Segnali dal futuro
Titolo originale: Knowing
USA: 2009 Regia di: Alex Proyas Genere: Fantascienza Durata: 92'
Interpreti: Nicolas Cage, Rose Byrne, Ben Mendelsohn, Chandler
Canterbury, Adrienne Pickering, Terry Camilleri, Tamara Donnellan, Lara
Robinson, Nadia Townsend, D.G. Maloney
Sito web: www.knowing-themovie.com
Nelle sale dal: 04/09/2009
Voto: 5,5
Trailer
Recensione di: Samuele Pasquino
L'aggettivo ideale: Debole
Nel 1959 la scuola elementare “William Dawes” promuove una curiosa iniziativa: sotterrare un’ipotetica capsula del tempo in cui sono contenuti i disegni dei bambini che si immaginano come sarà il futuro. Dopo cinquant'anni la capsula viene aperta e il contenuto distribuito agli scolari.
Caleb (Chandler Canterbury) entra in possesso di un foglio in cui è presente una serie di numeri apparentemente casuali.
John (Nicolas Cage), padre del ragazzino e geniale professore di astrofisica, scopre che le sequenze numeriche recano in sé un significato, riferendosi a disastri e catastrofi avvenuti nel tempo, ma anche a tragici eventi che devono ancora succedere.
Potendo considerare soltanto il suo incipit, “Segnali dal futuro” parrebbe sicuramente molto interessante da molti punti di vista. Tuttavia, analizzandolo in ogni sua parte con occhio critico e attento, il lavoro di Alex Proyas si rivela una proiezione fantascientifica modesta e piuttosto ingannevole, precaria e altalenante nel suo ritmo scenico. Il film si dimostra un’occasione per ripercorrere il passato cinematografico del genere, presentando nella sua non entusiasmante sceneggiatura una serie di riferimenti a movies quali “La guerra dei mondi”, “Deep Impact” e “Ultimatum alla Terra”, per citarne solo alcuni. Il regista ha dimostrato nel corso della sua carriera di saper dirigere con una certa autorità e stupire: “Il corvo” e l’asimoviano “Io Robot” sono un valido esempio. In questa sua creazione fantascientifica il cineasta sembra un po’ affaticato, trascina una sceneggiatura fiacca e tenta di arricchirla con l’applicazione di notevoli effetti speciali, ammirevoli ma non determinanti.
L’incipit, come detto prima, reca in sé un forte significato e una carica non sottovalutabile di inquietudine visiva: quando nell’inquadratura appare Lucinda, la bambina autrice del manoscritto, la tensione cresce ed ogni scena sembra come parlare allo spettatore di qualcosa di ignoto e misterioso.
Nell’introduzione alla vicenda è espresso tutto il codice linguistico e di rappresentazione inteso da Proyas, capace di sprigionare un’energia quasi soprannaturale, rimanendo in una posizione inizialmente ambigua e poco decifrabile, ovviamente di proposito. Il film parte bene, John e Caleb entrano in scena e raccolgono per così dire l’eredità di Lucinda, proiettandola nella dimensione odierna.
Proyas dedca una finestra costante e intima al rapporto fra padre e figlio, provato dalla perdita della madre, ma vincente perché consolidato da un sentimento radicato e imprescindibile.
Quando John studia la tavola dei numeri, si manifesta l’apoteosi dell’angoscia, attraverso la quale si ricordano catastrofi e tragedie che hanno drammaticamente segnato il mondo, e non poteva mancare l’attentato dell’11 settembre, che si rivelerà la chiave di volta per l’interpretazione delle sequenze numeriche.
Il racconto è assai sconvolgente nella sua interezza, ma l’impatto visivo lo è ancor di più, enfatizzato dagli effetti speciali in grado di alternarsi pesantemente sullo schermo e amplificare la tensione con un sonoro roboante: a tal proposito va notata la scena in cui l'aereo si schianta al suolo a pochi metri dalla strada, con John che assiste attonito all'incidente.
La vicenda prende purtroppo una piega prevedibile, con la comparsa delle ambigue figure scure che monopolizzeranno parte del film rappresentando un intervento alieno correlato all’ennesima fine del mondo.
La vicenda, perciò, sprofonda in una serie di banalità insediate in un plot piuttosto cedevole, ma si risolleva debolmente nell’epilogo, mettendo in campo una visione mistica e al contempo religiosa: la sequenza prevede una sorta di luogo ideale ultraterreno costruito come una creazione paradisiaca animata, un eden dove Adamo ed Eva tornano a riscrivere la storia del genere umano.
Nicolas Cage si è ormai da tempo dedicato all’ interpretazione di personaggi afflitti dal dubbio, perspicaci e molto spesso perfino geniali. L’attore, questa volta, appare poco disinvolto, sicuramente più tormentato e sentimentalmente coinvolto rispetto a ruoli precedenti, ma non perfettamente a suo agio.
Insieme a lui agisce la bella Rose Byrne, che molti avranno notato nel ruolo di Briseide in “Troy”, e il piccolo Chandler Canterbury nel ruolo di Caleb, espressivo e molto promettente.
Il trio, nel complesso, funziona, ma tutt’intorno l’apparato fantascientifico del film è appena soddisfacente, se si decide di soprassedere su alcune disattenzioni di messa in scena, tipiche del cinema americano, che lo spettatore avrà modo di rilevare. Il motivo scientifico unico si esaurisce nella vaga dicotomia fra casualità e determinismo, emersa nella scena in cui John dialoga con i suoi studenti durante una lezione di astrofisica.
Allo stato attuale, il genere catastrofico ha bisogno di nuove idee e “Segnali dal futuro” non va che ad aggiungersi ad una filmografia aderente alla spiccata logica dell’intrattenimento cinematografico ampiamente commerciale.
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