Castelfranchi
L'aggettivo ideale: Cosmico
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Diverso dalle precedenti opere di Lars Von Trier, Melancholia è tante cose: è un film sulla fine del mondo, sulla depressione, sulla solitudine, sul coraggio.
E’ una tragedia wagneriana, è romantico e gotico. E’angosciante e commovente.
E’ un’opera polivalente, che amalgama in maniera artistica elementi di vari generi cinematografici e narrativi.
L’ouverture del film consiste in una serie di immagini strabilianti, sovrastate dalla travolgente musica del Tristano e Isotta di Wagner: ritratti che sembrano scatti di Helmut Newton e fermi immagine di una bellezza straziante, lasciano il posto a un intenso rallenty che immortala la fine del mondo. Tutto quello che sta in mezzo è il racconto di come si arriva a questa drammatica conclusione.
Un racconto che poggia su una fotografia di eccezionale bellezza che cattura cavalcate nella nebbia, due pianeti che rischiarano la notte, Melancholia che incombe all’orizzonte.
Meraviglie della tecnica in un film poderoso che, per tanti aspetti, ricorda il capolavoro di Kubrick “2001: Odissea nello spazio”.
Il cast è stellare e annovera, in primis, una coppia di attrici di grande talento: Kirsten Dunst, che per questo film ha vinto la Palma d’Oro come Miglior Attrice all’ultima edizione del Festival di Cannes, e Charlotte Gainsbourgh, che interpreta il suo personaggio con grande intensità. Sono due sorelle, due donne diverse: una, Justine, è perennemente depressa e non riesce a dare un senso alla sua vita neanche con il matrimonio.
L’altra, Claire, ha un marito e un figlio, ama la vita e la affronta con decisione. Ma cosa succede quando un pianeta enorme di nome Melancholia, è in procinto di colpire la Terra? Justine affronta la fine del mondo con calma serafica, con la consapevolezza di chi si aspetta sempre il peggio. Per Claire è una sofferenza devastante sapere che la vita sta per finire. Ognuno reagisce a modo suo all’imminente tragedia. E a noi non resta che un’angoscia di fondo.
Nella prima parte, dedicata a Justine, il regista analizza la depressione di una donna che, nel giorno del suo matrimonio, si addormenta e fa un bagno caldo, mentre gli invitati attendono il taglio della torta. Gli intensi primi piani dell’attrice esplorano il suo stato d’animo, il suo non riuscire a sentirsi parte della realtà che la circonda.
L’intero segmento del film mostra una bellissima Kirsten Dunst avvolta in un vaporoso abito bianco, rapita dall’immensità del cosmo.
La seconda parte, intitolata Claire, narra l’attesa angosciosa della fine del mondo, dell’impatto di Melancholia con il pianeta Terra. Un impatto che il regista ha mostrato all’inizio e che lo spettatore spera fino all’ultimo che non avvenga.
Justine abbandona l’apatia per una saggia rassegnazione che le fa affrontare il tutto con maggiore lucidità rispetto alla sorella Claire, che tenta la fuga ma alla fine non può fare altro che accettare il tragico destino.
Se nella prima parte il regista si lascia andare ad un racconto intriso di romanticismo - vedi la splendida location (un maestoso castello in Svezia) o le lanterne che fluttuano luminose nella notte - nella seconda parte prende in giro il pubblico con un falso allarme e poi lo fa precipitare negli abissi della paura, con un’atmosfera gotica, da film horror. Il risultato è un’inquietudine di fondo che pervade il racconto dall’inizio alla fine.
L’impianto visivo del film è grandioso, una vera opera d’arte: la macchina a spalla si avverte di rado e i campi lunghi colgono contemporaneamente l’immensità dell’universo e la solitudine dell’uomo.
Lars Von Trier allontanato dal Festival di Cannes per parole inopportune sul nazismo. Lars Von Trier regista di pellicole che seguivano i dieci punti del Dogma ’95. Ed ora, di quelle regole non resta nulla: tutto è stato rinnegato in favore di un cinema forse meno d’autore ma, sinceramente, più gradevole.
Anche perché, diciamocelo, ci sono tanti mezzi meravigliosi e tecnicamente avanzati: perché non sfruttarli se questo può dar vita ad un grande film?
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