Titolo: Rodan, il mostro alato
Titolo originale: Rodan
Giappone: 1956. Regia di: Ishirô Honda Genere: Fantascienza Durata: 92'
Interpreti: Kenji Sahara, Akihiko Hirata, Akio Kobori, Yakuso Nakata, Minosuke Yamada, Yoshibumi Tajima, Kiyoharu Ohnaka
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Nelle sale dal: 1960
Voto: 7
Trailer
Recensione di: Chicco D'Aquino
L'aggettivo ideale: Sapiente
Ed eccoci al peccato originale della fantascienza catastrofica, 11 anni dopo le bombe di Hiroshima e Nagasaki. Strani episodi accadono in una miniera di carbone, diversi minatori vengono inspiegabilmente aggrediti e alcuni ci lasciano la pelle.
Nelle viscere della terra riaffiorano i fantasmi delle radiazioni americane,i contatori geyser impazziscono, registrando alti livelli di contaminazione.
Rodan appare, mostruosa (pensiamolo nel 1956!) creatura metà sauro e metà uccello, nella sua implacabile e visibile simbologia post-atomica e post-imperiale e subito si dà da fare distruggendo e devastando.
L’epilogo è scontato ma ciò che è qui rilevante ai fini della rappresentazione non è la trama in sé ma la valenza anticipatoria sui vari King Kong, Matango, Atom, tutti made in Honda e giù giù fino ai nostri tempi con Cloverfield o Skyline, terrificanti ed efficaci trasposizioni di un’invasione tanto brutale quanto imprevedibile, segno di un disagio collettivo che, smarriti connotati esistenziali di “spessore” è sempre più preda dell’instabilità, della paura, della precarietà. Nonostante il mostro alato sia un prodotto di esperimenti atomici e quindi interno al sistema non può non far riflettere la simbologia che domina l’intera narrazione:il vulcano(la natura imperiosa), la forza militare ( la tecnica,in parte distrutta, nel mondo reale dopo la guerra), l’operosità tipica del modus vivendi giapponese(la cultura).
Questi tre tratti costitutivi si intrecciano sapientemente, amalgamandosi in una miscela narrativa che ai tempi ha funzionato. Così Rodan anticipa e condensa l’ansia, sempre attuale, di risolvere manu militari spinose questioni internazionali in un’epoca, quella della guerra fredda e dell’ex-impero nipponico sconfitto, dove ancora viva e presente era il vissuto di una generazione, ferita nel suo dna patriottico e nonostante tutto fedele alla sacralità dell’imperatore.
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