Melancholia
Titolo originale: Melancholia
Danimarca, Svezia, Francia, Germania: 2011. Regia di: Lars von Trier Refn Genere: Fantascienza Durata: 130'
Interpreti: Kirsten Dunst, Charlotte Gainsbourg, Kiefer Sutherland,
Charlotte Rampling, Alexander Skarsgård, Stellan Skarsgård, Udo Kier,
John Hurt, Brady Corbet
Sito web ufficiale: www.melancholiathemovie.com
Sito web italiano:
Nelle sale dal: 21/10/2011
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Francesca Caruso
L'aggettivo ideale: Personale
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Melancholia e il male di vivere di Lars Von Trier
“Melancholia” ha in sé la migliore immaginazione dell’artista e raffigura la melanconia che lo accompagna per periodi più o meno lunghi della sua vita.
Il regista, sceneggiatore, attore, direttore della fotografia e montatore danese soffre di depressione e solo quando è sul set impegnato nel realizzare un film riesce a tenere a bada i suoi demoni.
L’idea che sta alla base del film nasce dal suo interesse per i comportamenti dei depressi: “Il mio analista mi ha detto che nelle situazioni disperate i depressi tendono a restare più calmi delle persone normali, perché si aspettano sempre il peggio!” ha dichiarato.
Da questo input iniziale sono partite le sue ricerche sulle collisioni cosmiche e su quali tipi di personaggi utilizzare per dare forma alle sue idee apocalittiche.
Von Trier sceglie di mettere sotto l’occhio dei riflettori due sorelle, ma soprattutto due stati d’animo. Il film è diviso in due parti: una dedicata a Justine e l’altra a Claire. Justine è una giovane donna depressa, che si sforza di vivere una vita normale accettando di sposarsi, ma i suoi buoni propositi vanno in frantumi, sovrastata dal suo malessere. Claire è sposata, ha un figlio ed è felice, ma quando il pianeta Melancholia si avvicina alla Terra e il rischio della fine del mondo si concretizza, è lei che va in crisi e perde il controllo di sé. Justine al contrario ritrova la calma e la lucidità, pronta ad affrontare la situazione, perché riflette il suo aspettarsi sempre le cose peggiori e non avere nulla da perdere, diversamente dalla sorella. Sono delineati due diversi stati d’animo, che diventano interscambiabili e vicini.
Molto suggestiva, tanto da immergere lo spettatore in una diversa dimensione, è la musica dell’ouverture di “Tristano e Isotta” di Wagner, che apre il film, coniugata alle visioni di Justine e alle immagini di una collisione cosmica, splendidamente rappresentate. È una dichiarazione di intenti: Lars Von Trier ci mostra in apertura cosa accadrà, come la storia finirà. Ciò che lascia inchiodati alla poltrona è proprio il vedere come.
Il regista ha voluto che l’interesse si muovesse sui personaggi, più che sul racconto in sé: in che modo questi reagiscono alla fine imminente.
Justine è assente, con lo sguardo perso nel vuoto, per quasi tutta la festa del matrimonio, organizzatale dalla sorella e dal marito, che le chiedono se è felice, perché solo il suo si può dare un senso al dispendio di energie profuso per l’occasione.
Gli invitati sembrano delle comparse, delle marionette che Justine ha messo in moto optando quella scelta, quando decide di porre fine alla farsa le comparse si accomiatano (marito compreso).
Quello tratteggiato da Von Trier è un personaggio schietto, che non ha paura di mostrare i suoi stati d’animo, inizialmente cercati di ingabbiare da coloro che le stanno accanto suggerendole cosa debba provare.
Presentato in Concorso al Festival di Cannes Kirsten Dunst (Justine) ha vinto il premio come Miglior Attrice Protagonista. Dunst regala una performance splendida, permettendo allo spettatore di comprendere il suo malessere e, al tempo stesso, lasciando che si interroghi su cosa l’abbia portata fin lì.
Charlotte Gainsbourg (Claire) non smentisce le sue doti drammatiche, sottolineando efficacemente i diversi stati emotivi del suo personaggio.
Lars Von Trier riesce nuovamente a stupire il suo pubblico, diventato sempre più grande soprattutto da “Dancer in the Dark” (2000), il cui successo gli ha permesso di poter avere Nicole Kidman per il film successivo l’originalissimo “Dogville” (2003).
“Melancholia” è la sua opera più personale, ispirato a quel male di vivere che il regista condivide con Justine.
“Justine mi somiglia molto. Il personaggio è ispirato a me e alle mie esperienze di profezie apocalittiche e di depressione” ha dichiarato.
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